Autotutela, affidamento e titoli edilizi: i limiti dell’annullamento secondo il Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato chiarisce quando l’Amministrazione può annullare una DIA edilizia: l’errore progettuale lieve e non doloso non giustifica l’autotutela, se è maturato un affidamento legittimo.
Quando può l’Amministrazione annullare d’ufficio una DIA edilizia dopo un lungo lasso di tempo? Quali margini di tutela ha il privato che ha fatto affidamento su un titolo abilitativo, anche se contenente imprecisioni progettuali? E che valore assume l’errore nella rappresentazione dei luoghi ai fini dell’autotutela amministrativa?
Annullamento in autotutela e DIA edilizia: la sentenza del Consiglio di Stato
A queste domande ha provato a rispondere il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2783 del 2 aprile 2025, offrendo un’interessante occasione di approfondimento per tecnici, amministratori e operatori del settore edilizio, su uno dei temi più rilevanti che riguardano la legittimità dei titoli edilizi: l’annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990 che negli ultimi anni ha subito diverse modifiche.
Il caso oggetto dell’intervento dei giudici di Palazzo Spada riguarda un intervento di ristrutturazione di un immobile per il quale erano state presentate una SCIA e 3 varianti di cui una avente ad oggetto l’ampliamento dell’edificio, previa traslazione dello stesso nel lotto di pertinenza, con avvicinamento al corso del fiume lungo il declivio.
In sede di verifica della documentazione presentata, il Comune rilevava la difformità tra quanto rappresentato nella DIA relativa ai cementi armati e la descrizione dell’orografia rappresentante lo stato dei luoghi antecedente l’intervento, contenuta nelle tavole progettuali dei titoli abilitativi. Per tali ragioni il Comune emetteva ordinanza di sospensione lavori.
A seguito di questa ordinanza, l’attuale ricorrente presentava istanza di sanatoria edilizia ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) che, però, veniva espressamente rigettata dal Comune e a cui seguiva:
- prima l’annullamento della denuncia di inizio attività;
- poi la contestazione dell’aumento della volumetria nel sottotetto, dell’irregolarità dei gradini del vano scala, della violazione delle distanze da un fabbricato limitrofo, nonché la difformità del monta-auto e della tinteggiatura del fabbricato, oltre che la violazione del limite della fascia di protezione di 20 m dal fiume Adige.
Alle contestazioni del Comune seguiva l’ordine di demolizione delle opere realizzate che veniva impugnato dinanzi al TAR che lo rigetta, ritenendo legittimo l’intervento comunale. Da qui il ricorso al Consiglio di Stato.
Il termine per l’annullamento d’ufficio: tra legge e giurisprudenza
Uno dei primi aspetti trattati dal Consiglio di Stato riguarda la tempestività dell’annullamento della DIA. Secondo i giudici di Palazzo Spada, il provvedimento comunale – risalente al 13 novembre 2015 – era effettivamente tempestivo, dal momento che la DIA era stata presentata prima della modifica dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990, introdotta dalla legge n. 124/2015.
La riforma ha inserito un termine massimo (prima 18, poi 12 mesi) per esercitare l’autotutela, superando il precedente criterio del “termine ragionevole”.
Tuttavia, secondo giurisprudenza consolidata, il nuovo termine non può applicarsi retroattivamente agli atti precedenti alla riforma, pena una compressione irragionevole della funzione pubblica di autotutela. Ne deriva che, per i provvedimenti adottati prima del 28 agosto 2015, il termine decorre solo da tale data.
Nel caso di specie, tra l’entrata in vigore della norma e l’annullamento erano trascorsi meno di tre mesi: l’Amministrazione ha dunque esercitato il potere nei limiti temporali consentiti.
Falsa rappresentazione e affidamento
La parte più rilevante della sentenza riguarda, però, la valutazione della buona fede del privato e il confine tra errore progettuale e falsa rappresentazione dolosa.
