Ristrutturazione con cambio di destinazione d'uso: illegittima senza piano urbanistico comunale

Illegittima la norma della Regione Lazio che autorizza (anche se transitoriamente) interventi di rigenerazione urbana con mutamento della destinazione d’uso tra categorie funzionali, anche in assenza di pianificazione urbanistica comunale

di Redazione tecnica - 27/05/2025

Un meccanismo ritenuto lesivo dell’autonomia pianificatoria dei Comuni e della necessaria verifica dell’interesse pubblico alla base di ogni trasformazione del territorio: così la Corte Costituzionale, con sentenza del 18 aprile 2025, n. 51, ha definito l’art. 4, comma 4 della legge della Regione Lazio 18 luglio 2017, n. 7, in materia di rigenerazione urbana e recupero edilizio, dichiarandone l'illegittimità.

La norma censurata ha consentito, per un periodo limitato, interventi edilizi di ristrutturazione, demolizione e ricostruzione, con cambio di destinazione d’uso, anche in assenza di pianificazione urbanistica comunale.

Rigenerazione urbana e cambio di destinazione d'uso: illegittimi gli interventi senza pianificazione urbanistica

La questione è stata sollevata dal TAR Lazio con l'ordinanza n. 11909/2024 in un giudizio avente ad oggetto un intervento edilizio autorizzato ai sensi dell’art. 4, comma 4, della legge regionale n. 7/2017.

In particolare, la disposizione contestata consentiva in via temporanea - per dodici mesi dall’entrata in vigore della legge - l’attuazione diretta di interventi su edifici con superficie utile lorda fino a 10.000 mq, anche con mutamento della destinazione d’uso tra le categorie funzionali di cui all’art. 23-ter del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), eccetto quella rurale, senza adeguamento dello strumento urbanistico e senza necessità di permesso in deroga.

Nel caso oggetto del giudizio, si trattava della realizzazione di due ville in un’area destinata dal piano regolatore generale a verde pubblico e servizi locali.

 

Il contesto normativo

La L.R. Lazio n. 7/2017 è intervenuta per promuovere interventi di rigenerazione urbana e recupero edilizio, riconoscendo ai Comuni la possibilità di adeguare i propri strumenti urbanistici per consentire il mutamento delle destinazioni d’uso degli immobili, ai sensi dell'art. 23-ter del Testo Unico Edilizia.

Il cambio di destinazione d'uso nel Testo Unico Edilizia

Ricordiamo che l'art. 23-ter nella versione ratione temporis vigente prevedeva che:

  •  1. "il mutamento della destinazione d'uso di un immobile o di una singola unità immobiliare si considera senza opere se non comporta l'esecuzione di opere edilizie ovvero se le opere da eseguire sono riconducibili agli interventi di cui all'articolo 6. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:
    • a) residenziale;
    • a-bis) turistico-ricettiva;
    • b) produttiva e direzionale;
    • c) commerciale;
    • d) rurale.
  • 1. bis "Il mutamento della destinazione d'uso della singola unità immobiliare all'interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito, nel rispetto delle normative di settore, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni"
  • 1-ter. "Sono, altresì, sempre ammessi il mutamento di destinazione d'uso tra le categorie funzionali di cui al comma 1, lettere a), a-bis), b) e c), di una singola unità immobiliare ubicata in immobili ricompresi nelle zone A), B) e C) di cui all'articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, ovvero nelle zone equipollenti come definite dalle leggi regionali in materia, nel rispetto delle condizioni di cui al comma 1-quater e delle normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni".

La norma transitoria della L.R. Lazio n. 7/2017

Tuttavia, il comma 4 dell’art. 4 ha introdotto una disciplina transitoria che ha autorizzato, in deroga a qualsiasi strumento urbanistico, l’attuazione diretta degli interventi in attesa dell’adeguamento dei piani comunali.

La norma si poneva, dunque, in contrasto con la normativa statale e costituzionale che assegna ai Comuni la titolarità della funzione pianificatoria, sancita:

  • dall’art. 117, comma 2, lett. p), Cost., che qualifica la pianificazione comunale come funzione fondamentale degli enti locali;
  • dall’art. 118 Cost., che impone il rispetto del principio di sussidiarietà e il corretto bilanciamento tra livelli di governo;
  • dall’art. 14, comma 27, lett. d), del D.L. n. 78/2010, che riconosce la pianificazione come competenza strutturale del Comune.

 

La decisione della Corte Costituzionale: norma illegittima

La Corte ha ribadito che la pianificazione urbanistica è una funzione storicamente attribuita ai Comuni e non può essere compressa in modo sproporzionato dal legislatore regionale.

Le leggi regionali che comportino deroghe al principio di pianificazione sono dunque soggette a un giudizio di proporzionalità con riguardo all’adeguatezza e necessarietà della limitazione imposta all’autonomia comunale in merito a una funzione amministrativa che il legislatore statale ha individuato come connotato fondamentale dell’autonomia stessa.

Nel caso specifico, l’art. 4, comma 4, ha escluso del tutto la necessità del permesso di costruire in deroga, sottraendo gli interventi alla valutazione politica del Consiglio comunale, che rappresenta il luogo deputato a riconoscere l’interesse pubblico prevalente rispetto alle previsioni del piano regolatore.

Il meccanismo previsto dalla norma impugnata ha comportato una compressione totale, sia pure temporanea, dell’autonomia comunale, priva di adeguate compensazioni procedurali o giustificazioni basate su interessi sovracomunali. La legge ha così eluso la necessaria verifica di compatibilità urbanistica e di sostenibilità territoriale delle trasformazioni edilizie, rischiando un incremento incontrollato del carico urbanistico.

La Corte ha inoltre evidenziato l’inadeguatezza della misura rispetto agli obiettivi dichiarati di rigenerazione e riqualificazione del tessuto urbano, soprattutto nel caso – come quello oggetto di giudizio – in cui l’intervento autorizzato comportava la realizzazione di edilizia residenziale in aree vincolate a verde e servizi.

La sentenza in sintesi

Si riaffermano così alcuni principi fondamentali in materia di pianificazione urbanistica e rigenerazione urbana:

  • la pianificazione è una funzione propria e indefettibile del Comune;
  • ogni deroga agli strumenti urbanistici richiede una valutazione motivata dell’interesse pubblico, demandata al Consiglio comunale;
  • le leggi regionali non possono neutralizzare, neppure temporaneamente, la titolarità comunale della funzione pianificatoria senza una giustificazione proporzionata e ragionevole;
  • l’intervento edilizio in deroga deve sempre essere sottoposto a un bilanciamento degli interessi, inclusa la sostenibilità ambientale e sociale.

Illegittimo, quindi, consentire interventi di trasformazione del territorio in assenza di pianificazione comunale e senza verifica dell’interesse pubblico.

La rigenerazione urbana, anche se necessaria, deve rispettare il principio di leale collaborazione tra livelli istituzionali e non può divenire una scorciatoia urbanistica.

 

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