La possibilità di qualificare giuridicamente una società come
soggetto operante
in house providing, sul piano fiscale, non
comporta l'esclusione automatica dall'applicazione del regime del
reverse charge che dipende, invece, dalla tipologia di rapporto tra
le società e l'Ente pubblico: se il vincolo che le lega è
assimilabile ad un contratto da'appalto, allora i successivi
contratti stipulati con società terze chiamate a prestare attività
riconducibili all'interno della sezione F della tabella ATECOFIN
2004, potranno essere assimilati a contratti di sub-appalto e,
dunque, soggetti al regime dell'inversione contabile.
Questo in sintesi è quanto emerge dalla risoluzione 155/E dello
scorso 16 aprile, attraverso la quale l'Agenzia delle Entrate ha
chiarito un concetto evidenziato da una società multiutility
operante all'interno del modello
in house providing, ossia
quella tipologia di organizzazione e gestione dei pubblici servizi
(erogazione di servizi, forniture, lavori) che le pubbliche
amministrazioni adottano attraverso propri organismi, cioè senza
ricorrere al libero mercato.
La società istante, avendo inteso nel modello di
in house
providing una tipologia di rapporto assimilabile alla
delegazione interorganica in base alla quale la società
agisce come se fosse un ufficio dell'Ente pubblico, ha fatto
presente che in questo modo tra l'Ente pubblico e la società non si
stringeva un rapporto di contratto d'appalto e dunque i successivi
contratti stipulati, per la realizzazione di lavori rientranti
all'interno nella sezione F della tabella ATECOFIN 2004, dalla
società stessa ed terzi soggetti non possono essere configurati
come contratti di sub-appalto ma come contratti d'appalto e dunque
non rientranti nel meccanismo di reverse charge.
L'Agenzia delle Entrate ha fatto presente che, sul piano del
diritto civile e amministrativo, l'individuazione di un affidamento
dei servizi secondo il modello dell'
in house providing
consente solo di escludere le regole comunitarie di aggiudicazione,
descritte nella Direttiva 92/50/CEE, la quale, ai fini della
aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, presuppone il
necessario utilizzo della procedura ad evidenza pubblica.
Al fine di verificare se il rapporto, tra società ed ente, sia
riconducibile nell'ambito applicativo dell'art. 17, comma 5, del
DPR 633/1972 e, come tale, soggetto alla disciplina del reverse
charge, è necessario procedere all'analisi delle disposizioni
convenzionali che disciplinano le reciproche obbligazioni e
diritti, per appurare se le clausole apposte consentono o meno la
riconducibilità del rapporto al contratto di appalto. In questo
caso, il rapporto intercorrente tra la società e eventuali soggetti
terzi, chiamati dalla prima ad eseguire, per proprio conto, le
prestazioni di servizi riconducibili alla sezione "F" della tabella
ATECOFIN, deve essere configurato quale subappalto, con la
necessaria conseguenza che le fatture emesse dai soggetti
qualificati come subappaltatori dovranno essere emesse con
applicazione del meccanismo del reverse charge. Conseguentemente,
le aziende terze emetteranno fattura nei confronti del contraente
generale senza l'addebito dell'IVA.
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