Il TAR aveva ritenuto insussistente un affidamento tutelabile, sostenendo che il progetto fosse viziato da un'erronea rappresentazione della morfologia del terreno, tale da falsare l’assentibilità del piano interrato. Il Consiglio di Stato ha dissentito in modo netto.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, l’art. 21-nonies, comma 2-bis, della L. 241/1990 consente l’annullamento anche oltre i termini solo in presenza di false rappresentazioni consapevoli o comunque rimproverabili, ossia imputabili a dolo o colpa grave del richiedente.
In particolare, il citato comma 2-bis dispone:
“I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445”.
L’interpretazione di tale disposizione deve, però, essere costituzionalmente orientata per evitare che un vizio progettuale incolpevole legittimi l’annullamento anche a distanza di anni. L’affidamento maturato da un cittadino che ha seguito la procedura, presentato un progetto e ottenuto un titolo non può essere sacrificato in assenza di un errore consapevole, grave e palese.
Nel caso concreto, il verificatore nominato in giudizio ha chiarito che l’errore nella rappresentazione del declivio era di lieve entità, non intenzionale, e attribuibile a un progettista subentrato a opera in corso, che non conosceva perfettamente lo stato originario dei luoghi.
Il Consiglio di Stato ha, quindi, ritenuto che “tale difformità non consapevole e lieve non giustifichi l’annullamento”.
In assenza di dolo, il margine di errore tecnico del progettista – se contenuto, motivato e privo di effetti sostanziali – non può giustificare l’annullamento tardivo del titolo, né tantomeno un ordine di demolizione.
Diniego di sanatoria e ordine di demolizione: un effetto domino
Altro aspetto di rilievo: la motivazione del diniego di sanatoria e le conseguenze sull’ordine di demolizione.
Il Consiglio di Stato ha censurato l’operato dell’Amministrazione, evidenziando che il preavviso di rigetto era stato riprodotto pedissequamente nel diniego finale, senza un’istruttoria effettiva né una motivazione rafforzata. In casi urbanisticamente complessi, la motivazione deve essere personalizzata e specifica, non generica o stereotipata.
Venuto meno il diniego di sanatoria e l’annullamento della DIA, crolla anche l’ordine di demolizione che su di essi si fondava. L’atto repressivo, privo di autonomi presupposti, non può sopravvivere alla caduta del titolo da cui trae origine.
Conclusioni
Il nuovo e interessante intervento del Consiglio di Stato rafforza alcuni punti fermi in materia di annullamento d’ufficio dei titoli edilizi e ne chiarisce i limiti alla luce del principio di affidamento. Per i professionisti e le amministrazioni coinvolte nella gestione dei procedimenti edilizi, emergono tre indicazioni operative fondamentali:
- Decorrenza dei termini per l’autotutela
Per le DIA e i titoli abilitativi formati prima del 28 agosto 2015, il termine massimo per l’esercizio dell’autotutela (oggi 12 mesi) non si applica retroattivamente. In questi casi, l’Amministrazione può ancora intervenire, ma entro un termine ragionevole, che deve comunque essere coerente con l’interesse pubblico e non eccessivamente dilatato nel tempo. Una valutazione concreta, caso per caso, resta dunque imprescindibile. - Errore progettuale, buona fede e falsa rappresentazione
L’autotutela “fuori termine” è ammessa solo in presenza di false rappresentazioni dei fatti consapevoli o gravemente colpose. L’errore tecnico, se lieve e non doloso, non può giustificare l’annullamento del titolo. La responsabilità progettuale va valutata con equilibrio, distinguendo tra irregolarità macroscopiche e difformità trascurabili che non alterano sostanzialmente l’assetto edilizio. In questo quadro, l’affidamento del privato diventa un valore giuridicamente rilevante e meritevole di tutela. - Invalidità derivata dell’ordine di demolizione
Se viene meno il presupposto (diniego di sanatoria o annullamento del titolo), decade anche l’efficacia dell’ordine di demolizione che su di esso si fondava. L’Amministrazione può adottare un nuovo provvedimento repressivo solo se dispone di nuovi e autonomi accertamenti istruttori, specifici e adeguatamente motivati. Non è ammessa la reiterazione automatica dell’ordine sulla base degli stessi elementi già invalidati.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 2 aprile 2025, n. 2783