Con l’allegata nota del 27 novembre scorso il Ministero del
Lavoro, in risposta ad un quesito formulato dalla Direzione
Provinciale del Lavoro di Modena, ha avuto occasione di precisare
nuovamente la differenza tra appalto genuino e appalto illecito di
manodopera, anche alla luce dell’art. 29 del D.lgs. n.
276/2003.
Il Ministero ha infatti ribadito che l’appalto lecito deve
caratterizzarsi per l’organizzazione dei mezzi necessari da parte
dell’appaltatore, nonché per l’assunzione del rischio
nell’esecuzione del rapporto contrattuale.
Quanto al concetto di autonoma organizzazione, il dicastero
ha precisato che questa non può coincidere con la mera
predisposizione dei turni di lavoro e/o gestione amministrativa
delle retribuzioni, supportando la tesi con la recente sentenza
della Corte di Cassazione (n. 16788/2006) nella quale si legge che
: “soltanto in alcune ipotesi eccezionali l’autonomia
imprenditoriale può essere ravvisata essenzialmente nella
predisposizione della sola organizzazione del lavoro, richiedendo
la regola generale che l`attivita` appaltata sia supportata da
mezzi e capitali propri dell`appaltatore”.
Quanto al concetto di rischio il dicastero ha precisato che
questo deve essere valutato rispetto all`entita` di lavoro che
ciascuna parte impegnata nel contratto, nel qual caso
l’appaltatore, si impegna direttamente a portare a compimento.
In tutti quei casi, pertanto, in cui l’appaltatore si limita ad una
gestione amministrativa del rapporto di lavoro, non ravvisandosi
una vera e propria organizzazione d’impresa, né tantomeno
l’assunzione del rischio a proprio carico, in quanto ad esempio il
committente retribuisce comunque l’appaltatore a prescindere dal
risultato conseguito, si configurerà una interposizione illecita di
manodopera sanzionata dalla legge.
Fonte: www.ance.it
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