Si è inaugurato a Milano il
Triennale design museum, prima
tappa di quello che potrebbe essere un percorso più ardito che
possa, in sostanza, comunicare nel migliore dei modi il
design
made in Italy e l’impegno che stanno assumendo i grandi marchi
italiani nel ricercare nuovi talenti e nuovi progetti.
Secondo il neodirettore della Triennale del design,
Silvia
Annichiaro, bisogna sicuramente puntare ai giovani andando
oltre lo star system dando meno importanza ai media del settore
che, ultimamente, hanno celebrato un mondo che probabilmente
avrebbe molte più chance di crescita se alle volte venisse un po’
stroncato. Aggiunge poi, in merito al fatto che alla Triennale
mancano i giovani, settore a cui il direttore continua a guardare
con occhio di riguardo: “si cresce sempre guardando al passato, il
capoluogo lombardo patria del design avrà però la possibilità di
confrontarsi anche con le nuove leve” sottolineando, infatti, che
già è stato organizzata una manifestazione a loro dedicata, ovvero
il
The New italian design, che verrà replicata in occasione
del Salone del mobile e aggiungendo: “il design è dominato dallo
star system, creativi arcinoti che lavorano per i soliti nomi,
serve più critica per far spazio anche ai giovani, anche con
l’aiuto dei media. A oggi le riviste dedicate al decor non sono
troppo rappresentative, sono troppo patinate, recensiscono ma non
bocciano mai, non sono lo specchio del sistema creativo: noi
vogliamo ricominciare da qui. Non offriamo un tempio rassicurante
del design ma una vetrina che progressivamente farà spazio ai
migliori”.
Critiche sono arrivate, invece, da
Giulia Cerini, docente di
comunicazione all’università di Siena e direttrice di Baba, società
milanese di consulenza strategica e ricerche di mercato, seconda la
quale un museo può sì dedicare una parte della mostra al passato
ma, dal punto di vista della comunicazione, non si può investire
sul futuro puntando sempre sui soliti pezzi storici.
Afferma, infatti, Ceriani: “il design è una materia viva, è l’idea
della forma che disegna il mondo , è fatta di idee e anche di
sorprese. L’afflusso di giovani da tutto il mondo che ogni anno
bazzicano il Salone del mobile ne è una prova: sono loro la linfa
vitale ed è su di loro che bisogna puntare anche dal punto di vista
del marketing. Recintare in un solo evento all’anno la loro
espressione mi sembra limitativo, è il museo stesso che dovrebbe
ospitare in progress novità e provocazioni, gare, forme impreviste.
Così le aziende avrebbero una grande e importante cassa di
risonanza rispetto alla loro continua ricerca e sviluppo. Certo è
più facile comunicare attraverso i successi ma anche richuiare può
dare i suoi frutti.”
Infine, secondo
Carlotta de Bevilacqua, presidente del
marchio storico milanese Danese, il museo è da considerare come
un’installazione temporanea, non permanente, come una sorta di
racconto narrativo sulla storia del design: “dovremmo forse
immaginare il museo del design in Triennale come un racconto di
volta in volta diverso. Oggi è sul passato, la prossima volta spero
parlerà e narrerà del futuro. Questa deve essere davvero
considerata come la prima pietra di un progetto più ampio. Anche
dal punto di vista dello spazio espositivo.”
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