Penali per lavori ultimati in ritardo: come si applicano?

Su espressa richiesta dell'operatore, la stazione appaltante può ridurre la penale nel caso di ritardo nell'ultimazione dei lavori? Ecco la risposta del supporto giuridico del MIT

di Redazione tecnica - 17/05/2025

In caso di ritardata ultimazione lavori, è possibile e legittimo far riferimento a quanto previsto all'art. 1384 del C.C., che prevede la disapplicazione della penale in funzione dell'effettivo interesse del creditore? Oppure il Codice Appalti prevede una procedura differente? Quali sono le valutazioni che la Stazione Appaltante è tenuta a fare?

Ritardo nell'ultimazione lavori: il MIT sull'applicazione delle penali

A fornire importanti indicazioni sull’applicazione (e disapplicazione) delle penali dovute per il ritardo nell’ultimazione dei lavori è il supporto giuridico del MIT, con il parere del 13 maggio 2025, n. 3430, in risposta a una stazione appaltante.

Il dubbio nasce dal fatto che mentre il d.P.R. n. 207/2010, tramite l'art. 145, comma 7, prevedeva l'ammissibilità della disapplicazione, totale o parziale, delle penali per ritardata ultimazione dei lavori, quando le penali fossero riconosciute manifestamente sproporzionate rispetto all'interesse della SA, la nuova normativa, compreso il correttivo al Codice dei Contratti 2023 (il d.Lgs. n. 209/2024, che ha appunto modificato il d.Lgs. n. 36/2023), non sembra fornire alcuna indicazione in merito.

 

Applicazione e riduzione penali: le previsioni del Codice Civile e del Codice Appalti

Spiega il MIT che l’art. 1384 del codice civile rappresenta una disposizione non sovrapponibile alla disciplina delle penali nel codice dei contratti pubblici, come anche evidenziato da ANAC nella delibera del 17 gennaio 2024 n. 73.

Infatti nel Codice civile la penale, prevista all’art. 1382, è legata all’inadempimento o al ritardo dell’adempimento, mentre il Codice appalti ne dispone l’applicazione a carico dell’esecutore nel solo ed unico caso di ritardo nell’esecuzione delle prestazioni. Per altro, la c.d. reductio ad aequitatem civilistica presuppone un intervento dall'esterno del giudice, che può ridurre la penale con una pronuncia costitutiva.

Sull’applicazione dell’art. 1384 del codice civile, in tema di riduzione della clausola penale da parte del giudice in base “all’interesse che il creditore aveva all'adempimento”, il MIT sottolinea che, come confermato dalla giurisprudenza, il criterio al quale il giudice deve ispirarsi per esercitare il potere di riduzione della penale contrattualmente prevista non è la valutazione del danno che sia stato accertato o risarcito, ma l’interesse che la parte ha, secondo le circostanze, all’adempimento della prestazione cui ha diritto, precisandosi che tale valutazione deve essere riferita al momento in cui si è concluso il contratto cui accede, e non a quello nel quale viene chiesto il pagamento”.

Nel Codice dei contratti pubblici vigente, all’art. 126:

  • non è prevista l’ipotesi della disapplicazione, totale o parziale, delle penali;
  • non si ripropone l'impostazione di cui al d.P.R. n. 207/2010.

 

Il parere del MIT

Il supporto giuridico conferma che l’abrogazione dell’articolo 145, comma 7, del d.P.R. n. 207/2010 ha eliminato la possibilità per l’esecutore di richiedere, con un’istanza motivata, la riduzione della penale qualora risultasse manifestamente sproporzionata.

L'art. 126 del d.Lgs. n. 36/2023 non è prevista l’ipotesi della disapplicazione, totale o parziale, delle penali, nè si ripropone l'impostazione di cui al d.P.R. n. 207/2010.

Ne deriva che la stazione appaltante, se non è contemplato dalla lex specialis - non può procedere alla riduzione della penale. Diversamente, si tratterebbe di una disapplicazione di un atto amministrativo non ammessa dal nostro ordinamento.

Qualora la stazione appaltante volesse procedere così, dovrà effettuare un intervento in autotutela sui documenti di gara, disciplinando in modo specifico la possibilità di riduzione e le relative condizioni.

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