Cambio di destinazione d’uso unità seminterrate e al primo piano fuori terra: i limiti del Salva Casa

Il TAR Lazio chiarisce che, in assenza della normativa regionale prevista dall’art. 23-ter del Testo Unico Edilizia, il cambio di destinazione d’uso “verticale” resta soggetto a permesso di costruire.

di Redazione tecnica - 19/05/2025

Tra le novità introdotte dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa) spicca la riformulazione dell’art. 23-ter del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), che disciplina il cambio di destinazione d’uso. La nuova versione della norma punta a semplificare le procedure, differenziando tra mutamenti “orizzontali” (tra categorie omogenee) e “verticali” (tra categorie funzionalmente autonome).

In particolare, il legislatore ha introdotto una disciplina semplificata per il mutamento d’uso delle singole unità immobiliari, anche tra categorie diverse, come il passaggio da magazzino a residenziale. Ma con un'importante eccezione: per le unità poste al primo piano fuori terra o nei piani seminterrati, la nuova disciplina non è automaticamente applicabile.

La norma “incompleta”: serve l’intervento regionale

L’art. 23-ter, comma 1-quater, ultimo periodo, stabilisce infatti che:

Per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate il cambio di destinazione d'uso è disciplinato dalla legislazione regionale, che prevede i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni dei commi da 1-ter a 1-quinquies si applicano anche a dette unità immobiliari”.

Tradotto: senza una legge regionale che consenta ai Comuni di applicare la semplificazione anche a queste unità, il cambio di destinazione d’uso resta soggetto a permesso di costruire.

Il caso deciso dal TAR Lazio

Con la sentenza n. 8313 del 29 aprile 2025, il TAR Lazio ha confermato questo principio. Il caso riguardava il cambio di destinazione d’uso di un seminterrato da magazzino a residenziale, eseguito mediante SCIA. Il Comune, ritenendo necessaria l’autorizzazione tramite permesso di costruire, ha ordinato la sospensione dei lavori e la demolizione delle opere.

Il TAR ha dato ragione all’amministrazione, chiarendo che:

  • il cambio d’uso tra categorie funzionali diverse integra una modificazione edilizia rilevante, anche senza opere strutturali;
  • il mutamento incide sul carico urbanistico, valutato in base alla nuova superficie utile residenziale;
  • in assenza della disciplina regionale, non si applicano le semplificazioni del Salva Casa, neppure per le singole unità.

Il principio consolidato

I giudici hanno richiamato il consolidato principio secondo cui:

Il cambio di destinazione d’uso tra categorie edilizie funzionalmente autonome comporta una modificazione edilizia con effetti sul carico urbanistico e richiede il permesso di costruire, anche in assenza di opere strutturali o rilevanti esternamente”.

Conferma ulteriore già arrivata dalle Linee di indirizzo e criteri interpretativi del MIT, le quali ribadiscono che, per rendere applicabili le semplificazioni del Salva Casa alle unità al primo piano o seminterrate, è necessario che le Regioni individuino le zone interessate attraverso strumenti urbanistici comunali.

Conclusioni

Il nuovo art. 23-ter si propone di semplificare, ma resta incompleto senza l’attuazione regionale prevista dal comma 1-quater. In assenza di tale disciplina, i tecnici e i cittadini rischiano di ritenere erroneamente applicabile la SCIA anche nei casi in cui, invece, è ancora necessario il permesso di costruire.

La sentenza del TAR Lazio è un importante richiamo alla prudenza: il mutamento di destinazione d’uso “verticale” per unità situate al primo piano fuori terra o nei seminterrati resta, fino a nuovo intervento legislativo regionale, soggetto al regime ordinario. E quindi a possibili sanzioni demolitorie in caso di errata qualificazione.

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