CIL e CILA: il TAR sui principi di collaborazione e buona fede tra cittadino e P.A.
Ordine di demolizione e titoli edilizi minori: il TAR Sicilia richiama i principi di collaborazione e buona fede tra cittadino e pubblica amministrazione
In tutti i progetti di riforma del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia) emergono disposizioni comuni, nate dall’esigenza di fare ordine. Tra queste, si segnalano l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) in ambito edilizio e, soprattutto, la riduzione dei regimi amministrativi, limitati a edilizia libera, permesso di costruire e SCIA.
I regimi amministrativi in edilizia
Le motivazioni alla base di questa semplificazione sono numerose. Una delle principali è la difficoltà, spesso sperimentata dai tecnici, di inquadrare correttamente un intervento che, per dimensioni, struttura e caratteristiche intrinseche, può spaziare dalla CILA al permesso di costruire.
Allo stato attuale, i regimi amministrativi in edilizia previsti dal Testo Unico sono i seguenti:
- art. 6 – Attività edilizia libera;
- art. 6-bis – Interventi subordinati a comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA);
- art. 10 – Interventi subordinati a permesso di costruire;
- art. 22 – Interventi subordinati a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA);
- art. 23 – Interventi subordinati a SCIA in alternativa al permesso di costruire.
CIL e CILA: interviene il TAR Sicilia
Una domanda ricorrente nel dibattito tecnico-giuridico riguarda l’efficacia di una CILA presentata al di fuori del proprio ambito di applicazione. Esistono in merito almeno due orientamenti giurisprudenziali, ma in questo approfondimento ne tratteremo un altro aspetto.
Una questione ancora più interessante è la seguente: la presentazione di una CILA produce effetti concreti nel caso in cui la P.A. ritenga che le opere avrebbero richiesto un titolo edilizio superiore? Inoltre, in ambito edilizio – come nei lavori pubblici – trova applicazione il principio di collaborazione e buona fede tra cittadino e pubblica amministrazione?
A queste domande ha risposto il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia con la sentenza 31 marzo 2025, n. 1061 offrendo un’occasione preziosa per fare chiarezza su un tema tanto diffuso quanto controverso: l’adozione di un ordine di demolizione da parte del Comune in presenza di interventi comunicati tramite CILA.
Il giudice amministrativo ha fornito una lettura rigorosa ma equilibrata del potere repressivo dell’amministrazione, evidenziando gli obblighi motivazionali che devono accompagnare l’accertamento dell’abusività nei casi in cui l’intervento sia stato oggetto di comunicazione preventiva da parte del privato.
Il caso di specie
Nel caso oggetto della sentenza, la società ricorrente aveva destinato un’area recintata alla sosta di autoveicoli da soccorso stradale, installando prefabbricati, un container, un box per servizi igienici, una stradella di accesso, una rampa, l’impianto di illuminazione e altri manufatti.
Tutti questi interventi erano stati preceduti da:
- una CILA per l’installazione del container;
- una SCIA per l’avvio dell’attività d’impresa e la sistemazione dell’area;
- una CIL per la recinzione.
Nonostante ciò, il Comune aveva ordinato la demolizione di tutte le opere, ritenendole abusive perché prive di permesso di costruire.
Il TAR ha però ricordato che, nell’ambito dell’attività di vigilanza prevista dall’art. 27 del d.P.R. n. 380/2001, qualora la P.A. ritenga inefficace o irrilevante un titolo edilizio presentato (ad esempio, una CILA in luogo del permesso di costruire), essa è tenuta a motivare in modo specifico e adeguato, tenendo conto della possibile diversa qualificazione giuridica dell’intervento.
Il nodo giuridico
Nel caso di specie, il Comune aveva omesso sia un’adeguata istruttoria, sia una motivazione puntuale sull’inidoneità dei titoli edilizi presentati. Il TAR ha chiarito che, sebbene l’amministrazione non sia obbligata a verificare la sanabilità dell’intervento prima di emettere l’ordinanza di demolizione, questa deve comunque basarsi su un accertamento puntuale dell’abusività e sulla chiara dimostrazione della necessità di un titolo edilizio diverso.
Ai sensi dell’art. 31, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001, l’adozione di un ordine di demolizione richiede una valutazione articolata da parte della P.A., che deve accertare la natura e la tipologia dell’opera, escludendo la riconducibilità all’edilizia libera o comunicata.
L’obbligo motivazionale è tanto più stringente quanto meno evidente risulta l’abusività dell’intervento: solo in presenza di opere chiaramente prive di qualsiasi titolo, l’abuso può ritenersi “autoevidente” e giustificare una motivazione semplificata.
Se, invece, l’intervento rientra potenzialmente nell’ambito della CIL o CILA, l’ordinanza deve motivare perché l’opera non possa essere ricondotta a tali categorie, anche perché in questi casi la legge prevede una sanzione pecuniaria e non la demolizione.
L’orientamento giurisprudenziale semplificato espresso dall’Adunanza Plenaria n. 9/2017 è applicabile solo in caso di immobili mai assistiti da alcun titolo. In tali ipotesi, l’ordine di demolizione, in quanto atto vincolato, non richiede una motivazione ulteriore sulle ragioni di pubblico interesse, anche se l’abuso risale nel tempo, il responsabile non è più il proprietario e non vi sono intenti elusivi.
Il principio di collaborazione e buona fede
Particolarmente rilevante è il richiamo al principio di collaborazione e buona fede amministrativa, sancito anche dall’art. 1, comma 2-bis, della legge n. 241/1990, secondo cui "i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede".
La CILA non rappresenta solo una comunicazione tecnica, ma anche uno strumento di interlocuzione con la P.A. In quest’ottica, l’amministrazione è tenuta a rispondere con un’adeguata motivazione che escluda in modo esplicito e argomentato la riconducibilità dell’intervento all’edilizia libera o comunicata.
La presentazione di una CIL o di una CILA non solo impedisce che l’intervento venga considerato automaticamente abusivo, ma attiva un “contatto amministrativo” fondato sul principio di leale collaborazione. Questo vincolo attenua l’orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, n. 5968/2020) secondo cui il privato non avrebbe diritto a partecipare al procedimento che conduce all’adozione dell’ordinanza di demolizione.
Conclusioni
La sentenza del TAR Sicilia ha chiarito alcuni aspetti fondamentali per i professionisti:
- l’onere motivazionale del Comune è proporzionale alla non evidenza dell’abuso;
- in presenza di titoli edilizi comunicati, non basta richiamare l’assenza del permesso di costruire;
- le comunicazioni edilizie, pur non essendo autorizzatorie, impongono alla P.A. un preciso onere di valutazione.
Nel caso di specie, il TAR ha annullato l’ordinanza di demolizione, rilevando che il Comune non aveva esaminato i titoli presentati né motivato la scelta di qualificare le opere come nuove costruzioni.
Anche in presenza di potenziali abusi edilizi, l’azione repressiva deve essere preceduta da un’istruttoria completa e da una motivazione coerente. In caso contrario, l’ordine di demolizione non può considerarsi legittimo.
Documenti Allegati
Sentenza TAR Sicilia 31 marzo 2025, n. 1061