Parità di genere nei bandi: la clausola premiale è obbligatoria?

L’inserimento di criteri premiali per le imprese in possesso di certificazione di parità di genere è discrezionale oppure no? Ecco la risposta di ANAC

di Redazione tecnica - 22/05/2025

L’inserimento di criteri premiali volti a valorizzare le imprese in possesso della certificazione di parità di genere è solo una facoltà discrezionale delle stazioni appaltanti? Oppure si tratta di un obbligo inderogabile la cui mancanza può determinare l’invalidità dell’intera procedura?

Certificazione parità di genere: ANAC sull'obbligo dei criteri premiali

A sciogliere ogni dubbio interviene la delibera ANAC 9 aprile 2025, n. 145, che richiama con forza l’obbligo per le stazioni appaltanti di rispettare quanto stabilito dall’art. 108, comma 7, del d.lgs. n. 36/2023, pena l’illegittimità della lex specialis e l’annullamento della gara.

La questione è sorta in merito ad una procedura negoziata senza bando ex art. 50 comma 1 lett. e) per l’affidamento di un servizio, in cui non era stata inserita alcuna previsione in merito al punteggio aggiuntivo da attribuire alle imprese in possesso della certificazione di parità di genere.

La stazione appaltante si è giustificata affermando che, nella lettera d’invito, era comunque previsto un obbligo per l’aggiudicatario di garantire una quota pari almeno al 25% delle assunzioni necessarie riservata a giovani, donne o persone con disabilità, in ossequio all’art. 102 del Codice dei Contratti Pubblici.

Tuttavia, l’ANAC ha ritenuto insufficiente tale previsione, chiarendo che essa non costituisce attuazione dell’art. 108, comma 7, ma un adempimento autonomo previsto da una diversa norma del Codice.

 

Clausole sociali e criteri premiali: le previsioni del Codice Appalti

Il Codice dei Contratti Pubblici, di cui al d.lgs. n. 36/2023, distingue tra:

  • art. 102, che impone obblighi in materia di clausole sociali (occupazione giovanile, femminile e inclusiva);
  • art. 108, comma 7, che introduce un criterio premiale per le imprese che abbiano adottato politiche di parità di genere, dimostrabili mediante certificazione.

In particolare, il comma 7 prevede che «al fine di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere, comprovata dal possesso della certificazione di cui all’articolo 46-bis del d.lgs. n. 198/2006».

Tale disposizione, come ribadito dalla giurisprudenza e dalla Relazione illustrativa al Codice, ha natura vincolante, non potendo essere surrogata da altre misure – pur con finalità simili – non previste dalla legge.

 

Il parere di ANAC

Secondo ANAC, l’inserimento di impegni in materia occupazionale (es. assunzioni riservate) non equivale all’introduzione del criterio premiale richiesto dall’art. 108. I due strumenti operano su piani distinti:

  • l’art. 102 stabilisce oneri contrattuali per l’aggiudicatario;
  • l’art. 108 definisce un criterio di valutazione dell’offerta, valido per tutti i concorrenti.

Non solo: il punteggio premiale deve essere assegnato in automatico al possesso della certificazione, senza bisogno di progetti valutabili discrezionalmente. Si tratta di una condizione oggettiva, volta a valorizzare la struttura organizzativa dell’impresa già impegnata su questi temi.

Sulla base di questi presupposti, spiega l'Autorità, la clausola premiale per la parità di genere è obbligatoria, e deve essere inserita espressamente nella documentazione di gara, insieme alle modalità di verifica del possesso della certificazione di parità di genere, rilasciata ai sensi dell’art. 46-bis del d.lgs. n. 198/2006 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna).

Il mancato inserimento di questa clausola rappresenta un vizio della lex specialis e comporta l’annullamento della procedura, con l’invito alla stazione appaltante a riavviare la gara secondo le prescrizioni di legge.

Da qui l’invito ad annullare la procedura e a bandirne eventualmente una nuova in conformità alle indicazioni contenute nella delibera: questo perché la mancata previsione del punteggio premiale per la parità di genere comporta l’illegittimità della procedura, anche se sono presenti clausole sociali in linea con altre disposizioni del Codice.

 

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