Concessioni balneari: illegittima la revoca delle gare già avviate

Nuova sentenza del Consiglio di Stato sul controverso tema delle concessioni demaniali: la Direttiva Bolkestein non si può aggirare con proroghe “strategiche”

di Redazione tecnica - 13/05/2025

Una questione grande quanto il mare: forse si potrebbe definire così l’infinita diatriba sulle concessioni balneari che, dalla Direttiva Bolkestein (Direttiva 2006/123/CE) in poi, è stata caratterizzata da continue proroghe, deroghe e scelte “creative” per aggirare l’obbligo di indire delle procedure di gara per quelle scadute.

Gare per concessioni balneari: da quando si applica la nuova normativa?

Ne torna adesso a parlare il Consiglio di Stato con la sentenza del 4 aprile 2025, n. 2907, pronunciandosi sull’appello di un OE che si era visto privare della possibilità di partecipare ad una selezione pubblica già avviata, a seguito di un provvedimento comunale di revoca degli avvisi di gara.

Nel caso in esame, il Comune aveva avviato nel 2024 una procedura selettiva per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime. Pochi giorni prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, è intervenuta la revoca degli avvisi, formalmente motivata con la sopravvenienza del D.L. n. 131/2024 (convertito nella Legge n. 166/2024), che ha modificato la Legge n. 118/2022, prorogando le concessioni esistenti fino al 30 settembre 2027.

Secondo l’amministrazione comunale, l’evoluzione del quadro normativo imponeva una “rivalutazione dell’interesse pubblico” e la riformulazione della lex specialis.

 

Revoca della procedura di gara già avviata: ci vuole motivazione rafforzata

Una decisione totalmente sconfessata dal Consiglio di Stato, che ha chiarito che le procedure selettive già avviate sono fatte salve dalla nuova normativa: l’art. 3, comma 1, della legge n. 118/2022, come modificato dal D.L. n. 131/2024, dispone espressamente che la proroga fino al 30 settembre 2027 “non pregiudica la validità delle procedure selettive già deliberate anteriormente” all’entrata in vigore della norma stessa.

Spiegano i giudici di Palazzo Spada che il Comune non può giustificare la revoca delle gare con la sola sopravvenienza normativa: anzi, l’art. 4, comma 13, della stessa legge precisa che le nuove regole si applicano esclusivamente alle procedure avviate dopo la sua entrata in vigore. Quelle già avviate restano dunque legittime, e la loro revoca richiede una motivazione rafforzata.

L’amministrazione ha invece motivato genericamente, in termini fumosi di “opportunità” e “interesse pubblico”, senza indicare alcuna reale esigenza o criticità nella documentazione di gara, né ha dato conto del parere negativo reso dall’ufficio tecnico comunale.

Il Collegio ha sottolineato che l’interesse pubblico invocato a sostegno della revoca non è mai stato realmente esplicitato, se non in modo tautologico e generico (“opportunità”, “riconsiderazione”, “regole certe”). Nessuna analisi comparativa, nessuna ponderazione tra esigenze amministrative e interesse alla concorrenza e alla partecipazione è stata condotta. E questo basta a travolgere l’intero impianto della revoca.

 

La proroga tecnica come strumento elusivo

Il Comune aveva argomentato che si trattasse solo di una proroga tecnica fino al 31 dicembre 2025, in attesa dei decreti ministeriali attuativi sulla determinazione degli indennizzi da corrispondere ai concessionari uscenti. Ma, secondo il Consiglio di Stato, anche in questo caso:

  • la proroga è illegittima per derivazione, essendo conseguente ad una revoca anch’essa viziata;
  • non può giustificarsi la revoca di una gara legittimamente avviata solo perché si attende un decreto ministeriale, la cui mancanza non costituisce ostacolo, secondo la stessa legge n. 118/2022, all’avvio delle gare.

Il richiamo al principio tempus regit actum è stato mal posto, perché nel caso di specie la normativa sopravvenuta contiene essa stessa una clausola di salvaguardia delle procedure già avviate. Da questo punto di vista l’obbligo di disapplicare norme nazionali contrastanti con la Direttiva Bolkestein grava anche sulle amministrazioni, non solo sui giudici (Corte di Giustizia UE, causa C-348/22, 20 aprile 2023). E le proroghe automatiche restano in palese violazione del diritto europeo.

Le conclusioni del Consiglio di Stato

L’appello è stato quindi accolto, annullando i provvedimenti di revoca della procedura di gara e confermando la legittimità della partecipazione del ricorrente alla gara. La sopravvenienza normativa non è, di per sé, una ragione sufficiente per revocare gare già avviate, soprattutto quando quella stessa normativa fa salve le procedure in corso.

Si riafferma l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di garantire procedure selettive trasparenti e imparziali per l’affidamento delle concessioni su risorse naturali scarse, come le aree demaniali marittime, senza alcuna possibilità di fare ricorso a “proroghe tecniche”, spesso utilizzata per dilazionare l’apertura al mercato e mantenere rendite di posizione in contrasto con il diritto eurounitario.

 

© Riproduzione riservata

Documenti Allegati