Coresidenza o cohousing: è il
nuovo modo di abitare che
nasce come esperimento in
Danimarca negli anni Sessanta ed
approda, lo scorso anno, anche in Italia.
Lo scopo dell’esperimento è quello di
riunire alcune
persone, singoli o famiglie, per
progettare assieme la casa
in cui andranno a vivere mantenendo la suddivisione in
appartamenti (di proprietà di ognuno) ma
prevedendo spazi
(per il 20%-25% della superficie costruita)
e attività che si
vogliono condividere.
Il
cohousing non ha regole e ogni progetto è diverso
dall’altro ma generalmente
vengono riunite da 10 a 40
famiglie il cui compito è quello di
gestire insieme una
serie di spazi dell’edificio o alcuni momenti della giornata,
ad esempio la sala per il tempo libero, la cucina condominiale la
lavanderia, la piscina, lo spazio verde, il parco auto o
addirittura il servizio di ‘portineria’.
In Italia, ad oggi, all’attivo risultano sei progetti di cui alcuni
già in dirittura d’arrivo ed altri, ancora, in fase di
elaborazione. Il primo di questi progetti è quello dell’
Urban
Village Bovina, quartiere a nord di Milano, in cui le 26
famiglie previste hanno già acquistato gli appartamenti la cui
consegna è prevista per Giugno 2009.
Le abitazioni vanno dai 50 ai 140 metri quadrati e sono, inoltre,
previsti 400 metri quadrati di spazio verde per il giardino e più
di 140 metri quadrati per gli spazi comuni. L’ultimo progetto,
invece, in termini di tempo, che è stato avviato è quello relativo
alla
Cascina del Molino a Bruino, nelle vicinanze di Torino,
che prevede 10 abitazioni e 200 metri quadrati di spazi comuni
all’interno di una corte antica.
La società che in Italia segue l’andamento di questi progetti, è la
Cohousing ventures, che si occupa di reperire, attraverso un
gruppo di professionisti, le aree più adatte al tipo di
coabitazione anche se, bisogna comunque sottolineare, la maggior
parte di questi progetti nasce dalla volontà di un gruppo di amici
o conoscenti che vogliono abitare la stessa area. La società di
cohousing, di cui è presidente
Luca Mortasa, si occupa anche
di verificare la fattibilità, di assistere le famiglie nella
costruzione del gruppo, di cercare altri coresidenti e soprattutto
di fornire la consulenza legale e di intrattenere rapporti con le
imprese costruttrici. La formazione dei gruppi di coresidenti
richiede un tempo che, generalmente, va dai sei ai nove mesi in
quanto bisogna ricercare persone che abbiano la stessa idea di
divisione che non si limita alla spartizione degli spazi comuni ma
si spinge alla scelta dei materiali da costruzione, alla scelta
delle soluzioni tecnologiche e innovative che consentano una
maggiore efficienza energetica e un risparmio economico anche se
queste scelte, avendo ognuno la propria casa indipendente, non
risultano mai estreme. La questione, quindi, in linea di massima si
riduce alla scelta dei vicini e ad offrire la propria disponibilità
per l’espletamento delle pratiche giornaliere, dalla spesa
all’assistenza ai bambini ecc.
Secondo il presidente Mortara, la peculiarità del cohousing, è
proprio quella dei vicini che si scelgono: se un progetto piace
ognuno dedica alcuni mesi alla conoscenza dei coresidenti e alla
scelta di cosa mettere in comune; questa fase, quindi, così
delicata, potrebbe anche non giungere ad una conclusione con la
conseguenza che non si passa alla costruzione dell’edificio. Ad
onor del vero, in Italia, questo situazione non si è mai verificata
al di là del progetto di Abbiategrasso che, comunque, è fallito per
problematiche non legate ai coresidenti, tant’è che possiamo
contare circa 5 mila persone nella lista di coloro i quali sono
interessati alla coabitazione, di cui 2 mila solo a Milano.
Conclude il presidente Mortara che il compito principale della sua
società è quello di facilitare la composizione di questi gruppi
perché, da una ricerca effettuata all’estero in collaborazione con
il Politecnico di Milano, hanno potuto verificare che queste
iniziative di social-housing impiegano anche 8-10 anni per giungere
alla concretezza: questo è il motivo per cui è stato creato il
gruppo di professionisti, architetti, specialisti di sostenibilità
ambientale e facilitatori sociali, di modo che questo tempo si
potesse ridurre.
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