Sanatoria abusi edilizi: differenze tra artt. 36 e 36-bis e termini per la presentazione

Abuso edilizio totale o parziale difformità? Come scegliere tra l’accertamento di conformità di cui all’art. 36 o 36-bis e quali sono i limiti temporali da rispettare per evitare la decadenza del diritto

di Redazione tecnica - 08/05/2025

Entro quando è possibile presentare istanza per la sanatoria di un abuso edilizio? Quali sono le differenze tra l’accertamento di conformità di cui all’art. 36 del Testo Unico Edilizia e quello di cui al nuovo art. 36-bis?

Abusi edilizie e sanatoria: interviene la Cassazione

Ha risposto a queste domande la Corte di Cassazione che, con la sentenza 10 aprile 2025, n. 14130, ci consente di approfondire il tema della sanatoria edilizia ma, soprattutto, impone una riflessione approfondita sulla qualificazione dell’abuso edilizio e sulle differenze tra parziale difformità e abuso totale.

In materia edilizia, distinguere tra abuso totale, parziale difformità e variazione essenziale, non è un esercizio teorico. Si tratta di una scelta che condiziona l'intera strategia tecnico-amministrativa, soprattutto dopo l’introduzione dell’art. 36-bis nel d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE), arrivato con la Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa).

Ed è proprio su questo punto che si incentra la nuova sentenza della Corte di Cassazione, con cui si affronta la legittimità di un ordine di demolizione e la possibilità, per il responsabile dell’abuso, di ottenere una sanatoria postuma.

Nel caso esaminato, l’intervento edilizio era stato eseguito in assenza totale di titolo abilitativo. Il ricorrente chiedeva la sospensione dell’ordine di demolizione, sostenendo la possibilità di accedere alla sanatoria ex art. 36 o 36-bis TUE anche dopo il decorso di 90 giorni dall’ordinanza, e affermando che l’opera fosse in realtà in parziale difformità.

Secondo il ricorrente, la titolarità del bene non sarebbe stata persa per il mero decorso di 90 giorni dalla notifica della ordinanza comunale di demolizione, atteso che la legittimazione alla domanda di sanatoria persiste fino alla irrogazione delle sanzioni amministrative, tra cui oltre alla acquisizione gratuita al patrimonio rientra anche la comminazione del pagamento di somma di denaro non ancora disposta. In ricorso viene contestato anche che mancherebbe anche la trascrizione della acquisizione nei registri immobiliari e che le opere sarebbero pertinenziali rispetto ad opera lecita.

Inoltre viene contestato che sarebbe stata presentata istanza di sanatoria ai sensi del nuovo art. 36-bis che non richiede la doppia conformità piena o “simmetrica”.

Sanatoria: entro quando?

Relativamente al primo motivo di ricorso, il soggetto sanzionato contestava il rigetto della richiesta di sospensione dell’ordine di demolizione, sostenendo che fosse ancora possibile presentare l’istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 o dell’art. 36-bis TUE, in quanto non era ancora intervenuta l’irrogazione della sanzione pecuniaria.

La Cassazione ha respinto la doglianza, affermando un principio ormai consolidato per cui la domanda di sanatoria legittima i soggetti interessati, se effettuata entro dati termini, a seconda che:

  • emerga una opera abusiva realizzata senza permesso di costruire o in totale difformitò da esso, e in tal caso il termine è quello di 90 giorni dall’ordinanza di demolizione;
  • oppure emergano interventi abusivi di ristrutturazione cd. "pesante" priva di permesso o in totale difformità da esso, e in tal caso il termine finale è quello del ripristino degli edifici in conformità alle prescrizioni degli strumenti urbanistico-edilizi entro il congruo termine stabilito dal dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale con propria ordinanza (decorso il quale l'ordinanza stessa è eseguita a cura del comune e a spese dei responsabili dell'abuso, art. 33 comma 1 cit.) e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative.

Ma nel caso di specie l’intervento non era una ristrutturazione, bensì un’opera realizzata sine titulo, in totale difformità. Trascorso il termine di 90 giorni, l’immobile era stato acquisito di diritto al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 31, comma 3 TUE: situazione che preclude in modo definitivo qualsiasi istanza di regolarizzazione.

La qualificazione dell’abuso

Il ricorrente invocava poi la possibilità di applicare l’art. 36-bis TUE, introdotto dal decreto “Salva Casa”, sostenendo che l’intervento potesse essere considerato in parziale difformità rispetto al titolo edilizio originario. In tal caso, la sanatoria sarebbe stata ammissibile anche senza doppia conformità, poiché la norma consente il rilascio del titolo in sanatoria per le sole parziali difformità o variazioni essenziali, purché sussista la conformità alla disciplina urbanistica vigente.

La Cassazione ha chiarito che l’intervento oggetto del procedimento era stato realizzato in totale assenza di titolo, e quindi non rientrava nella nozione di parziale difformità. “Non si versa in ipotesi di parziale difformità – confermano gli ermellini – ma in ipotesi di assenza assoluta di titolo edilizio, situazione che esclude in radice la possibilità di ricorrere all’accertamento ex art. 36-bis”.

La Corte di Cassazione ha ribadito che la nuova sanatoria di cui all’art. 36-bis fa riferimento oltre che alle variazioni essenziali al solo caso di difformità parziale, che ricorre solo nel caso sia rilasciato un titolo abilitativo per la costruzione di un manufatto e, nel corso della sua realizzazione e nei termini di legge della stessa, si effettui un intervento in difformità dal titolo stesso rilasciato. Caso del tutto estraneo a quello in esame, in cui solo emerge l'autonoma realizzazione ex novo di manufatti senza alcun possibile titolo edilizio di riferimento cui rapportare eventuali difformità.

Ricordiamo che:

  • se l’intervento è in parziale difformità o con variazioni essenziali, si può attivare l’art. 36-bis TUE per cui:
    • non serve la doppia conformità "sincrona" (cioè sia alla disciplina urbanistica vigente al momento della realizzazione, sia a quella vigente al momento dell’istanza);
    • basta la doppia conformità "alleggerita": urbanistica attuale + edilizia all’epoca dell’abuso;
    • vige il silenzio-assenso: decorso il termine di 45 giorni dalla presentazione dell’istanza, il titolo si intende formato.
  • se l’intervento è totalmente privo di titolo, si deve ricorrere all’art. 36 TUE per il quale:
    • serve la doppia conformità “rigida”, cioè all’urbanistica e all’edilizia vigenti sia al momento della realizzazione che al momento della domanda;
    • l’istanza va valutata dall’amministrazione: se entro 60 giorni non viene rilasciato l’accertamento, si applica il silenzio-rigetto.

Per maggior dettaglio sulle differenze tra le procedure di cui agli artt. 36 e 36-bis del TUE si rimanda all'articolo "Stato legittimo, tolleranze costruttive e sanatoria edilizia: guida ai presupposti e alle possibilità di regolarizzazione".

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