29/01/2020
Normativa italiana non conforme alla direttiva 2011/7/UE sui ritardi di pagamento perché non assicurerebbe il saldo delle fatture entro i termini previsti per le pubbliche amministrazioni.
Problema atavico, conosciuto da tutti, per il quale la Corte di Giustizia dell'Unione Europea si era più volte espressa e sul quale è ritornata con la sentenza 28 gennaio 2020, C-122/18 con la quale ha confermato che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi previsti sul tema "pagamento nelle transazioni commerciali", rilevando che le pubbliche amministrazioni italiane non rispettino effettivamente i termini di pagamento stabiliti all'articolo 4, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
La sentenza è arrivata a seguito del ricorso presentato dalla Commissione europea che ha chiesto alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso e omettendo tuttora di assicurare che le sue pubbliche amministrazioni evitino di oltrepassare i termini di 30 o 60 giorni di calendario per il pagamento dei loro debiti commerciali, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GU 2011, L 48, pag. 1), e, in particolare, a quelli di cui all'articolo 4 di tale direttiva.
La sentenza della Corte UE ha risposto al ricorso ripercorrendo la normativa europea e italiana. In riferimento alla normativa europea, viene analizzata la Direttiva 2011/7 il cui scopo è quello di contrastare i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno, favorendo in tal modo la competitività delle imprese e in particolare delle piccole e medie imprese (PMI). Direttiva che si applica ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale.
L'articolo 3, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2011/7 prevede che gli Stati membri UE assicurino che nelle transazioni commerciali tra imprese il creditore abbia diritto agli interessi di mora senza che sia necessario un sollecito, qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni:
Qualora siano soddisfatte tali condizioni, gli Stati membri assicurano che:
Viene, inoltre, previsto che nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione, gli Stati membri assicurino che:
Termini che possono essere prorogati fino ad un massimo di sessanta giorni di calendario per:
La direttiva 2011/7 è stata recepita nell'ordinamento giuridico italiano dal decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192 recante "Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, a norma dell'articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180" (Gazzetta Ufficiale 15/11/2012, n. 267). Altri provvedimenti adottati dalla Repubblica italiana per garantire la puntualità dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni:
Ta le argomentazioni presentate, la Repubblica italiana ha affermato che essa non può essere ritenuta responsabile del superamento dei termini di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni. A suo avviso, qualora un organo di uno Stato membro agisca su un piano di parità con un operatore privato, tale organo risponde unicamente dinanzi ai giudici nazionali di un'eventuale violazione del diritto dell'Unione, allo stesso titolo di un operatore privato. In tali circostanze, al fine di garantire il rispetto del diritto dell'Unione, gli Stati membri potrebbero intervenire solamente in modo indiretto, recependo correttamente le disposizioni che tali pubbliche amministrazioni devono rispettare e fissando sanzioni in caso di mancato rispetto di tali disposizioni. Orbene, prevedendo periodi di pagamento non superiori a quelli previsti dalla direttiva 2011/7 nonché il versamento di interessi di mora e il risarcimento per i costi di recupero sostenuti, la Repubblica italiana avrebbe rispettato gli obblighi imposti da detta direttiva.
La Corte UE ha rilevato che l'argomento della Repubblica italiana secondo cui le pubbliche amministrazioni non possono far sorgere la responsabilità dello Stato membro cui appartengono quando agiscono nell'ambito di una transazione commerciale, al di fuori delle loro prerogative dei pubblici poteri, finirebbe, se accolto, con il privare di effetto utile la direttiva 2011/7, in particolare il suo articolo 4, paragrafi 3 e 4, che fa gravare proprio sugli Stati membri l'obbligo di assicurare l'effettivo rispetto dei termini di pagamento da esso previsti nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione.
Ciò premesso:
La Corte UE ha dichiarato che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell'Unione.
Sull'argomento è intervenuto l'OICE che ha richiesto che “Il governo assicuri un cambio di passo per garantire pagamenti certi e rapidi”.
“Ancorché la Corte europea abbia riconosciuto i miglioramenti fatti dall'Italia in questo campo - ha affermato il Presidente dell'OICE, Gabriele Scicolone - rimane il fatto che le nostre società soffrono ancora moltissimo questi ritardi che, aggiunti a tanti altri inutili balzelli e oneri imposti a chi opera nel settore pubblico, rendono veramente difficile operare sul mercato mantenendo livelli occupazionali e alta competitività sui mercati interni ed internazionali”.
"Nell'ambito della committenza pubblica per metà delle imprese associate - afferma Scicolone - il ritardo sfiora i 9 mesi e per circa il 10% oltre i 9 mesi. Nel campo della committenza privata il 44,7% degli associati registra ritardi che si attestano entro i 9 mesi, il 10,6% oltre 9 mesi. Se a questo aggiungiamo lo split payment e le esposizioni in termini di garanzie che sono richieste ogni giorno, diventa difficile operare in un rapporto equilibrato e corretto. Chiediamo al Governo di proseguire nella sua azione con maggiore determinazione e forza su questo tema e di fare in modo che anche nel nuovo regolamento del codice appalti vi siano norme chiare che diano tempi certi sui pagamenti".
A cura di Redazione LavoriPubblici.it