28/05/2019
Cosa accade al contratto di appalto nel caso in cui l'immobile è stato realizzato in difformità rispetto alla concessione edilizia?
A rispondere a questa domanda ci ha pensato la suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 11469/2019 con la quale ha rigettato il ricorso presentato contro la decisione di una corte di appello che aveva confermato la decisione del Tribunale di primo grado che aveva rigettato l'opposizione proposta dall'appellante in cassazione per l'annullamento di un decreto ingiuntivo che intimava di pagare il saldo dei lavori edili effettuati su un immobile di sua proprietà.
La contestazione era basata sull'assunto che l'appaltatore avrebbe potuto pretendere il pagamento delle opere sia perché non vi era prova che la committente avesse autorizzato le variazioni, sia in quanto l'opera risultava difforme dalla licenza edilizia. A tale riguardo, la ricorrente ha richiamato le caratteristiche dell'area sulla quale ricade l'immobile - zona sismica, sottoposta a vincoli ambientale e idrogeologico - e quindi evidenzia che le "opere eccedenti" il titolo abilitativo, consistevano in variazioni essenziali, che inficiavano la regolarità urbanistica dell'immobile.
La Corte d'appello ha confermato la decisione rilevando:
Gli ermellini, confermando la decisione di appello, ha confermato la tesi della Corte territoriale che ha escluso la nullità del contratto facendo applicazione del principio consolidato secondo cui, in tema di contratti di appalto aventi ad oggetto la costruzione di immobili eseguiti in difformità rispetto alla concessione edilizia, occorre distinguere due casi specifici:
Nel primo caso l'opera è da equiparare a quella costruita in assenza di concessione, con la conseguenza che il relativo contratto di appalto è nullo per illiceità dell'oggetto e violazione delle norme imperative in materia urbanistica. Detta nullità, invece, non sussiste nel secondo caso, che si verifica quando la modifica concerne parti non essenziali del progetto.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it