Riforma Codice dei beni culturali: autorizzazione paesaggistica e silenzio-assenso al centro

In audizione al Senato, Unitel sulla riforma del D.Lgs. n. 42/2004 si concentra su silenzio-assenso, pareri non vincolanti e nuove competenze per i Comuni

di Gianluca Oreto - 23/05/2025

Da oltre vent’anni, il sistema normativo che regola edilizia e urbanistica procede per slogan e interventi frammentari, più che attraverso riforme organiche capaci di delineare un progetto di futuro. L’esperienza recente del “Salva Casa” lo conferma: un intervento d’urgenza nato per semplificare, ma privo di una visione strutturata. E il rischio che la storia si ripeta è concreto con il disegno di legge n. 1372, ora all’esame del Senato, che affida al Governo la revisione delle procedure di autorizzazione paesaggistica.

Il punto, tuttavia, non è soltanto cosa si modifica, ma come si costruiscono le norme. Ben vengano le audizioni e i momenti di ascolto, ma è necessario che i testi normativi nascano da commissioni tecniche formalmente istituite, con esperti qualificati di varia estrazione — giuristi, urbanisti, tecnici, amministratori. Serve un metodo trasparente e partecipato, che superi la logica delle “camere segrete” dove spesso le leggi vengono redatte da soggetti sconosciuti persino a chi dovrà poi applicarle.

Un modello virtuoso da replicare esiste già: è quello adottato per la redazione del D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici), elaborato con il contributo diretto di una commissione tecnico-giuridica multidisciplinare (che certamente può e deve essere ampliata e meglio strutturata). Solo così è possibile produrre norme realmente operative, condivise e applicabili.

I contenuti del DDL n. 1372: semplificazione o riduzione delle tutele?

Il disegno di legge n. 1372, presentato al Senato il 5 febbraio 2025 e all’esame delle Commissioni del Senato dal 13 maggio 2025, ha l’obiettivo di semplificare le procedure di autorizzazione paesaggistica, ridurre i tempi amministrativi e rafforzare la capacità decisionale degli enti locali. Tuttavia, diverse disposizioni sollevano dubbi sull’equilibrio tra semplificazione e tutela.

Silenzio-assenso dopo 45 giorni

La novità più rilevante riguarda l’introduzione del meccanismo del silenzio-assenso: se la Soprintendenza non si esprime entro 45 giorni, il parere si intende favorevole, e l’amministrazione competente può procedere. Questo automatismo vale anche per le sanatorie paesaggistiche di cui agli articoli 167 e 181 del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali).

Pareri obbligatori ma non più vincolanti

Il parere della Soprintendenza perde la sua vincolatività (art. 152), lasciando ai Comuni la responsabilità finale, anche nei casi in cui vi sia dissenso tra enti. La norma non distingue tra territori con o senza Piani Paesaggistici Regionali approvati, aumentando il rischio di decisioni disomogenee.

Esenzioni più ampie dall’autorizzazione

Il DDL prevede l’estensione dell’elenco degli interventi sottratti all’autorizzazione paesaggistica, includendo anche opere soggette a CILA o SCIA con incremento volumetrico fino al 20% dell’esistente, purché compatibili col carattere dell’immobile.

Delega al Governo per la riscrittura del sistema

Attraverso l’art. 3, il Governo è delegato a riscrivere in modo organico la disciplina dell’autorizzazione paesaggistica, attenendosi a criteri come:

  • esclusione dei pareri per interventi “lievi” (All. B, DPR 31/2017);
  • centralizzazione al Ministero per le infrastrutture strategiche;
  • autocertificazione tecnica per interventi ripetitivi;
  • sportelli unici autorizzativi presso i Comuni;
  • salvaguardia delle aree di “rilevanza paesaggistica nazionale”, da individuare annualmente.

L’audizione di UNITEL: una voce tecnica a servizio del legislatore

Il 29 aprile 2025, le Commissioni Ambiente e Cultura del Senato hanno ascoltato in audizione il geom. Salvatore Di Bacco, Coordinatore del Comitato Scientifico UNITEL. Il contributo ha offerto una visione tecnico-operativa che ha evidenziato con chiarezza i rischi connessi alle scelte contenute nel DDL.

Di Bacco ha evidenziato come il silenzio-assenso, se applicato a procedimenti tecnici complessi come l’autorizzazione paesaggistica, possa diventare un automatismo privo di garanzie. In assenza di un parere formalizzato, la decisione passa integralmente ai Comuni, esponendoli a contenziosi e ad azioni di responsabilità.

Particolarmente critica è la previsione di pareri obbligatori ma non vincolanti: nei territori privi di Piano Paesaggistico Regionale aggiornato, il Comune si troverebbe a decidere in autonomia anche in casi di dissenso con la Soprintendenza, senza strumenti tecnici o giuridici per sostenere una scelta diversa.

L’audizione ha anche sollevato perplessità sull’ampliamento del 20% in edilizia libera o SCIA, giudicato eccessivo e potenzialmente incompatibile con il principio di compatibilità paesaggistica. Il rischio è che, sotto il cappello della “semplificazione”, si producano effetti irreversibili sul territorio.

UNITEL ha colto l’occasione per proporre un cambio di passo: servono riforme costruite con metodo, non su impulso. Serve una commissione tecnica come quella utilizzata per il Codice dei contratti pubblici, che metta insieme giuristi, urbanisti, tecnici della PA, e non testi scritti in ambienti opachi da soggetti spesso privi di reale competenza applicativa.

Conclusioni: semplificare sì, ma con visione e responsabilità

La riforma dell’autorizzazione paesaggistica non può essere ridotta a un’operazione di alleggerimento burocratico. Il paesaggio non è un ostacolo allo sviluppo, ma un patrimonio da tutelare e gestire con competenza.

Il DDL n. 1372 contiene disposizioni potenzialmente destabilizzanti, che vanno ben oltre la semplificazione. Senza piani paesaggistici aggiornati, senza linee guida operative e senza una regia tecnica nazionale, si rischia di creare un sistema disomogeneo e privo di controllo effettivo.

L’audizione di UNITEL ha richiamato il legislatore a una riflessione più ampia: servono leggi scritte con i tecnici, non contro la tecnica. E serve, prima ancora delle norme, un metodo. Perché il paesaggio non si tutela con i decreti, ma con la competenza, la responsabilità e la capacità di visione.

© Riproduzione riservata