La capitale italiana del design da oggi ha un museo dedicato a
quest'arte, che di suo è già un piccolo capolavoro. Il Design
Museum, che ha aperto i battenti il 6 dicembre, negli spazi
della Triennale di Milano alla presenza del presidente della
Repubblica Giorgio Napoletano, è infatti qualcosa di
assolutamente diverso da ogni altro museo: niente spazi fissi,
niente allestimenti definitivi, ma una struttura “flessibile e
dinamica”. “Volevamo un museo che rispecchiasse i tempi di oggi -
ha spiegato il presidente della Triennale, Davide Rampello
-, che potesse innovarsi, essere fluido”. Per questo ogni 18 mesi,
due anni al massimo, si cambierà tutto, anche la disposizione degli
spazi che sono delimitati ora da pareti mobili e leggeri schermi in
poliuretano.
Il primo allestimento, comunque, è dedicato alla storia del design
italiano, e non poteva essere altrimenti visto che l'Italia è una
delle protagoniste assolute del design considerato non solo e non
tanto come disegno industriale di oggetti, ma (come indica la sua
etimologia) come “de segno”, ovvero come ciò che sta intorno al
segno, “la cultura del progetto”, come l'ha definita Rampello, che
riguarda tutti i settori. In questo allestimento, firmato da Italo
Rota, però, un ruolo “principe” è stato affidato al cinema.
L'ouverture che accoglie i visitatori raccontando duemila anni di
creatività italiana è stata firmata da un entusiasta Peter
Greenaway, mentre sette registi italiani si sono prestati
ciascuno a rappresentare un'ossessione. Silvio Soldini ha
lavorato sui grandi borghesi, Ermanno Olmi sui grandi
semplici (tutti oggetti, ha confessato, che ha trovato nella sua
casa), Pappi Corsicato sulla comodità, Antonio
Captano sulla luce, Davide Ferrario sulla dinamicità,
Daniele Lucchetti sulla serialità e Mario Martone sul
teatro animista.
“Milano di suo è già un grande museo del design - ha sottolineato
il sindaco Letizia Moratti -, e lo è per la sua capacità di
essere ponte fra la storia e il futuro, la scienza e le arti”. E
non è quindi un caso che il museo, progettato all'interno della
Triennale dall'architetto Michele De Lucchi, si colleghi con
gli altri spazi del palazzo costruito nel 1934 proprio attraverso
un ponte sospeso. E non è nemmeno un caso che fra gli oggetti in
mostra ci sia anche uno dei grandi protagonisti della letteratura
italiana, Pinocchio, un pezzo di legno che “lavorato” acquista
un'anima, perché è in fondo la migliore metafora di cosa sia il
design, in particolare italiano.
Fonte: www.demaniore.it
© Riproduzione riservata