I doveri morali dei professionisti verso sé stessi e verso gli altri: Ben oltre la deontologia

11/01/2019

L’attenzione nei confronti dei grandi temi ambientali, dei cambiamenti climatici, delle diverse forme di rigenerazione urbana, è senza dubbio legata a diversi fattori di crescita culturale, ma sono sempre stato convinto che l’accresciuta sensibilità, quella vera e propria inversione di tendenza rispetto al sentire comune degli anni, neanche tanto lontani, in cui ogni vincolo appariva come un impedimento allo sviluppo, sia fortemente legata all’esercizio dei vincoli di tutela non solo nelle aree naturali, ma anche in quelle urbanizzate e persino sui singoli manufatti, un esercizio che si è progressivamente imposto come esito di un giudizio espresso dalla società nei confronti del proprio ambiente, del proprio patrimonio culturale, monumentale e artistico. Giungendo più tardi rispetto ad altre forme di tutela, la conservazione dell'ambiente ha costituito pian piano l'affermazione del valore istituzionalmente riconosciuto all'ambiente, al paesaggio, dunque al territorio, andando poi persino ben oltre al concetto stesso di conservazione, per abbracciare quello più estensivo della valorizzazione, che oltre all'originario approccio prettamente culturale, comprende oggi i temi connessi di fruizione, sviluppo, mobilità, mitigazione dei rischi, energie rinnovabili, ecc.

Il progresso, come si chiamava una volta, in termini economici e sociali è oggi strettamente connesso all'esigenza di uno “sviluppo ragionevole”, che sappia promuovere insieme i sistemi urbani e antropizzati e quelli naturali, stabilendone le connessioni, valorizzandone le risorse e mitigandone i rischi. Non ho utilizzato il termine "sostenibile", ma ho voluto riferirmi all’aggettivo "ragionevole", perché la pianificazione e la programmazione di qualsiasi forma di sviluppo deve basarsi prima di tutto sulla capacità di ragionare, che impone competenze, capacità ed etica.

E’ evidente che molte responsabilità competano agli organismi politici e amministrativi, ma convinto come sono che le classi professionali svolgano un ruolo cruciale nel progettare il futuro di una comunità, ritengo che siano tante le responsabilità che competono ai professionisti nel loro quotidiano esercizio di attività. Lo sviluppo di una società in termini economici, etici e culturali è sempre legato alle accresciute conoscenze scientifiche, tecniche e tecnologiche, ed essendo chiamati a porsi a servizio della società in una moltitudine di campi di applicazione, i professionisti, come soggetti attivi, devono continuare a interrogarsi sul proprio ruolo e sulle proprie responsabilità, nella consapevolezza che le proprie azioni incidono fortemente nello sviluppo dei propri territori, come sancisce persino la nostra Costituzione, che all'art. 4 dispone che "ogni cittadino ha il dovere di svolgere secondo le proprie possibilità e la propria scelta un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. E' per questo che i professionisti devono avere ben chiaro quale sia il vero bene e quali i mezzi atti a conseguirlo, quali siano i doveri morali verso sé stessi e verso gli altri, consapevoli che il loro comportamento si rivolge principalmente a valori comuni.

La straordinaria enciclica sull'ambiente di Papa Francesco, che ha posto la questione ambientale e i cambiamenti climatici al centro delle proprie preoccupazioni morali e politiche, ha costituito un importante messaggio lanciato alle popolazioni dell'intero mondo, ma ha anche proposto una riflessione speculativa intorno al comportamento pratico dell'uomo. E’ il caso che vi rifletta chi svolge attività professionale, chi si occupa di reperimento, sfruttamento e corretta gestione delle risorse naturali, di acqua e di altre materie prime, delle fonti di energia, della conoscenza delle pericolosità e dei rischi e di tutte le conseguenti azioni necessarie e indispensabili affinché il generale benessere sociale sia ascritto a diritto fondamentale di tutti i cittadini.

A cosa deve riferirsi un professionista impegnato a svolgere questi ruoli così strategici per lo sviluppo ragionevole? A precise norme comportamentali, quali ad esempio quelle dettate dai codici deontologici?  O bisogna cercare altrove?

Credo che la questione travalichi i codici deontologici e debba piuttosto essere attribuita alla sfera dell'appartenenza alla dimensione sociale e ancor di più a quella della propria individualità.

E' evidente infatti che, per quanto sia fondamentale riferirsi all'ambito sociale, questo da solo non basta se prima non si è chiarito davanti a se stessi il valore etico della propria attività e non si è capaci di attingere alle proprie virtù individuali. Il soggetto che svolge attività professionale deve stabilire un criterio di scelta di comportamenti appropriati, individuando prima di tutto i valori su cui basare quei comportamenti e interrogandosi sul tema delle responsabilità che ne conseguono per se e per gli altri. Ogni professionista ha la responsabilità nei confronti di se stesso di operare al meglio delle sue possibilità, nella coscienza dell'impegno preso, e solo a quel punto potrà assumersi la responsabilità di mettere la sua competenza al servizio di altri. Se così non fosse, se le sue scelte operative non fossero guidate dall'onestà intellettuale, verrebbero a mancare i presupposti per poter considerare il suo operato un servizio per la collettività. Questo dovere conferisce al professionista quel riconoscimento di autorevolezza, di prestigio e di credibilità che spesso viene a mancare, con la conseguenza di una sottovalutazione del suo ruolo e persino di atteggiamenti di diffidenza da parte di chi, in definitiva, gli chiede garanzie di competenza tecnica, di correttezza e di rispetto per la verità. Si tratta di un obbligo morale che sopravanza i codici deontologici e qualsiasi formalità ad essi collegata, e costituisce un impegno che va assunto davanti a se stessi.

A cura del geologo Gian Vito Graziano



© Riproduzione riservata