Sanatoria semplificata o ordinaria: il Comune non può riqualificare l’istanza

Il TAR Lazio chiarisce le differenze tra SCIA in sanatoria semplificata (art. 36-bis) e sanatoria ordinaria (art. 36): il Comune non può riqualificare l’istanza a proprio piacimento.

di Redazione tecnica - 26/05/2025

Cosa accade quando un Comune ignora l’inquadramento giuridico di una istanza di sanatoria edilizia presentata? Quali sono le implicazioni se viene trattata una sanatoria semplificata (art. 36-bis, TUE) come fosse una richiesta ordinaria (art. 36, TUE)? E quali sono le conseguenze giuridiche di una simile riqualificazione arbitraria?

Sanatoria semplificata o ordinaria: interviene il TAR

A queste domande ha dato risposta il TAR Lazio con la sentenza n. 9066 del 12 maggio 2025, che interviene su una questione di crescente attualità: l'errata applicazione dell'art. 36 TUE in luogo della nuova procedura semplificata prevista dall'art. 36-bis introdotto all’interno del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa).

Il caso oggetto dell’intervento dei giudici di primo grado riguarda l’ordine emesso dal Comune per la demolizione di una canna fumaria realizzata in assenza di titolo abilitativo e di autorizzazione paesaggistica. L’intervento era stato accertato a seguito di un esposto presentato dal nuovo proprietario dell’immobile soprastante, in occasione del quale i tecnici comunali avevano rilevato l’opera realizzata sul terrazzo di quest’ultimo. Il destinatario del provvedimento, nel difendersi, ha precisato che l’impianto era preesistente all’acquisto dell’unità immobiliare (avvenuto oltre vent’anni prima) e ha presentato un’istanza di SCIA in sanatoria ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 380/2001, ritenendo l’intervento regolarizzabile secondo la nuova disciplina introdotta dal "Salva Casa".

L’amministrazione, ignorando il riferimento esplicito all’art. 36-bis, ha invece trattato l’istanza come una domanda di permesso in sanatoria ai sensi dell’art. 36, rigettandola per la mancata allegazione del parere di compatibilità paesaggistica, senza attivare il relativo subprocedimento previsto dalla norma specifica.

L’errore del Comune: istruttoria viziata da riqualificazione arbitraria

Il TAR ha censurato duramente l’operato dell’amministrazione comunale, rilevando che è stato disatteso il principio del contraddittorio endoprocedimentale.

Si vuole dire, in sostanza, che – affermano i giudici – a fronte di un’istanza diretta a conseguire un provvedimento chiaramente individuato dal privato (nel caso di specie l’accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità di cui all’art. 36-bis del d.P.R. n. 380 del 2001), l’Amministrazione ha il dovere di svolgere un’istruttoria coerente con il provvedimento richiesto e di rendere una motivazione parimenti coerente, evidenziando, se del caso, le ragioni per le quali la stessa ritiene che non sussistano i presupposti normativamente richiesti per il rilascio del provvedimento richiesto. Non può invece, pena la violazione dei principi di trasparenza, di tutela del contraddittorio endoprocedimentale e del diritto di difesa, omettere del tutto l’illustrazione di dette ragioni, riqualificare l’istanza e giungere a respingerla per come riqualificata”.

In altre parole, l’amministrazione non può ignorare la volontà espressa dal richiedente, né può modificare l’oggetto dell’istanza senza darne conto e senza garantire al privato la possibilità di interloquire.

La sentenza chiarisce che, in presenza di una SCIA in sanatoria ai sensi dell’art. 36-bis:

  • è la P.A. che deve attivare il subprocedimento paesaggistico, acquisendo d’ufficio il parere della Soprintendenza;
  • le eventuali carenze documentali vanno sanate mediante invito all’integrazione e non con rigetto immediato;
  • la riqualificazione della domanda è ammissibile solo previa puntuale motivazione e coinvolgimento dell’interessato.

Le differenze tra art. 36 e art. 36-bis TUE

Di seguito un quadro sinottico riepilogativo delle principali differenze tra gli articoli 36 e 36-bis del Testo Unico Edilizia.

Aspetto

Art. 36 TUE

Art. 36-bis TUE

Tipologia di abuso

Assenza totale di titolo o totale difformità.

Parziali difformità, variazioni essenziali, difformità da SCIA.

Conformità richiesta

Doppia conformità (urbanistica ed edilizia) al momento della realizzazione e della domanda.

Conformità urbanistica al momento della domanda.
Conformità edilizia al momento della realizzazione.

Titolo richiesto

Permesso di costruire in sanatoria.

Permesso o SCIA in sanatoria.

Parere paesaggistico

Da acquisire da parte del privato, ma senza automatismo procedimentale.

Il Comune ha l’obbligo di richiedere il parere alla Soprintendenza.

Effetti del silenzio

Silenzio-rigetto dopo 60 giorni.

Silenzio-assenso dopo 45 giorni (permesso) o termini ex art. 19 L. 241/1990 (SCIA).

Sanzioni

Oblazione pari al doppio del contributo di costruzione.

Oblazioni e sanzioni differenziate in base al tipo di abuso, con previsione di fiscalizzazione paesaggistica.

Le conseguenze: demolizione sospesa e obbligo di riedizione

Nel caso di specie, il TAR, pur non accogliendo l’impugnazione diretta dell’ordinanza di demolizione, ne ha sospeso gli effetti in attesa della corretta definizione dell’istanza di sanatoria. L’amministrazione è tenuta a riesaminare la pratica secondo le regole dell’art. 36-bis, attivando d’ufficio il procedimento paesaggistico e valutando l’intervento secondo i criteri previsti per le difformità parziali e le variazioni essenziali.

Questa sospensione opera come presidio di garanzia a tutela del privato: fino alla conclusione del nuovo iter procedurale, l’ordine di demolizione non può essere eseguito. Solo all’esito della riedizione istruttoria potrà essere adottato un provvedimento legittimo, coerente con il quadro normativo vigente e rispettoso dei principi di correttezza amministrativa.

Conclusioni

La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: la P.A. è vincolata al rispetto del procedimento scelto dal privato, soprattutto quando la legge prevede forme semplificate e garantiste. La SCIA in sanatoria ex art. 36-bis non è una sanatoria “minore”, ma un titolo a tutti gli effetti, con uno statuto autonomo e obblighi istruttori specifici.

Una sentenza che non lascia spazio a interpretazioni: la semplificazione non è una concessione politica, ma un obbligo giuridico da applicare in modo coerente

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