IL FRAZIONAMENTO E LA VENDITA DELL'ABITAZIONE PRINCIPALE NON DETERMINANO PLUSVALENZE TASSABILI

05/06/2008

La vendita delle unità immobiliari risultanti dal frazionamento di un appartamento non determina plusvalenza tassabile, sempreché lo stesso sia stato destinato ad abitazione principale dal contribuente o dai suoi familiari per la maggior parte del tempo intercorrente tra la data d’acquisto dell’immobile, successivamente frazionato, e la data di vendita degli appartamenti risultanti dal frazionamento ovvero le date delle singole cessioni, se effettuate separatamente.

Questo, in sintesi, il contenuto della risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 219/E dello scorso 30 maggio che, rispondendo ad una richiesta di interpello di un contribuente ha fornito chiarimento in merito alla tassazione della plusvalenza derivante dalla cessione infraquinquennale di un immobile destinato ad abitazione principale.

In particolare, il contribuente ha dichiarato all’Agenzia di aver acquistato nell'anno 2005, usufruendo delle agevolazioni fiscali per la prima casa, un immobile che successivamente è stato frazionato ricavandone due appartamenti. In considerazione del fatto che il contribuente aveva stabilito la residenza presso l'immobile originariamente acquistato in modo unitario, si chiede:
  • se la plusvalenza realizzata mediante vendita di uno o entrambi gli appartamenti derivanti dal frazionamento debba essere assoggettata a tassazione ex art. 67, comma 1 lett. b) del D.P.R. n. 917/1986;
  • se per altri due appartamenti ed una mansarda ricavati al piano superiore, e per cui sono stati ottenuti tutti i permessi, debba essere tassata la plusvalenza ricavata dalla futura vendita di questi nuovi immobili, e se, in tal caso, si possa optare per la tassazione con imposta sostitutiva del 20%.
L’Agenzia ha fatto presente come l'art. 67, comma 1, lett. b) del TUIR, allo scopo di tassare le plusvalenze (differenza positiva tra il prezzo di vendita e il costo di acquisto) realizzate attraverso le cessioni di immobili poste in essere con finalità speculative, annovera tra i redditi diversi le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.
Le finalità speculative previste dalla normativa sono presunte dalla circostanza che l'arco temporale che intercorre tra la data di acquisto o di costruzione dell'immobile e la data di vendita dello stesso sia inferiore a cinque anni. Tale presunzione viene meno, però, nell'ipotesi in cui la cessione infraquinquennale riguardi un'unità immobiliare urbana che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la vendita sia stata adibita ad abitazione principale del cedente o di un suo familiare.

Per tale motivo, l’Agenzia, nel caso in questione, ha ritenuto che la plusvalenza derivante dalla vendita dell’appartamento non concorre alla formazione del reddito, a prescindere che la cessione dell’immobile sia avvenuta in modo unitario o frazionato.

In definitiva, nel caso in cui avvenga la vendita frazionata di un immobile che era stato adibito ad abitazione principale dal contribuente o da un suo familiare per la maggior parte del tempo intercorrente tra la data d’acquisto dell’immobile, successivamente frazionato, e la data di vendita degli appartamenti risultanti dal frazionamento ovvero le date delle singole cessioni, se effettuate separatamente, la vendita non determina plusvalenze tassabili.

Per quanto concerne, invece, i secondo punto dell’interpello, l’eventuale plusvalenza derivata dalla vendita dei due appartamenti e della mansarda, costruiti previo permesso di sopraelevazione, concorre alla base imponibile IRPEF e il contribuente può scegliere la modalità agevolata di tassazione prevista dal comma 496 della L. n. 266 del 2005 (Finanziaria 2006), così come modificato dal D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, applicando un'imposta, sostitutiva dell'imposta sul reddito, del 20 per cento.




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