Permesso di costruire in sanatoria: 'irricevibile' la riproposizione della stessa istanza

23/05/2019

La riproposizione della stessa istanza per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria già rigettata è "irricevibile" da parte del Comune.

Lo ha confermato la Sezione Sesta del Consiglio di Stato con la sentenza n. 3269 del 21 maggio 2019 con la quale ha rigettato il ricorso presentato per l'annullamento previa sospensione di una sentenza di primo grado che ha dichiarato inammissibile il precedente ricorso presentato per l'annullamento dell'atto con il quale il Dirigente dell’Area territorio ha comunicato l’"irricevibilità" e la conseguente archiviazione della domanda di permesso di costruire in sanatoria presentata dal ricorrente, relativa ad opere consistenti per la parte in sanatoria in due edifici ad uso stalla ed accessori della superficie il primo di circa 330 mq e il secondo di circa 200 mq, e per il resto in due depositi per attrezzi.

In particolare, i fatti riguardano il diniego di un primo permesso di costruire in sanatoria, presentato nel 2009, a cui era seguita una nuova istanza nel 2011 relativa al medesimo compendio immobiliare, per cui ha ricevuto il numero di pratica edilizia. A tale nuova istanza, il Comune ha risposto con l’atto impugnato nel quale ha comunicato che la pratica edilizia non è ricevibile in quanto il progetto è la riproposizione di quanto già richiesto con la pratica edilizia del 2009 che aveva già ottenuto il diniego.

In primo grado i giudici del TAR hanno dichiarato inammissibile il ricorso proposto, ritenendo che la nuova istanza fosse effettivamente una semplice reiterazione di quella del 2009.

Confermando la tesi del TAR, i giudici di Palazzo Spada hanno preliminarmente qualificato l’atto del Comune, con particolare riguardo alla dichiarazione in esso contenuta, per cui la domanda del ricorrente appellante sarebbe stata irricevibile. Il ricorrente appellante, infatti, ha affermato che non esisterebbe alcuna norma che consente tale dichiarazione, ovvero che consente di dichiarare irricevibile l’istanza del privato.

Il Consiglio di Stato ha chiarito che l’espressione utilizzata dal Comune va intesa in senso non tecnico, dato che l’irricevibilità in senso proprio è come noto un concetto del diritto processuale. Come rilevato, il privato ricorrente appellante aveva inoltrato una prima istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 DPR n. 380/2001, istanza che il Comune aveva respinto con un provvedimento non impugnato. A fronte di ciò, lo stesso privato ha presentato una nuova istanza: il senso di quanto affermato a fronte di ciò dal Comune nell’atto impugnato è che tale istanza non conteneva nulla di nuovo rispetto alla precedente, dato che riguardava la stessa costruzione, e di conseguenza, in termini semplici, non era necessario esaminarla.

Nel far ciò, l’amministrazione ha applicato il principio pacifico, ribadito da costante giurisprudenza, per cui non vi è obbligo di provvedere sull’istanza del privato che sia meramente reiterativa di una precedente, sulla quale si sia già provveduto. Semplicemente, all’evidenza per maggior chiarezza nei rapporti con il privato, ha ritenuto di rendere esplicito quanto tale principio prevede, e anziché mantenere un contegno inerte, dichiarare in modo esplicito che non avrebbe provveduto. Il significato del termine “irricevibilità” in tale contesto è del tutto chiaro, ed è confermato dal successivo testo dell’atto, che parla di “archiviazione” dell’istanza, per indicare appunto che su di essa non si sarebbe provveduto.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it



© Riproduzione riservata