Rigenerazione urbana a Milano: approvate nuove linee di indirizzo per l’edilizia e l’urbanistica

Approvate dal Comune di Milano le nuove linee di indirizzo per l’urbanistica e l’edilizia: quando serve il piano attuativo, quando basta un titolo diretto. Il confronto tecnico con il DDL “Salva Milano”.

di Redazione tecnica - 09/05/2025

Con la deliberazione n. 552 del 7 maggio 2025, la Giunta comunale di Milano ha definito nuove linee di indirizzo operative per la gestione delle attività urbanistiche ed edilizie, destinate a orientare l’azione amministrativa in una fase di transizione normativa. In attesa dell’adozione della variante generale al Piano di Governo del Territorio (PGT), il Comune introduce una griglia procedurale che intende garantire uniformità e coerenza istruttoria.

L’obiettivo dichiarato è duplice: da un lato, assicurare una valutazione omogenea degli interventi sul territorio; dall’altro, rafforzare il controllo dell’Amministrazione sugli effetti morfologici e insediativi dei progetti di rigenerazione urbana, soprattutto nei contesti più sensibili.

Un’impostazione tecnica basata su criteri oggettivi e tracciabilità istruttoria

Le nuove linee di indirizzo non nascono nel vuoto: derivano da un’attività istruttoria intensa, svolta da un Gruppo di Lavoro interno all’Amministrazione, che ha analizzato oltre 40 pratiche su interventi edilizi significativi. In particolare:

  • in 13 casi è stata accertata la non conformità alle norme morfologiche del PGT;
  • in 5 casi si è rilevato che l’intervento insisteva su ambiti poco edificati;
  • in 2 casi l’assenza di urbanizzazioni primarie e secondarie ha fatto propendere per la pianificazione attuativa.

In soli 7 casi su 26, l’Amministrazione ha ritenuto ammissibile il ricorso al permesso di costruire diretto o convenzionato.

Le tre vie procedurali: attuativo, convenzionato, diretto

Il documento approvato dalla Giunta comunale articola le modalità operative secondo una logica differenziata basata su caratteristiche fisiche e urbanistiche dell’intervento:

  • Piano Attuativo obbligatorio:
    • per interventi con altezza superiore a 25 metri;
    • per densità fondiaria superiore a 3 mc/mq;
    • per tutti i casi in deroga alle norme morfologiche del PGT;
    • se l’intervento ricade su un ambito con superficie territoriale > 20.000 mq, con obbligo di cessione o asservimento di aree pari ad almeno il 50% della superficie.
  • Permesso di costruire convenzionato:
    • ammesso solo se l’intervento rispetta le norme morfologiche del PGT e ricade nei Nuclei di antica formazione o nei Tessuti urbani compatti a cortina, dove l’omogeneità tipologica e insediativa giustifica un regime semplificato ma comunque convenzionato.
  • Titolo edilizio diretto:
    • consentito negli altri casi, salvo che sia previsto un cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, per il quale l’Amministrazione si riserva una valutazione specifica circa le dotazioni territoriali (monetizzazione, cessione o asservimento di aree).

A corredo di queste indicazioni, l’Amministrazione ha annunciato l’intenzione di potenziare gli uffici preposti all’istruttoria dei piani attuativi, segno di un rafforzamento del controllo tecnico su questa classe di interventi.

Il confronto con il “Salva Milano” nazionale

Nel mentre, in Parlamento è sempre fermo il cosiddetto Decreto Salva Milano, che affronta proprio il tema della pianificazione attuativa in ambiti edificati e urbanizzati. Si tratta di una norma di interpretazione autentica che chiarisce due punti cardine della disciplina urbanistica:

  1. Non serve il piano attuativo nei contesti consolidati
    Il DDL stabilisce che non è obbligatorio il piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata per interventi su lotti situati in ambiti già edificati e urbanizzati, anche se comportano altezze o volumi superiori ai limiti normativi vigentia meno che non vi sia un interesse pubblico attuale e motivato a limitare tali interventi. Si tratta di una lettura estensiva dell’art. 41-quinquies della L. n. 1150/1942 e del DM 1444/1968.
  2. Ristrutturazione edilizia anche con radicali trasformazioni morfologiche
    Sempre il DDL amplia l’ambito dell’art. 3, comma 1, lett. d) del d.P.R. 380/2001, specificando che anche interventi con sagoma, sedime, prospetti e planivolumetria integralmente diversi possano qualificarsi come ristrutturazione edilizia, purché nel rispetto della volumetria ammessa dagli strumenti urbanistici e della normativa regionale.

La differenza di impostazione rispetto alle linee guida milanesi è evidente:

  • mentre Milano stabilisce soglie rigide e tipizzate (altezza, densità, superficie) oltre le quali è sempre richiesto il piano attuativo,
  • il DDL “Salva Milano” ribalta la logica e consente l’intervento diretto salvo motivato interesse pubblico a impedirlo.

Si tratta di un confronto tra regolazione prescrittiva locale e interpretazione flessibile nazionale. La prima tende a rafforzare il ruolo del Comune nel governo delle trasformazioni; la seconda mira a liberare l’iniziativa privata da vincoli ritenuti eccessivamente rigidi, almeno nei contesti già urbanizzati.

Verso una riconciliazione normativa?

È chiaro che se il DDL vedrà la luce (ma sembra davvero molto difficile), le linee guida milanesi dovranno essere riviste per evitare conflitti applicativi. La soglia dei 25 metri, la densità oltre i 3 mc/mq e la superficie > 20.000 mq non potranno più costituire, da sole, presupposto automatico per imporre un piano attuativo.

Nel frattempo, queste linee guida rappresentano una chiara presa di posizione dell’Amministrazione milanese: governare la rigenerazione urbana non solo attraverso gli strumenti ma anche tramite regole e criteri procedurali coerenti. Resta da capire se la norma nazionale consentirà di mantenere questa traiettoria o se si andrà verso un necessario riallineamento.

© Riproduzione riservata

Documenti Allegati