Sblocca Cantieri e Codice dei contratti, ANCE: 'Il decreto non interviene alla radice sulle grandi criticità'

11/06/2019

Si è svolta il 10 giugno 2019 l'audizione dell'Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) presso la Commissione Ambiente della Camera nell’ambito dell’esame, in seconda lettura, in sede referente, del disegno di legge di conversione del Decreto-Legge 18 aprile 2019, n. 32 (c.d. Decreto Sblocca Cantieri) recante “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici”.

Come l'OICE (leggi articolo), anche l'associazione dei costruttori italiani, guidata dal Vice Presidente con delega alle Opere Pubbliche Dott. Edoardo Bianchi, ha riconosciuto il pregio di essere finalmente arrivati ad un testo finale che introduce importanti correttivi “urgenti” alla normativa in materia di opere pubbliche, ma ha anche evidenziato alcune criticità che non risolverebbero il problema del "blocco" degli appalti in Italia e che rischierebbero di vanificare il lavoro svolto e gli obiettivi di crescita che il Governo si propone di realizzare.

Secondo l'ANCE, infatti, il decreto non interviene alla radice sulle grandi criticità che impediscono il rapido utilizzo delle risorse stanziate. "Mancano interventi sui processi autorizzativi dei progetti, sulle autorizzazioni ministeriali, mancano tempi perentori per ogni fase decisionale e per il trasferimento delle risorse, al fine di ridurre drasticamente i tempi morti, che raddoppiano i tempi di realizzazione delle opere pubbliche in Italia. I gravi ritardi accumulati dalla P.A. nella manutenzione delle opere presenti sul territorio sono invece diventati l’alibi per replicare sempre e ovunque un modello capace di bypassare qualsiasi regola, sacrificando i principi di correttezza, trasparenza e legalità".

I costruttori italiani hanno avanzato la proposta di utilizzare il modello impiegato per la tratta ferroviaria Napoli-Bari per velocizzare la fase a monte della gara, senza moltiplicare i super-commissari “modello Genova” che possono derogare a tutte le procedure di appalto previste dal Codice.

"Sarebbe opportuno - rileva l'ANCE - anche introdurre misure più stringenti per porre fine alla c.d. “burocrazia difensiva”, anzitutto con la rivisitazione del reato di abuso di ufficio, affinché smetta di essere più conveniente il “non fare” rispetto al “fare”. Sarebbe, inoltre, necessario ridisegnare la responsabilità erariale dei pubblici funzionari, ad esempio attraverso la tipizzazione delle presunzioni di assenza di colpa grave (ed escludendola in ogni caso, in presenza di sentenze riformate tra vari gradi di giudizio, e comunque ogni volta che il pubblico funzionario dia specificamente conto, nella sua decisione, di aver agito in adempimento di circolari, linee guida, bandi tipo MIT/ANAC o sentenze); ciò fatto salvo che la Corte dei Conti dimostri la mala fede o il dolo".

Entrando nel dettaglio del testo approvato dal Senato, il Vice Presidente Bianchi ha sottolineato sia gli aspetti positivi che quelli critici.

Gli aspetti positivi

Regolamento Generale

Con riferimento agli aspetti positivi ha, in particolare, espresso soddisfazione per la norma che prevede il ritorno ad un Regolamento Generale. "Il superamento del sistema della “soft law Anac” - afferma Bianchi - è un presupposto imprescindibile per restituire alla disciplina attuativa del Codice certezza e cogenza normativa e, in questo senso, costituisce un’istanza invocata fortemente da tutti gli operatori del settore".

Estensione a 15 anni per la SOA

Positiva è l’estensione agli ultimi quindici anni del periodo di riferimento per la comprova dei requisiti funzionali al conseguimento della qualificazione SOA. "Si tratta - continua il Vice Presidente ANCE - di una richiesta fortemente sostenuta da ANCE, al fine di supportare le imprese che, duramente colpite da una crisi ultra decennale, rischierebbero di perdere l’attestazione SOA, a causa dei pochi affidamenti acquisiti negli ultimi tempi, con definitiva estromissione dal mercato dei lavori pubblici".

Abbandonato il massimo ribasso

In tema di criteri di aggiudicazione, ha espresso forte apprezzamento per la scelta di abbandonare definitivamente il criterio del massimo ribasso. "Questo criterio - rileva Bianchi - utilizzabile fino alla soglia comunitaria, dovrà essere obbligatoriamente applicato insieme all’esclusione automatica delle offerte anomale (naturalmente, laddove non ci sia interesse transfrontaliero e il numero minimo di offerte ammesse non sia inferiore a 10). L’ANCE, infatti, ha sempre rappresentato la pericolosità di tale criterio di aggiudicazione che, nel corso degli anni, ha dimostrato di essere foriero di distorsioni competitive e causa di prestazioni di scarsa qualità".

