19/05/2020
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del DPCM 17 maggio 2020, siamo ufficialmente entrati nella Fase 2 post Emergenza COVID-19 e tra le domande che sono cominciate a riaffiorare dopo questa fase di lockdown che ci ha fatto dimenticare i temi di cui si discuteva prima di marzo, vi è senz'altro quello relativo al Regolamento unico del Codice dei contratti.
Regolamento che avrebbe dovuto essere pubblicato a dicembre 2019 ma che, considerati tutti i passaggi istituzionali, probabilmente vedrà la luce non prima di fine 2020. Considerata però la fase emergenziale che ha stravolto completamente il Paese negli ultimi mesi e che avrà strascichi, bene che vada, fino al 2021, il rischio serio è che il nuovo Regolamento unico del Codice dei contratti nasca già vecchio e con contenuti che non riusciranno a dare quell'impulso necessario alla ripresa del Paese.
Su questo tema abbiamo intervistato il Vice Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti PPC, Rino La Mendola, nella qualità di Coordinatore del Dipartimento Lavori Pubblici e di Responsabile dell’Osservatorio Bandi dello stesso Consiglio Nazionale, al quale abbiamo posto alcune domande soprattutto in riferimento alle indiscrezioni degli ultimi giorni che vorrebbero il Governo intervenire complessivamente su una nuova riforma delle regole sui contratti pubblici e alla contestuale notizia secondo cui sembrerebbe che il nuovo Regolamento unico del Codice dei contratti sia in dirittura d'arrivo.
Di seguito le nostre domande e le risposte del Vice Presidente La Mendola.
Quali sono le vostre posizioni in merito ad un paventato superamento integrale del testo attuale del codice dei contratti?
Premetto che, nel corso della mia lunga esperienza nel sistema ordinistico, ho potuto rilevare che, il più delle volte, quando la politica paventa la semplificazione di una legge, vengono fuori leggi ancora più complicate delle precedenti.
È chiaro comunque che condividiamo la necessità di una revisione integrale del codice dei contratti, purché si faccia in modo di non buttare via il bambino con l’acqua sporca. Non dobbiamo infatti dimenticare che, grazie ad una serie di nostri emendamenti, recepiti in parte dal governo ed in parte dalle commissioni parlamentari, il testo attuale del codice stabilisce regole importanti, a cui non intendiamo rinunciare. A nostro avviso bisogna ripartire proprio da questi elementi per puntare ad un testo unico sui contratti, che non rimandi ad alcuna norma di rango secondario. Attualmente, abbiamo un codice di 220 articoli, che punta su ben 65 decreti attuativi: una vera e propria palude legislativa, in cui gli operatori del settore rimangono sempre più impantanati. Oggi bisogna puntare ad un testo unico dei contratti chiaro e semplice, che non rinvii ad alcuna norma di rango secondario. Basta con i decreti attuativi; basta con le linee guida; basta con le circolari, che finiscono per alimentare una torre di Babele.
Quali sono i principi che, a vostro avviso, dovrebbero alimentare la riforma?
Anche se ne abbiamo parlato recentemente, proverei a stilare un breve elenco delle priorità:
Prima accennava alla necessità di non buttare il bambino con l’acqua sporca. Quali sono le conquiste del CNAPPC e della RPT a cui non rinuncerebbe in una revisione radicale del codice?
Provo ad elencare sinteticamente i più importanti:
Questi sono solo i più importanti di una serie di dispositivi introdotti nel testo attuale del codice per rilanciare la centralità del progetto e per aprire il mercato dei lavori pubblici ai liberi professionisti di talento a prescindere dal possesso di requisiti di tipo quantitativo, che non costituiscono alcuna garanzia di qualità. A nostro avviso, per quanto riguarda l’ambito dei servizi di architettura e ingegneria, la riforma dovrebbe ripartire da queste note positive.
Ma il regolamento, che abbiamo avuto modo leggere in bozza informale e che sembra in dirittura di arrivo, non collide con tutto il resto?
Il Regolamento nasce in un momento temporalmente vicino, ma, al tempo stesso, lontano dalle nuove visioni di grande semplificazione, determinate dalla pandemia da COVID-19. E’ infatti passato solo qualche mese da quando la filiera delle costruzioni, forte di una sinergia tra le varie componenti mai registrata prima, ha depositato al MIT un documento dettagliato, con una serie di emendamenti condivisi all’unanimità del tavolo. Un fatto senza precedenti, durante il quale abbiamo reciprocamente potuto apprezzare la notevole capacità di stare al tavolo dei rappresentanti nazionali delle 13 le sigle del mondo delle costruzioni (di cui una, la RPT, rappresenta i nove consigli nazionali dell’area tecnica). Oggi però, per effetto della pandemia da COVID-19, sembra che sia passato tantissimo tempo e quindi il regolamento potrebbe essere già vecchio prima della sua pubblicazione. Infatti, oggi è davvero difficile pensare ad un codice di 220 articoli, supportato da un regolamento con più di 310 articoli, per un totale di più di 530 articoli. Peraltro, rispetto al documento consegnato dalla filiera, sono saltati dispositivi importanti; ne cito uno: il tema dei concorsi di progettazione, che viene trattato con superficialità e non aggiunge proprio nulla rispetto a quanto già inserito nel codice, rendendo di fatto inutile lo stesso regolamento, almeno per quanto riguarda questa parte. Deludente anche l’approccio nei confronti dell’apertura del mercato. In merito, avevamo richiesto, in prima battuta, di eliminare ogni limite temporale nella valutazione delle prestazioni professionali da considerare quali requisiti di capacità professionale ed, in subordine, nel documento finale, avevamo almeno provato a raddoppiare il termine già fissato in dieci anni, introducendo anche la possibilità, specie per i giovani, di dimostrare i requisiti di capacità professionale anche attraverso la frequenza di corsi di formazione specialistica sull’argomento oggetto dell’incarico. Il testo informale che gira al momento sul web estende timidamente il suddetto limite temporale da 10 a 15 anni, lasciando così che il mercato dei lavori pubblici venga in qualche modo riservato a chi ha avuto la fortuna di lavorare negli ultimi 15 anni. Siamo però certi che si tratta ancora di una bozza incompleta e che il testo finale del regolamento terrà conto di quanto proposto all’unanimità dalla filiera delle costruzioni, capitalizzando così una sinergia storica tra gli addetti ai lavori.
Oltre alle tematiche relative al settore dei lavori pubblici ed al di là di temi già inflazionati da una valanga di posizioni, espresse dai vari rappresentanti di categoria, come quelli sui contributi e sui sussidi per le partite IVA o quello della sicurezza nei cantieri a seguito dell’intervenuto rischio di contagio, quali sono, a vostro avviso, i cinque interventi a cui puntare per rilanciare l’economia ed in particolare il lavoro dei liberi professionisti?
In generale, bisognerà puntare su nuove idee di rigenerazione urbana, finalizzate non solo al superamento della crisi economica e sociale determinata dalla pandemia, ma anche a progettare un futuro diverso per le nostre città, che tenga conto di un nuovo modo di vivere gli spazi ed il costruito. Dovendo comunque indicare pochi interventi puntuali di carattere economico, che comunque non possono prescindere dalla necessità di rigenerare le nostre città, provo ancora una volta ad indicare cinque punti sintetici:
Ringrazio il Vice Presidente La Mendola per il prezioso contributo e lascio come sempre a voi ogni commento.
#unpensieropositivo
A cura di Ing. Gianluca Oreto