Cambio di destinazione d’uso e abusi edilizi: il TAR conferma la demolizione

Continua a rimanere un intervento sanzionabile il cambio di destinazione d'uso con opere da non residenziale a residenziale, effettuato senza titolo edilizio

di Redazione tecnica - 22/05/2025

Pur se frazionati e apparentemente minori, diversi interventi nel loro insieme possono determinare una trasformazione sostanziale dell’immobile e configurare un abuso edilizio. Non solo:  quando i lavori comportano un cambio di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale e sono eseguiti senza il necessario titolo abilitativo, le conseguenze possono essere rilevanti.

Cambio di destinazione d'uso da non residenziale a residenziale: ci vuole il permesso di costruire?

A spiegarlo è il TAR Lazio con la sentenza del 12 maggio 202, n. 9067 in relazione all’ordine di demolizione ingiunto da un’Amministrazione per una serie di opere realizzate in assenza dei necessari titoli abilitativi, consistenti in:

  • realizzazione di un portico e di un terrazzo sovrastante, con scala in ferro di collegamento;
  • realizzazione di una pensilina lungo due lati dell’edificio;
  • modifica delle tramezzature interne e dei prospetti;
  • cambio di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale di porzioni del piano seminterrato e della veranda;
  • realizzazione di un manufatto in cemento con destinazione d’uso residenziale.

Il ricorrente sosteneva che molte di queste opere fossero pertinenze, riconducibili ad interventi di edilizia libera, o al più soggetti a SCIA, e che il cambio di destinazione d’uso non fosse rilevante ai fini edilizi in quanto non comportava aumento di volume o di carico urbanistico.

Il quadro normativo di riferimento

Il riferimento normativo centrale nella sentenza è costituito dal d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). In particolare:

  • l’art. 3 individua gli interventi edilizi soggetti a titolo abilitativo, distinguendo tra manutenzione, risanamento, ristrutturazione e nuova costruzione;
  • l’art. 10, comma 1, lett. c), richiede il permesso di costruire per gli interventi di ristrutturazione edilizia “che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”;
  • l’art. 31 disciplina la repressione degli abusi edilizi, prevedendo l’ordine di demolizione con acquisizione gratuita al patrimonio comunale in caso di inottemperanza;
  • l’art. 23-ter regola il cambio di destinazione d’uso, stabilendo che quello “urbanisticamente rilevante” è soggetto a permesso di costruire se comporta il passaggio da una categoria funzionale all’altra.

 

Il cambio di destinazione d’uso alla luce del “Salva Casa”

Vale la pena ricordare che, con l’entrata in vigore del D.L. n. 69/2024 (convertito in L. n. 105/2024), c.d. “Decreto Salva Casa”, è stato parzialmente modificato l’art. 23-ter del TUE in materia di cambio di destinazione d’uso, sia con opere che senza opere, sia all'interno della stessa categoria funzionale (orizzontale) che tra categorie diverse (verticale).

Le nuove disposizioni hanno semplificato la disciplina dei mutamenti d’uso nell’ambito della medesima categoria funzionale, prevedendo che essi possano avvenire senza opere e mediante comunicazione, oppure con opere previa SCIA.

Per quanto riguarda il mutamento di destinazione d’uso tra categorie funzionali diverse il comma 1-quater dispone che esso è sempre consentito, a determinate condizioni e non è assoggettato:

  • all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale (previsto dal DM n. 1444/1968 e dalle normative regionali),
  • al vincolo della dotazione minima obbligatoria di parcheggi previsto dalla Legge n. 1150/1942.

Rimane fatta la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di disciplinare specifiche condizioni, purché adottate successivamente all’entrata in vigore della Legge n. 105/2024.

La novella normativa non è applicabile retroattivamente a procedimenti ormai conclusi e non è invocabile per giustificare un mutamento della destinazione d’uso da non residenziale a residenziale, trattandosi di passaggio tra categorie diverse e quindi urbanisticamente rilevante. 

Inoltre, la presenza di elementi stabili e funzionali (impianti, arredi fissi, tramezzature, servizi igienici) nel caso in denota un utilizzo strutturale degli ambienti, integrando comunque un effettivo cambio d’uso soggetto a permesso di costruire.

 

No a valutazioni atomistiche degli abusi

Il TAR ha quindi respinto il ricorso e riconosciuto la fondatezza della ricostruzione dell’Amministrazione, la quale, attraverso sopralluogo e documentazione fotografica, ha accertato l’effettivo mutamento funzionale degli spazi, ormai adibiti stabilmente a residenza. Il giudice ha anche richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in presenza di una pluralità di opere abusive, non è ammissibile una valutazione parcellizzata ma è necessario un esame unitario dell’impatto complessivo sul territorio.

Ne deriva l’assoggettamento degli interventi al permesso di costruire, trattandosi di trasformazioni edilizie incidenti sulla destinazione d’uso e sulla configurazione dell’immobile. La combinazione delle opere realizzate – terrazzo, portico, scala, veranda chiusa, pensilina, tramezzi interni, cambio di destinazione – ha comportato una trasformazione edilizia sostanziale dell’immobile, con aumento del carico urbanistico.

È pertanto legittimo l’esercizio del potere repressivo da parte del Comune, culminato nell’ordine di demolizione in quanto:

  • la pluralità di opere prive di titolo, seppur singolarmente riconducibili a interventi minori, può assumere, nel loro complesso, rilevanza tale da integrare una trasformazione edilizia significativa e giustificare l’ordine di demolizione;
  • il cambio di destinazione d’uso tra categorie funzionali diverse continua a richiedere un titolo edilizio espresso e non può essere sanato ex post se privo delle condizioni previste dalla normativa.
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