Limite del 30% al peso dell'offerta economica nell'OEPV

Positiva anche la modifica, al decreto legge, tesa a ripristinare, in caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il limite del 30 per cento al punteggio massimo attribuibile alla componente economica dell’offerta. "Si tratta - afferma Bianchi - di una limitazione che risponde all’esigenza di evitare che, attraverso una eccessiva valorizzazione dell’aspetto economico dell’offerta, l’OEPV possa trasformarsi, di fatto, in un massimo ribasso “mascherato”".

Procedure negoziate fino a 1 milione di euro

Secondo i costruttori è "Apprezzabile anche il recupero di un’equilibrata disciplina delle procedure negoziate sotto soglia comunitaria che, nel testo originario del provvedimento erano possibili solo fino all’importo di 200 mila euro, mentre ora è stato scelto di ripristinare la possibilità di utilizzare tali procedure fino alla soglia del milione di euro, prevedendo un livello di concorrenza differenziato a seconda della fascia di importo in cui il contratto si inserisce".

Gli aspetti negativi

Cause di esclusione dalle gare

In tema di cause di esclusione dalle gare, ANCE ha evidenziato la riformulazione della durata dell’esclusione per le fattispecie previste al comma 5, dell’articolo 80, tra le quali rientrano anche l’illecito professionale e le significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto. "È stato previsto che in tali casi il periodo di esclusione dalle gare sia pari a 3 anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza".

Bianchi ha, anche, illustrato le fortissime perplessità che tali previsioni comportano, evidenziando in particolare che le fattispecie escludenti hanno carattere facoltativo e non obbligatorio, con la facoltà rimessa alla singola stazione appaltante, cui compete la valutazione dei fatti, di decidere di escludere o meno il concorrente. La disposizione, inoltre, prevede, da un lato, che la decorrenza dei tre anni, in caso di contestazione in giudizio, debba scattare dall’accertamento definitivo dei fatti contestati; tuttavia, dall’altro lato, prevede che, in attesa di definizione del giudizio, l’amministrazione debba comunque considerare il fatto, per la propria determinazione in ordine all’esclusione. "Tale previsione - rileva Bianchi - appare alquanto ambigua e contraddittoria poiché la possibilità di considerare rilevanti anche fatti non definitamente accertati può condurre all’esclusione di soggetti non colpevoli che, a distanza di tempo, ottengano il riconoscimento giudiziale dell’infondatezza dei fatti contestati. In tal modo vengono compromessi i fondamentali principi dell’ordinamento costituzionale, come la presunzione di innocenza e l’inviolabilità del diritto alla difesa in giudizio, e risulta pericolosa anche per le amministrazioni, che potrebbero essere chiamate a rispondere per eventuali decisioni basate su presupposti erronei".

Subappalto

Tema molto delicato e che dall'approvazione del D.Lgs. n. 50/2016 ha ricevuto molte critiche da parte dell'ANCE è quello del subappalto che nella versione del ddl di conversione del D.L. n. 32/2019 approvata dal Senato è passata da una quota del 30% ad una del 40% (prima era stato previsto il 50%) dell’importo complessivo la quota massima subappaltabile. "Le modifiche introdotte - continua l'ANCE - non appaiono pienamente rispettose dei rilievi sollevati dalla Commissione Europea che ha contestato la contrarietà al diritto europeo, non solo dell’obbligo di indicazione della terna e del divieto di subappaltare a soggetti concorrenti alla medesima procedura (abrogati dal Decreto), ma soprattutto i limiti quantitativi previsti dalla normativa interna, considerati contrari agli obiettivi di tutela della concorrenza. Il DL non liberalizza il subappalto, inoltre l’inciso secondo il quale esso deve essere indicato dalle stazioni appaltanti nel bando, sembra introdurre un profilo di facoltatività, che non appare in alcun modo condivisibile. Il subappalto, infatti, deve costituire un diritto per l’appaltatore e non una mera possibilità.

Secondo i costruttori "un giusto compromesso potrebbe essere rappresentato dal ritorno ad una formulazione analoga a quella contenuta nel Codice De Lise, che prevedeva un limite del 30% della categoria prevalente e la piena subappaltabilità delle categorie scorporabili (liberalizzando il subappalto anche delle c.d. SIOS, su cui vedi oltre)".

In allegato il documento con il dettaglio della posizione ANCE sul provvedimento consegnato agli atti della Commissione.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it



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