Bonus casa e sconto in fattura: impresa responsabile anche del mancato beneficio fiscale
Una recente sentenza del Tribunale di Taranto chiarisce che, in caso di sconto in fattura, l’impresa è soggetto qualificato e responsabile anche se il bonus non si attiva. Non si può scaricare la colpa sul committente.
La sentenza n. 1112/2025 del 13 maggio 2025 del Tribunale di Taranto trae origine da un contratto d’appalto stipulato tra una società esecutrice di lavori edili e due committenti private, avente ad oggetto la realizzazione di opere di manutenzione straordinaria su un immobile residenziale. Il corrispettivo pattuito ammontava a circa 56.840 euro, ma prevedeva il ricorso al meccanismo dello sconto in fattura al 50%, ai sensi del D.L. 34/2020 (Bonus casa).
I pagamenti avvenivano in parte tramite bonifico e in parte con sconto applicato direttamente in fattura, come confermato sia dai documenti bancari che dal contratto stesso, che prevedeva espressamente il coinvolgimento dell’impresa nell’iter fiscale. Nonostante questo, a distanza di qualche mese dall’avvio del cantiere, l’appaltatrice sospendeva unilateralmente i lavori, imputando alla committente la mancata trasmissione della rinuncia alla detrazione in favore dello sconto in fattura all’Agenzia delle Entrate.
Le richieste delle parti
La ditta appaltatrice ha convenuto le committenti chiedendo la risoluzione del contratto per loro presunto inadempimento, con condanna al pagamento del saldo residuo del corrispettivo, per un totale di oltre 52.000 euro tra saldo lavori, materiali extra e danni patrimoniali.
Le committenti, dal canto loro, hanno chiesto in via riconvenzionale la risoluzione del contratto per inadempimento grave da parte dell’appaltatrice, sottolineando come quest’ultima avesse percepito acconti superiori alle lavorazioni effettivamente eseguite (solo il 45% secondo le loro stime), abbandonando il cantiere in assenza di motivazioni legittime. Hanno inoltre evidenziato che una delle due committenti era una pensionata novantenne, priva di strumenti e competenze per gestire autonomamente adempimenti complessi come quelli fiscali.
Centralità del ruolo dell’impresa: soggetto “qualificato” e titolare del credito
Il cuore della decisione sta nella ricostruzione operata dal Giudice in merito alla natura dello sconto in fattura: secondo il Tribunale, nel caso in esame, il “vero” beneficiario dell’agevolazione fiscale non era il committente bensì l’impresa appaltatrice, titolare del credito fiscale generato dal lavoro eseguito.
Come spiega la sentenza: «Gli adempimenti per ottenere il beneficio fiscale nel caso dello sconto in fattura sono giocoforza a cura dell’impresa», «Può allora ritenersi davvero […] che le committenti, al di là del contenuto testuale della delega, dovessero fare, a giusta ragione, affidamento sulla cura della pratica fiscale da parte della parte non solo qualificata ma anche obbligata per contratto».
Il giudice ha considerato inconferente la pretesa dell’appaltatrice di “scaricare” l’onere di attivazione del bonus sulla committenza, ancor più considerando il profilo delle controparti: una novantenne pensionata e una lavoratrice pubblica, estranee al mondo delle pratiche agevolative, rispetto a una società del settore con quotidiana esperienza in ambito fiscale e tecnico.
Recesso improvviso e ingiustificato
Il punto di rottura contrattuale si è verificato il 5 settembre 2022, quando l’appaltatrice comunicava improvvisamente la sospensione dei lavori, adducendo – tra le altre cose – la difficoltà nel monetizzare i crediti fiscali maturati. L’impresa chiedeva in alternativa il pagamento diretto e integrale del saldo, venendo però smentita dalla difesa committente che documentava la piena disponibilità a onorare gli importi dovuti, e il conferimento di una delega tecnica per il supporto operativo.
Il Giudice ha qualificato questo comportamento come “abbandono unilaterale del cantiere” e ha ritenuto del tutto ingiustificato il recesso, osservando che nessun adempimento formale indispensabile era scaduto e che la ditta avrebbe potuto – semmai – proporre una modifica contrattuale, non procedere con una diffida dai termini irregolari e non supportata da alcun precedente sollecito.
Impresa responsabile anche quando il bonus fiscale non si attiva
La pronuncia conclude dichiarando la risoluzione del contratto per colpa dell’appaltatrice, accogliendo integralmente la domanda riconvenzionale delle committenti. Il risarcimento è stato quantificato in oltre 9.300 euro oltre IVA, corrispondente alla differenza tra quanto avrebbero speso con l’appaltatrice in regime di bonus e quanto hanno poi effettivamente speso, dovendo completare i lavori con una seconda impresa.
Di particolare interesse è il seguente passaggio: «L’appaltatrice, quindi, risultava gravemente inadempiente per aver abbandonato il cantiere per un motivo pretestuoso o comunque non giustificato».
Questo afferma chiaramente il principio secondo cui l’eventuale mancata attivazione dello sconto in fattura non può essere usata come giustificazione per interrompere i lavori, se è l’impresa a detenere il controllo operativo e la titolarità dell’agevolazione. Ne deriva che in ambito di bonus edilizi, soprattutto con sconto in fattura, l’impresa può essere ritenuta responsabile non solo dell’esecuzione tecnica dell’opera, ma anche dell’adeguato presidio amministrativo e fiscale.
A cura di Cristian
Angeli
ingegnere esperto di agevolazioni fiscali applicate all’edilizia e
contenziosi
www.cristianangeli.it