Cappotto termico e distanze minime legali tra edifici: interviene la Cassazione

31/07/2020

Cappotto termico e distanze tra edifici: il proprietario di un terrazzo può opporsi alla realizzazione di un cappotto termico dell'adiacente edificio condominiale?

Cappotto termico e distanze minime legali tra edifici: la sentenza della Corte di Cassazione

In tempi di superbonus 110% ed interventi di isolamento tramite cappotto termico, il tema delle distanze tra edifici torna ad essere di attualità e viene affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 15698 del 23 luglio 2020 che riforma una decisione della Corte di appello.

In particolare, la sentenza è stata resa in riferimento al ricorso presentato da un condominio avverso una sentenza della Corte di Appello che, in riforma di una decisione di primo grado, aveva accolto la richiesta di due condomini proprietari di un terrazzo avverso la realizzazione di una cappotto termico posto a distanza di circa 1 m di altezza dal piano di calpestio.

Cappotto termico e distanze minime legali tra edifici: le decisioni di primo e secondo grado

Mentre i giudici di primo grado avevano respinto il ricorso, escludendo la sussistenza di un interesse a negare l'utilizzazione dello spazio aereo sovrastante il loro terrazzo, la Corte d'appello ha invece accolto in parte il gravame, condannando il Condominio alla rimozione del cappotto termico.

In particolare, secondo i giudici di secondo grado non è necessaria la dimostrazione di alcun attuale e concreto interesse del proprietario del suolo ad escludere l'attività di terzi nello spazio sovrastante il suolo stesso, dovendosi tener conto anche di "future e non individuabili ex ante esigenze di utilizzazione del suolo".

Cappotto termico e distanze minime legali tra edifici: la decisione della Corte di Cassazione

In Cassazione gli ermellini hanno riformato nuovamente la sentenza rilevando che il proprietario non può opporsi ad attività di terzi (quale, ad esempio, l'immissione di sporti) che si svolgano a profondità od altezza tali che egli non abbia interesse ad escluderle e, pertanto, ove ritenga di contestarle, è suo onere dimostrare che dette attività gli arrechino un pregiudizio economicamente apprezzabile, da intendere non in astratto, ma in concreto, avuto riguardo alle caratteristiche ed alla normale destinazione, eventualmente anche futura, del fondo, ovvero alla possibile utilizzazione di tale spazio a scopo di sopraelevazione.

Alla luce di tale costante interpretazione giurisprudenziale, ha errato la Corte d'appello ad affermare che l'occupazione, pari a circa 10 cm ed all'altezza di un metro dal piano di calpestio, dello spazio aereo sovrastante un terrazzo, mediante installazione di un cappotto termico sulla facciata dell'adiacente edificio condominiale, esoneri il giudice dal valutare se, ed in che misura, sussista un concreto interesse del proprietario sottostante ad opporsi a tale, pur limitata, invasione della colonna d'aria.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it



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