Il
Consiglio di Stato con
parere dell’8 ottobre
scorso avente per oggetto “Ministero delle Infrastrutture - Schema
di regolamento recante criteri, modalità e procedure per la
verifica dei certificati dei lavori pubblici utilizzati ai fini
delle attestazioni rilasciate dalle SOA dal 1° marzo 2000 al 1°
luglio 2006” cerca di chiarire il
problema legato al
coordinamento tra il Ministero delle Infrastrutture e l’Autorità
per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture.
Il regolamento contemplato dall’
articolo 253, comma 21 del
D.Lgs. n, 163/2006, nel testo modificato dal secondo decreto
correttivo, che dispone testualmente “In relazione alle
attestazioni rilasciate dalle SOA dal 1° marzo 2000 alla data di
entrata in vigore del codice, con decreto del Ministro delle
infrastrutture sentita l’Autorità, emanato ai sensi dell’articolo
17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti i
criteri, le modalità e le procedure per la verifica dei certificati
dei lavori pubblici e delle fatture utilizzati ai fini del rilascio
delle attestazioni SOA. La verifica è conclusa entro un anno
dall’entrata in vigore del predetto decreto” è stato predisposto
dal Ministero delle infrastrutture ed inviato al Consiglio di stato
con nota del 31 agosto pervenuta il 28 settembre.
Il
Consiglio di Stato, sul testo di regolamento predisposto
dal Ministero delle Infrastrutture, ha espresso
parere
favorevole con una serie di osservazioni tutte indirizzate ad
un migliore coordinamento tra il Mistero stesso e l’Autorità di
vigilanza; sullo schema di decreto è stato acquisito il parere
dell’Autorità di vigilanza, prescritto dalla norma, e le cui
osservazioni sono state quasi integralmente recepite.
In sintesi, l’articolo 253, comma 21 del Codice dei contratti, - al
fine di rimediare a situazioni patologiche che sono emerse nella
prassi, e che hanno formato oggetto di contenzioso, anche
giudiziario, relative ad attestazioni SOA rilasciate sulla base di
falsi certificati di esecuzione lavori o false fatture - , prevede
una revisione straordinaria delle attestazioni SOA rilasciate prima
dell’entrata in vigore del codice, e a decorrere da quando il
sistema SOA è entrato in vigore, vale a dire il 1° marzo 2000.
Non si tratta di una verifica a campione, che è sempre possibile a
regime (art. 14, comma 3, DPR n. 34/2000 e art. 69, comma 3, dello
schema di regolamento generale di esecuzione e attuazione del
codice), ma di un controllo generalizzato, esteso a tutte le
attestazioni SOA rilasciate in un arco temporale di oltre sei
anni.
Sebbene le attestazioni SOA abbiano durata quinquennale, la norma
primaria non limita la revisione solo alle attestazioni vigenti, ma
a tutte quelle rilasciate a decorrere dal 1° marzo 2000, e dunque
anche a quelle che siano già scadute al momento in cui l’opera di
revisione ha inizio.
Va chiarito che, in riferimento a quanto previsto all’articolo 253,
comma 21 del Codice dei contratti, le modalità operative della
revisione straordinaria degli attestati SOA vengono demandate non
ad un regolamento dell’Autorità di vigilanza (che, pure, gode di
autonomia organizzativa e regolamentare), ma ad un regolamento
ministeriale, stabilendo che su tale regolamento sia previsto il
parere non vincolante dell’Autorità.
La straordinarietà dell’opera di revisione giustifica un
intervento, del pari straordinario, del Ministero delle
infrastrutture, in deroga alla regola generale della vigilanza
intestata all’Autorità, e della competenza ordinaria di
quest’ultima ad effettuare annualmente verifiche a campione sugli
attestati SOA.
Tuttavia l’art. 253, comma 21, del codice, va letto in coerenza con
il complessivo sistema di vigilanza sulle SOA, che, nel codice, è
affidato all’Autorità di vigilanza: una lettura coerente induce a
ritenere che l’art. 253, comma 21, abbia inteso prevedere, oltre
che la competenza regolamentare del Ministero, nella fase operativa
un intervento collaborativo del Ministero stesso, in deroga alla
regola generale secondo cui il controllo sugli attestati SOA
compete all’Autorità di vigilanza, che lo effettua annualmente a
campione.
Ma, appunto, tale intervento collaborativo, va da un lato
circoscritto alla fase istruttoria, restando il potere decisionale
intestato all’Autorità (come già correttamente dispone lo schema di
regolamento), e, dall’altro lato, non può comportare una competenza
istruttoria esclusiva in capo al Ministero.
Fatte queste premesse i giudici amministrativi (relatore De
Nictolis) non hanno condiviso l’impostazione data dallo schema di
regolamento, perché “infatti che solo il Ministero possa
individuare quali sono i dati discordanti e segnalarli
all’Autorità, mentre questa possa solo adottare i provvedimenti
finali”.
© Riproduzione riservata