E’ arrivata la sentenza della
Corte costituzionale tanto
attesa dalle Regioni.
Ma, purtroppo per le Regioni, si tratta di una vera doccia fredda
e, infatti, la Corte costituzionale con la
sentenza n. 401 del
23 novembre scorso
promuove il Codice degli appalti di
cui al D.Lgs. n. 163/2006 e respinge, quasi in toto i ricorsi che
le Regioni
Toscana (ric. 84/2006),
Veneto (ric.
85/2006),
Provincia autonoma di Trento (ric. 86/2006),
Piemonte (ric. 88/2006),
Lazio (ric. 89/2006),
Abruzzo (ric. 90/2006), avevano presentato contro il
Presidente del Consiglio dei Ministri lamentando come il decreto
legislativo n. 163/2006 sia andato ben oltre i limiti di competenza
statale riconosciuti dal nuovo articolo 117 della Costituzione.
I soggetti, sopra indicati, avevano impugnato l’articolo 4 del
decreto legislativo stesso dove, al comma 3 è precisato che “Le
Regioni, nel rispetto dell'articolo 117, comma secondo, della
Costituzione, non possono prevedere una disciplina diversa da
quella del presente codice in relazione: alla qualificazione e
selezione dei concorrenti; alle procedure di affidamento, esclusi i
profili di organizzazione amministrativa; ai criteri di
aggiudicazione; al subappalto; ai poteri di vigilanza sul mercato
degli appalti affidati all'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture; alle attività di
progettazione e ai piani di sicurezza; alla stipulazione e
all'esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione
dell'esecuzione, direzione dei lavori, contabilità e collaudo, ad
eccezione dei profili di organizzazione e contabilità
amministrative; al contenzioso. Resta ferma la competenza esclusiva
dello Stato a disciplinare i contratti relativi alla tutela dei
beni culturali, i contratti nel settore della difesa, i contratti
segretati o che esigono particolari misure di sicurezza relativi a
lavori, servizi, forniture.”.
Nella sentenza, allegata alla presente, la Corte costituzionale,
riuniti tutti i giudizi, dichiara, tra l’altro, inammissibile la
questione di legittimità costituzionale:
- dell’articolo 4, commi 2 e 3;
- dell’articolo 5, comma 2;
- dell’articolo 10, comma 1 ;
- dell’articolo 121, comma 1.
Con la sentenza in argomento i giudici promuovono, quindi, il
Codice degli appalti e precisano, quindi, che:
- nei criteri di aggiudicazione spetta allo Stato dettare
regole uniformi per stabilire le modalità di gara e la verifica
delle offerte anomale;
- nelle tipologie di gara le Regioni non possono stabilire
una disciplina diversa da quella statale e sono, dunque,
illegittime le disposizioni locali che danno più margini alle
trattative private;
- il subappalto è materia statale in quanto i limiti al
subaffidamento riguardano da un lato il contratto e dall’altro la
concorrenza sono di competenza esclusiva dello Stato;
- anche nelle gare sottosoglia le Regioni non possono
dettare proprie regole poiché non è giustificata una disciplina non
uniforme per gare che devono, comunque, essere aperte a tutti gli
operatori.
Le Regioni, escono, dunque, da questa sentenza con le ossa rotte,
non potranno legiferare in maniera difforme dal Codice nelle
materie che riguardano la concorrenza e, quindi, sulla
qualificazione dei concorrenti, sulle procedure di affidamento, sul
subappalto, sui piani di sicurezza, sulla progettazione e sul
contratto.
Delle 74 censure che cinque Regioni ed una provincia autonoma
avevano mosso al Codice, ne sono state accolte dai giudici soltanto
tre su aspetti marginali ed alle Regioni stesse rimane soltanto la
competenza esclusiva sull’organizzazione amministrativa.
La sentenza della Corte costituzionale, di fatto, supera il
tradizionale riparto Stato-Regioni basato sul criterio del limite
economico delle opere.
Sino ad oggi le Regioni, per le gare sotto soglia, si ritenevano
libere di legiferare, anche in difformità della normativa statale;
i giudici della Corte costituzionale hanno, invece, precisato che
il criterio del valore non è più valido in quanto la giurisprudenza
comunitaria ha ormai riconosciuto l’importanza di tutelare la
concorrenza anche nelle gare sotto soglia.
La sentenza delle Corte costituzionale delegittima tutte le leggi
regionali varate dopo l’emanazione del Codice dei Contratti ma pone
seri dubbi sull’operato di alcune regioni che pur non avendo
adeguato la propria normativa al Codice stesso avevano adeguato,
successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 163/2006, come
nel caso della Regione siciliana, le proprie norme per le gare
sotto soglia in difformità alle norme statali e quindi non
rispettando la tutela della concorrenza nelle piccole gare. ”.
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