Gazebo e strutture leggere: non sempre è edilizia libera
Quali caratteristiche deve avere il gazebo per rientrare in edilizia libera? Come e da quando si applica il Salva Casa per questa tipologia di manufatti? Ne parla il TAR in un'interessante sentenza
Una struttura in apparenza semplice come un gazebo può sollevare questioni complesse sul piano edilizio. Si tratta davvero di un manufatto sempre riconducibile all’edilizia libera o richiede un titolo abilitativo? La risposta dipende da una serie di elementi oggettivi: temporaneità, amovibilità, impatto urbanistico, materiali e dimensioni.
La sentenza del TAR Lazio del 5 maggio 2025, n. 8684 si inserisce nel solco di una consolidata giurisprudenza in materia, ribadendo che anche una struttura priva di fondazioni può richiedere la SCIA, se crea uno spazio chiuso autonomamente fruibile e non temporaneo.
Edilizia libera: quando le strutture leggere non richiedono titolo edilizio
Ricordiamo che ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. b-ter) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), rientrano in edilizia libera “le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici” come tende, tende a pergola, anche bioclimatiche, dotate di telo retrattile e strutture fisse leggere, a condizione che non comportino la creazione di uno spazio stabilmente chiuso.
Perché un gazebo o una tettoia siano legittimamente realizzabili senza titolo edilizio devono essere soddisfatti i seguenti requisiti:
- struttura leggera e facilmente amovibile, priva di fondazioni e destinata ad uso accessorio;
- assenza di chiusure laterali fisse e assenza di impianti permanenti;
- finalità ornamentale o temporanea, con utilizzo stagionale limitato a 180 giorni (art. 6, comma 1, lett. e-bis), d.P.R. n. 380/2001);
- armonizzazione con l’edificio esistente, in termini di ingombro e impatto visivo.
Casi in cui serve la SCIA o il permesso di costruire
Qualora anche solo uno di questi elementi venga meno, la struttura è considerata un intervento rilevante dal punto di vista urbanistico, con conseguente necessità di SCIA o addirittura di permesso di costruire.
Come anche precisato dalla Corte di Cassazione, non possono considerarsi “manufatti leggeri, i manufatti implicanti la creazione di spazio chiuso al servizio di esigenze non temporanee di attività commerciale” e ciò in quanto “tale installazione integra, pertanto, un intervento di nuova costruzione ex art. 3, comma 1, lett. e.5), d.P.R. citato, idoneo a determinare la trasformazione urbanistico-edilizia del territorio e soggetto, come tale, a regime autorizzatorio”.
Nel caso specifico, la struttura realizzata era una copertura metallica di 9,20 x 4 metri, con elementi in vetro e plexiglass, chiusure laterali in PVC, due porte d’accesso, impianto elettrico, pavimentazione completa, e uso stabile per l’attività di somministrazione.
Tali caratteristiche l'hanno resa incompatibile con il regime di edilizia libera.
In particolare, il manufatto:
- presenta dimensioni rilevanti e materiali permanenti;
- è chiuso su tutti i lati e dotato di impianti;
- è funzionale a un’attività commerciale non temporanea;
- è ancorato stabilmente al suolo, pur se privo di fondazioni.
Si tratta di un nuovo volume urbanisticamente rilevante, per il quale è necessaria almeno la SCIA, in quanto incide sulla sagoma dell’edificio, sul carico urbanistico e sulla trasformazione del territorio.
Salva Casa: no all'applicazione retroattiva delle norme
Nel ricorso esaminato dal TAR Lazio, inerente l’annullamento della multa per la realizzazione di un gazebo di 36 mq totalmente chiuso sui lati, con copertura, impianto elettrico e pavimentazione il proprietario aveva invocato l’applicabilità del cosiddetto “Decreto Salva Casa” (D.L. n. 69/2024, convertito nella Legge n. 105/2024) per ottenere la caducazione della sanzione.
Secondo il ricorrente, le modifiche apportate al d.P.R. n. 380/2001 sarebbero interpretative di una giurisprudenza consolidata con possibile efficacia retroattiva e comunque applicabili in base al principio della lex mitior.
Il Collegio ha respinto tutte le argomentazioni in merito, specificando che:
- il decreto Salva Casa non ha efficacia retroattiva, in assenza di una specifica disposizione di diritto intertemporale. Come per ogni norma, vige il principio generale del tempus regit actum, secondo cui si applica la normativa vigente alla data di adozione dell’atto;
- la qualificazione del “Salva Casa” come norma interpretativa è infondata: non si tratta di mera codificazione di giurisprudenza consolidata, ma di interventi normativi innovativi;
- il principio della lex mitior non si applica alle sanzioni amministrative non afflittive, bensì solo a quelle di natura sostanzialmente penale, come chiarito dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale;
- Infine, anche nella nuova formulazione dell’art. 6, comma 1, lett. b-ter), la norma esclude esplicitamente le opere che determinano “la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e superfici”.
Conclusioni
Il ricorso è stato quindi respinto: il gazebo era privo del titolo abilitativo in forza di un’erronea convinzione di “automatismo” nella qualificazione come edilizia libera.
L’elemento determinante per la corretta qualificazione del manufatto è la sua effettiva incidenza sull’assetto edilizio e urbanistico: volumetria, chiusura, autonomia funzionale e impatto sul territorio.
Non solo: anche in presenza del “Salva Casa”, il legislatore ha posto precisi limiti alla liberalizzazione di queste opere, confermando l’esigenza di uno scrutinio tecnico-giuridico puntuale, con una valutazione caso per caso della reale compatibilità dell’opera con i presupposti richiesti dall’art. 6 del d.P.R. n. 380/2001 e dalla normativa regionale vigente.
Documenti Allegati
Sentenza