Valorizzazione beni culturali e overtourism: il Consiglio di Stato impone il bilanciamento degli interessi
Il Consiglio di Stato ribadisce che nei progetti di riqualificazione culturale è necessario bilanciare l’interesse pubblico con la quiete dei residenti: non basta l’apparenza, serve un risultato concreto.
Come bilanciare l’interesse pubblico alla fruizione del patrimonio culturale con il diritto alla riservatezza dei residenti? È possibile valorizzare un bene culturale senza compromettere la qualità della vita di chi vive nei pressi del sito? E come si colloca oggi, in un contesto di overtourism, l’obbligo di risultato dell’amministrazione?
Overtourism, beni culturali e discrezionalità amministrativa: interviene il Consiglio di Stato
A queste domande ha dato risposta il Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 3258 del 15 aprile 2025, affronta un tema di crescente rilevanza per le amministrazioni locali: come attuare progetti di valorizzazione turistica nel rispetto del diritto alla quiete e alla riservatezza dei residenti. Il caso riguarda la riqualificazione dei camminamenti sulle antiche mura cittadine, oggetto di contestazioni per l’invasività delle vedute sulle proprietà private limitrofe.
Pur riferendosi a un caso specifico, la sentenza affronta una questione ormai comune a tutte le principali città italiane, dove il massiccio afflusso turistico mette in crisi la tenuta sociale, abitativa e paesaggistica dei centri storici. Dal Trentino alla Sicilia, passando per le città d’arte dell’Italia centrale, il conflitto tra valorizzazione turistica e diritto alla vivibilità urbana è, infatti, diventato centrale nella pianificazione locale.
La sentenza non contesta il principio della discrezionalità amministrativa, ma chiarisce un punto essenziale: quando una precedente decisione giurisdizionale ha imposto un "obbligo di risultato", l’amministrazione è tenuta ad attuarlo in maniera effettiva e non meramente formale. Il Consiglio di Stato ha, quindi, accolto l’appello contro una sentenza di primo grado, evidenziando che le misure adottate non erano idonee a garantire la protezione effettiva richiesta dal giudicato.
Il principio di ragionevolezza e l’overtourism
Nel valutare il caso concreto, i giudici hanno richiamato il fenomeno sempre più strutturale dell’overtourism, riconoscendolo come una nuova variabile da considerare nel bilanciamento degli interessi pubblici e privati. La fruizione dei beni culturali non può prescindere da una valutazione del carico turistico e dei suoi effetti collaterali, in termini non solo di conservazione materiale del bene, ma anche di vivibilità del contesto urbano.
Il principio di ragionevolezza, che guida l’esercizio della discrezionalità amministrativa, diventa quindi una bussola per affrontare:
- la necessità di garantire la conservazione attiva del bene, che implica un uso sostenibile, compatibile e reversibile;
- la tutela dei residenti, in termini di privacy, accessibilità, sicurezza e qualità della vita;
- l’equilibrio urbanistico e sociale, spesso compromesso dal prevalere di logiche economiche di breve periodo (come l’aumento incontrollato degli affitti brevi e il depotenziamento della funzione residenziale dei centri storici);
- il diritto alla fruizione consapevole, che non si traduca in turismo di massa incontrollato, ma favorisca esperienze culturali più diffuse e rispettose.
Verso una nuova cultura amministrativa
Il Consiglio di Stato ha imposto all’amministrazione l’adozione di misure progettuali realmente idonee a evitare vedute intrusive e a tutelare la riservatezza delle proprietà private, anche attraverso soluzioni compatibili con il decoro e l’attrattività del sito. In caso di inottemperanza, ha previsto l'intervento sostitutivo mediante commissario ad acta.
Ma il significato più profondo della sentenza va oltre il caso concreto: si delinea l’esigenza di una nuova cultura amministrativa fondata su tre pilastri:
- progettazione inclusiva: ogni intervento sul patrimonio culturale deve valutare non solo l’efficacia turistica ma anche l’impatto sull’ambiente urbano, sul paesaggio e sulle relazioni di vicinato;
- obbligo di valutazione concreta degli effetti: le soluzioni adottate devono dimostrare una reale efficacia e non limitarsi a misure simboliche o parziali. La legittimità dell’azione amministrativa si misura sempre più anche in termini di “performance” rispetto agli obiettivi pubblici dichiarati;
- responsabilità nella gestione del turismo: il fenomeno dell’overtourism non può più essere considerato una conseguenza inevitabile dello sviluppo, ma va gestito attivamente con strumenti di mitigazione, pianificazione e coinvolgimento della comunità locale.
Conclusioni
Il nuovo intervento del Consiglio di Stato rappresenta un importante precedente di portata nazionale. Ribadisce che la valorizzazione turistica non può prescindere da un bilanciamento attento e concreto tra fruizione pubblica e tutela della vita privata, soprattutto nei contesti urbani già segnati da iperturismo. È un monito per tutte le amministrazioni: i progetti di riqualificazione devono integrare obbligatoriamente una valutazione preventiva dell’impatto sociale, abitativo e ambientale.
Per le città d’arte italiane – sempre più trasformate in vetrine, sempre meno vissute dai residenti – è l’occasione per ripensare modelli di sviluppo culturale e turistico. Una valorizzazione autentica del patrimonio non si misura solo in termini di biglietti venduti, ma nella capacità di mantenere vivo, abitabile e rispettato il tessuto urbano.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 15 aprile 2025, n. 3258