Limitazioni alla partecipazione alle gare: la Corte Costituzionale sulla Legge della Regione Toscana n. 18/2019

08/06/2020

Una norma regionale, nel caso di bandi che riguardano interventi di interesse locale, può prevedere di riservare la partecipazione alle gare ad una quota di imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale?

La Legge della Regione Toscana n. 18/2019 e la Sentenza della Corte Costituzionale

A rispondere a questa domanda ci ha pensato la Corte Costituzionale interpellata dal Dipartimento per gli affari Regionali e le Autonomia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in riferimento all’art. 10 (Indagine di mercato), comma 4 della legge della Regione Toscana 16 aprile 2019, n. 18 recante “Disposizioni per la qualità del lavoro e per la valorizzazione della buona impresa negli appalti di lavori, forniture e servizi. Disposizioni organizzative in materia di procedure di affidamento di lavori. Modifiche alla l.r. 38/2007” (Bollettino Ufficiale n. 19, parte prima, del 19 aprile 2019), che dispone:

In considerazione dell’interesse meramente locale degli interventi, le stazioni appaltanti possono prevedere di riservare la partecipazione alle micro, piccole e medie imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale per una quota non superiore al 50 per cento e in tal caso la procedura informatizzata assicura la presenza delle suddette imprese fra gli operatori economici da consultare.

Il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri

Come rilevato nel ricorso, la norma della Regione Toscana prevedrebbe, nell'affidamento di contratti mediante procedura negoziata, ai sensi dell'articolo 36 del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei Contratti pubblici), la possibilità di riservare la partecipazione alle micro, piccole e medie imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale per una quota non superiore al 50%. Disposizione che sarebbe in contrasto con l'articolo 30, comma 1 del Codice dei contratti secondo cui, nell'affidamento degli appalti e delle concessioni debbono essere rispettati, tra gli altri, i principi di libera concorrenza e non discriminazione.

La norma regionale:

  • da una parte risulterebbe invasiva della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, di cui all'articolo 117, secondo comma lettera e) della Costituzione;
  • dall’altra imporrebbe delle condizioni sproporzionate, discriminatorie e distorsive del principio di concorrenza tra imprese, in palese violazione delle disposizioni comunitarie anche con riferimento al principio del favor partecipationis.

L’articolo 30, comma 1 del Codice dei contratti

L’articolo 30 , comma 1 del codice dei contratti pubblici stabilisce che “L'affidamento e l'esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni, ai sensi del presente codice garantisce la qualità delle prestazioni e si svolge nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza. Nell'affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano, altresì, i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice. Il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute, dell'ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico”.

La sentenza della Corte Costituzionale

Confermando la tesi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Corte Costituzionale ha emesso la sentenza 27 maggio 2020, n. 98 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 4, della legge della Regione Toscana 16 aprile 2019, n. 18.

In particolare, la Corte Costituzionale ha ricordato che le procedure di affidamento dei contratti sotto soglia sono regolate (tra l’altro) anche dalle Linee guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), adottate con delibera 26 ottobre 2016, n. 1097, in attuazione del previgente art. 36, comma 7, cod. contratti pubblici. In base alle Linee guida, la procedura «prende avvio con la determina a contrarre ovvero con atto a essa equivalente secondo l’ordinamento della singola stazione appaltante».

Le 3 fasi delle procedure di gara

Dopo la determina a contrarre la procedura si articola il 3 fasi

  • svolgimento di indagini di mercato o consultazione di elenchi per la selezione di operatori economici da invitare al confronto competitivo;
  • confronto competitivo tra gli operatori economici selezionati e invitati e scelta dell’affidatario;
  • stipulazione del contratto.

Nell’avviso di indagine di mercato la stazione appaltante si può riservare la facoltà di selezionare i soggetti da invitare mediante sorteggio. Il vigente art. 216, comma 27-octies, cod. contratti pubblici prevede l’adozione di un regolamento governativo ma stabilisce che «le linee guida e i decreti adottati in attuazione delle previgenti disposizioni di cui agli articoli […] 36, comma 7, […] rimangono in vigore o restano efficaci fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma».

L’illegittimità della norma della Regione Toscana

La disposizione toscana non fissa un requisito di accesso alle procedure negoziate, sicché non si può dire che essa escluda a priori le imprese non toscane dalla partecipazione agli appalti in questione, essendo la riserva di partecipazione (che le stazioni appaltanti possono prevedere) limitata al massimo al 50% delle imprese invitate al confronto competitivo.

Per altro verso non è nemmeno esatto dire che essa richiede in via alternativa la sede legale o la sede operativa nel territorio regionale: la disposizione utilizza la congiunzione «e», né ci sono ragioni logiche che portino a superarne la lettera. Dalla possibile riserva di partecipazione sono dunque escluse le micro, piccole e medie imprese che hanno solo una delle due sedi nel territorio regionale.

Poiché la norma impugnata precisa che si tratta di una possibile riserva della «partecipazione», la Corte Costituzionale ha ritenuto sia nelle facoltà della stazione appaltante di prevedere che un certo numero di offerte (non più del 50%) debba provenire da micro, piccole e medie imprese toscane, e può così svincolarsi dal rispetto dei criteri generali previsti per la selezione delle imprese da invitare. In altri termini, la norma impugnata può giustificare l’invito di imprese toscane che dovrebbero essere escluse a favore di imprese non toscane, in quanto – in ipotesi – maggiormente qualificate sulla base dei criteri stessi.

Così precisata la portata della disposizione impugnata, essa risulta costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it



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