Post Covid-19, Finco: 'No ad una sospensione del Codice degli appalti nel periodo di emergenza'

06/04/2020

Sosterrò una tesi in questo momento controcorrente perché ritengo che tale “corrente” sia dannosa per il Paese. È passato lo Sblocca Cantieri n. 1: ora è in gestazione lo Sblocca Cantieri n. 2 e da ultimo si sente parlare della sospensione fino ad un anno del Codice degli appalti, ma i LLPP sono sempre al palo, nonostante l’urgenza di movimentare i circa 150 mld che, negli anni, sono stati destinati a tale finalità.

Governi di sinistra, poi di destra, poi ancora di sinistra ci hanno provato senza successo: perché?

A nostro giudizio si è ritenuto che, deregolando il Codice degli appalti, si sarebbe risolto il problema degli appalti lumaca o del tutto fermi. Pensare che, modificando tale legge, si risolvano problemi complessi e inveterati quali il blocco dei cantieri, è una semplificazione che non può conseguire il risultato sperato.

Se il Codice degli appalti pubblici viene soverchiamente deregolato, ci penseranno le stazioni appaltanti a ristabilire l’equilibrio richiedendo nel bando quelle garanzie e vincoli che il Codice degli appalti pubblici aveva tolto, ma in modo difforme e meno oggettivamente trasparente in quanto meno universalmente conoscibile.

La deregulation del Codice dei contratti

Quindi non solo la deregulation del Codice degli appalti, di per sé, non sblocca i lavori, ma rischia di essere assorbita dal risveglio negoziale delle stazioni appaltanti, ammortizzandone gli effetti con la differenza che il sistema sarà meno trasparente di fatto, perché meno conoscibile universalmente.

Ma c’è di più, perché il problema non è solo formale di rapporto fra gli ordinamenti, ma anche sostanziale, di rapporti concreti fra le parti, prevalentemente di natura economica.

I 150 mld sono iscritti nel bilancio di esercizio, nel senso che si possono spendere, ma se non c’è cassa, con quali soldi?

Occorre procurarsi l’equivalente attivando aste di BOT e CCT a raffica, una dietro l’altra, rischiando, da un lato, di lasciare all’asciutto altre spese e, dall’altro di vedere andare deserte le relative aste troppo ravvicinate e consistenti.

Per questo motivo i 150 mld di LLPP sono fermi da anni, prevalentemente per assenza di cassa.

Poi, passando gli anni, vengono peraltro talvolta meno anche i soggetti politici ( e si , c’e anche questo aspetto da considerare) che tali lavori avevano caldeggiato, così il meccanismo del finanziamento si arena del tutto, quando il decorso del tempo non è talmente ampio che l’opera, nel frattempo, è diventata i qualche caso obsoleta.

Ma il cammino impervio dei nostri LLPP non si arresta qui: quand’anche qualche opera riesca a passare la stessa, si trova a superare altre barriere economiche: la stazione appaltante non paga regolarmente gli stati di avanzamento dei lavori, la ditta appaltatrice si ferma per assenza di liquidità ecc.

A volte la mancanza di liquidità nasce direttamente in casa dell’appaltatore, che fallisce in corso d’opera ed è costretto a fermarsi per assenza di risorse.

Né a questa regola sfugge il subappaltatore, a sua volta non pagato dall’appaltatore, oppure perché non riesce più a far fronte economicamente ai propri impegni.

Tale diffusa carenza di liquidità non dipende solo dallo Stato pessimo pagatore ( ancorché ciò costituisca un problema circa il quale Finco ha nuovamente sensibilizzato il Decisore da ultimo la scorsa settimana con nota al Ministro De Micheli), ma anche da imprenditori che, per aggiudicarsi l’appalto, propongono ribassi non compatibili con la buona esecuzione dell’opera, mutatis mutandi ciò avviene anche nei lavori disposti dagli enti locali, mentre in parte si sottraggono a questo triste destino i LLPP disposti dalle grandi aziende pubbliche (Ferrovie, Anas ecc.)

No quindi ad una sospensione del Codice degli appalti nel periodo di emergenza a causa del corona-virus e fino ad 1 anno di moratoria se non vogliamo che il sistema dei LLPP esca fuori controllo. Si invece ad una seria e rapida riduzione e qualificazione delle stazioni appaltanti.

A cura di Angelo Artale
Direttore generale Finco



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