Ampliamenti, CILA inefficace e tolleranze fuori contesto: interviene il TAR

Il TAR Lazio chiarisce che la chiusura di una loggia costituisce ampliamento e richiede il permesso di costruire. Nessuna sanatoria automatica con la CILA o tolleranze edilizie postume.

di Redazione tecnica - 20/05/2025

Quando una loggia chiusa può essere considerata parte della superficie utile abitabile? Quali sono i limiti di applicazione delle tolleranze edilizie? E una CILA può legittimare interventi che comportano un incremento di volumetria?

Loggia chiusa e aumento della SUL: la sentenza del TAR Lazio

A queste domande ha risposto il TAR Lazio con la sentenza n. 9474 del 19 maggio 2025, che ha confermato l’ordine di demolizione per un intervento eseguito in assenza del necessario permesso di costruire. Una pronuncia che consente di approfondire due aspetti centrali del sistema edilizio post Salva Casa:

  • l’efficacia dei titoli edilizi dichiarativi (come la CILA);
  • l’ambito applicativo delle tolleranze edilizie, soprattutto in relazione al previgente art. 34, comma 2-ter, del d.P.R. n. 380/2001.

La vicenda riguarda un immobile oggetto di due CILA: una del 2018 per diversa distribuzione interna e chiusura di una loggia; l’altra del 2020 per modifiche distributive. Nel corso di un sopralluogo nel 2021, l’Amministrazione accertava che la loggia era stata integralmente inglobata nel soggiorno, comportando un incremento della superficie utile abitabile.

Di conseguenza, la CILA del 2018 veniva dichiarata inefficace, essendo l’intervento riconducibile non alla manutenzione straordinaria ma a un ampliamento, da assentire esclusivamente con permesso di costruire.

La difesa tecnica: tolleranza edilizia e conformazione originaria

Nel corso del procedimento, è stato sostenuto che l’intervento fosse stato male rappresentato nella CILA, ma che la loggia fosse già, sin dall’origine, chiusa su tre lati e configurata come superficie interna, dunque abitabile. Secondo la difesa, si trattava di una situazione preesistente, da ricondurre entro le tolleranze edilizie allora vigenti (art. 34, comma 2-ter), con uno scostamento inferiore al 2%.

Il professionista che aveva redatto la CILA del 2018 avrebbe quindi erroneamente qualificato l’intervento come “chiusura della loggia”, anziché come mera regolarizzazione di uno stato di fatto già conforme.

Il punto dell’Amministrazione: non una tolleranza, ma un ampliamento

L’Amministrazione ha rigettato questa impostazione, sostenendo che la trasformazione della loggia in vano abitabile costituisse un ampliamento e come tale non potesse essere assentito con CILA. Il provvedimento di inefficacia è stato accompagnato da ordine di demolizione, poi confermato in giudizio.

Nel proprio atto difensivo, l’Amministrazione ha richiamato la definizione tecnica di “loggia” contenuta nel Regolamento edilizio-tipo, sottolineando l’infondatezza del richiamo all’art. 34, comma 2-ter, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), ritenendo che non si trattasse di lieve difformità costruttiva, ma di trasformazione con rilevanza urbanistica.

Il TAR: due errori insuperabili

Il TAR ha respinto il ricorso, rilevando due profili decisivi:

  • il provvedimento di inefficacia della CILA non era stato impugnato nei termini, ed è quindi divenuto definitivo;
  • il richiamo all’art. 34, comma 2-ter (oggi abrogato), è stato considerato improprio: tale norma si riferiva esclusivamente a lievi difformità costruttive rilevate in corso d’opera, e non legittimava ex post l’ampliamento di superfici accessorie.

Ricordiamo che l’art. 34, comma 2-ter, stabiliva: “Ai fini dell'applicazione del presente articolo, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali”.

La loggia chiusa è un ampliamento

Il TAR ha ribadito che una loggia – intesa come spazio coperto ma aperto su almeno un lato – è un vano accessorio. La sua chiusura e trasformazione in parte integrante del soggiorno comporta un incremento della SUL, con aggravio del carico urbanistico. Tale trasformazione è configurabile come ampliamento, e non può rientrare in alcuna tolleranza.

Le planimetrie allegate alla CILA, secondo il giudice, mostravano chiaramente l’integrazione della loggia nel soggiorno, con incremento delle superfici interne.

La pronuncia ha confermato anche sul piano logico-giuridico che “la peculiare conformazione della loggetta – chiusa su tre lati e accessibile – non ne muta la natura originaria di vano accessorio”. E ha richiamato la definizione tecnica secondo cui la loggia, se trasformata in vano chiuso, perde la sua funzione pertinenziale e assume natura abitativa, con conseguente necessità di un titolo abilitativo idoneo.

Conclusioni

La sentenza rafforza due principi fondamentali:

  • la CILA è utilizzabile solo per interventi compatibili con la sua natura dichiarativa. Qualora legittimi un ampliamento, può essere dichiarata inefficace;
  • le tolleranze edilizie non possono essere utilizzate per sanare ex post un incremento di volumetria. L’art. 34, comma 2-ter, oggi abrogato, si applicava solo a lievi difformità rilevate durante l’esecuzione dei lavori, non a trasformazioni urbanisticamente rilevanti.

Si ricorda, infine, che nonostante le modifiche apportate al Testo Unico Edilizia dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa) – ed, in particolare, l’ampliamento degli interventi di edilizia libera – la chiusura di una loggia rientra tra gli interventi che non necessitano del titolo edilizio solo a determinate condizioni (art. 6, comma 1, lettera b-bis), d.P.R. n. 380/2001). Condizioni che vengono meno allorquando la chiusura della loggia comporta anche un cambio di destinazione d’uso.

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