Contributo di costruzione: quando scatta l’esonero?

Il Consiglio di Stato chiarisce i limiti dell’art. 17, comma 3, lett. c) del Testo Unico Edilizia relativamente alle condizioni per l’esonero dal contributo di costruzione

di Redazione tecnica - 13/05/2025

Un impianto di trattamento rifiuti privato può beneficiare dell’esonero dal contributo di costruzione? Quali sono i presupposti normativi per rientrare nell’ipotesi di esclusione prevista dal d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)? E basta la semplice strumentalità al servizio pubblico per legittimare l’agevolazione?

Contributo di costruzione e impianto trattamento rifiuti: la sentenza del Consiglio di Stato

Ha risposto a queste domande il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2859 del 3 aprile 2025, che ci consente di approfondire il tema dell’esonero dal contributo di costruzione per impianti realizzati da soggetti privati, facendo chiarezza sui requisiti che legittimano l’applicazione dell’art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001.

Il caso oggetto della sentenza del Consiglio di Stato prende le mosse da un ricorso promosso da una società privata, titolare di un impianto di trattamento e recupero rifiuti, autorizzato ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente). A seguito del rilascio del titolo edilizio, il Comune aveva quantificato e richiesto il pagamento del contributo di costruzione. La società si era opposta, sostenendo che l’intervento rientrasse tra le ipotesi di esonero previste dalla prima parte della lett. c), comma 3, dell’art. 17 del Testo Unico Edilizia. Il TAR aveva accolto la tesi del privato, ma il Comune ha impugnato la decisione. Il Consiglio di Stato ha ribaltato l’esito del primo grado.

Ricordiamo che l’art. 17 del Testo Unico Edilizia disciplina le ipotesti di riduzione o esonero dal contributo di costruzione. In particolare, ai sensi della citata lettera c) del comma 3, è previsto che il contributo di costruzione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.

La linea interpretativa del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha preliminarmente chiarito che l’esonero dal contributo di costruzione richiede due condizioni concorrenti:

  • un vincolo oggettivo e indissolubile tra l’opera e l’erogazione del servizio pubblico;
  • l’inserimento dell’intervento all’interno di una pianificazione urbanistica pubblica.

Non è sufficiente, ha spiegato il Collegio, la semplice strumentalità dell’intervento al servizio pubblico, né la possibilità futura che l’opera diventi pubblica per effetto di convenzioni o accordi. Il discrimine è nella “diretta contribuzione” dell’opera all’erogazione di un servizio pubblico, con modalità oggettive e immediatamente riconoscibili.

In particolare, è stato ribadito che “l’opera deve contribuire con vincolo indissolubile all’erogazione diretta del servizio, non essendo sufficiente un rapporto strumentale, né la mera agevolazione della fruizione del servizio”.

Nel caso dell’impianto di trattamento rifiuti oggetto del ricorso, è emerso che:

  • l’intervento era realizzato da un soggetto privato, per finalità lucrative;
  • non era presente alcuna convenzione con l’amministrazione che ne sancisse il carattere pubblico;
  • mancava qualsiasi previsione dell’opera negli strumenti urbanistici comunali, trattandosi di una “variante puntuale” derivante dall’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 208 del Codice Ambientale.

Opere pubbliche, opere private e urbanistica: dove si colloca l’intervento?

Un punto chiave del ragionamento è il ruolo degli strumenti urbanistici. L’esonero previsto dall’art. 17, comma 3, lett. c), si applica solo alle opere realizzate in attuazione della pianificazione (“…in attuazione di strumenti urbanistici”). In altri termini, non è sufficiente che l’opera sia “autorizzata”, ma è necessario che sia prevista o comunque programmaticamente collocata nel contesto della pianificazione urbanistica locale.

Il Consiglio di Stato ha dunque chiarito che non è possibile assimilare l’autorizzazione ex art. 208 a una previsione urbanistica, poiché manca la “funzione conformativa” propria degli strumenti urbanistici. La variante urbanistica “derivata” non basta a legittimare l’esonero.

L’esonero come norma eccezionale

Infine, la sentenza ribadisce un principio di fondo già consolidato nella giurisprudenza amministrativa: l’esonero dal contributo di costruzione ha natura eccezionale e deve essere interpretato in senso restrittivo. Ogni deroga all’onerosità dell’intervento edilizio deve essere rigorosamente dimostrata.

La regola generale, ha precisato il Consiglio di Stato, è la corresponsione del contributo. L’esonero è l’eccezione, da applicare solo in presenza dei presupposti normativamente richiesti e in presenza di una chiara utilità pubblica diretta.

Conclusioni

Il nuovo intervento dei giudici di Palazzo Spada costituisce un importante punto di riferimento per tutti i tecnici coinvolti nella progettazione e nell’istruttoria di impianti tecnologici o industriali. In particolare:

  • non può parlarsi di esonero per interventi realizzati da soggetti privati, se manca una destinazione pubblica formalizzata e un vincolo oggettivo all’erogazione del servizio;
  • la strumentalità al servizio pubblico non basta: serve un coinvolgimento diretto dell’amministrazione, tramite atti convenzionali o previsione urbanistica;
  • l’autorizzazione ambientale unica (art. 208), pur legittimando l’opera sotto il profilo ambientale, non vale come pianificazione urbanistica e non legittima l’esonero.

È quindi fondamentale, già in fase di pianificazione progettuale, valutare con attenzione la natura dell’intervento e le previsioni urbanistiche di riferimento, al fine di evitare contenziosi e richieste contributive inattese.

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