Ordine di demolizione: quando può essere annullato?
Esistono alcuni presupposti e condizioni affinché un provvedimento amministrativo ex art. 31 del Testo Unico Edilizia sia valido ed efficace. Il TAR Lazio ricorda quali sono
Cosa succede se un Comune dispone la demolizione di opere edilizie senza indicarne con precisione natura e consistenza? E cosa accade se il proprietario dimostra che tali opere esistevano già prima del 1967, ma l’Amministrazione ignora del tutto questa documentazione?
Con la sentenza del 20 maggio 2025, n. 9631, il TAR Lazio torna su due temi centrali nella disciplina degli abusi edilizi: da un lato, la necessità che l’ordine di demolizione sia puntualmente motivato in relazione alla consistenza delle opere contestate e alla loro qualificazione come abusive; dall’altro, l’individuazione del soggetto su cui grava l’onere di provare la datazione delle opere.
Ordine di demolizione e onere della prova: il TAR Lazio ricorda obblighi e limiti per la P.A.
Il caso riguardava l’annullamento di un provvedimento comunale di demolizione avente ad oggetto:
- una soppalcatura realizzata all’interno di un vano abitativo con struttura in legno e parapetto metallico;
- un ampliamento di superficie abitabile ottenuto mediante la chiusura del piano di copertura dell’edificio, in parte sovrapposto al vano scala condominiale.
Secondo il Comune, le opere erano abusive e come tali soggette a sanzione demolitoria ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). I proprietari, invece, avevano contestato l’illegittimità del provvedimento deducendo che:
- lo stato dei luoghi risultava già descritto nella documentazione catastale risalente al 1946;
- la variazione catastale era stata comunicata al momento dell’acquisto e recepita nella planimetria allegata all’atto di compravendita;
- le opere contestate erano pertanto da ritenersi antecedenti al 1° settembre 1967, data oltre la quale si applica il regime autorizzativo dell’epoca;
- l’ordine di demolizione difettava di motivazione, non fornendo una descrizione puntuale dell’intervento né valutando la documentazione presentata.
Ripristino stato dei luoghi: l’ordine di demolizione
Secondo l’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia), l’ordine di demolizione è il provvedimento tipico per il ripristino dello stato dei luoghi in caso di opere abusive.
Tuttavia, come stabilito dalla giurisprudenza, affinché il provvedimento sia legittimo, è necessario che l’amministrazione:
- accerti e descriva la consistenza dell’abuso;
- dia conto dell’istruttoria effettuata;
- valuti eventuali elementi offerti dal privato a supporto di una datazione pregressa dell’intervento, rilevante ai fini dell’applicabilità della normativa vigente all’epoca dei fatti.
A ciò si aggiunge il principio generale dell’art. 3 della legge n. 241/1990, che impone l’obbligo di motivazione per ogni provvedimento amministrativo.
In parallelo, la giurisprudenza ha chiarito che l’onere della prova della data di realizzazione delle opere edilizie grava sul proprietario, il quale può assolverlo anche mediante presunzioni precise e concordanti, come risultanze catastali, atti pubblici, relazioni tecniche o fotografie d’epoca.
Demolizione opere abusive: quando il provvedimento è illegittimo
Il TAR ha accolto il ricorso, ritenendo che il provvedimento comunale fosse carente sotto due profili fondamentali:
- la motivazione dell’ordine di demolizione era inadeguata. Il
Comune si è limitato a una generica descrizione delle opere, senza
indicare elementi essenziali come:
- la consistenza effettiva del soppalco (altezza, superficie, funzione);
- l’impatto urbanistico delle opere;
- la natura strutturale dell’ampliamento in copertura;
- l’inquadramento normativo dell’abuso in relazione alla disciplina edilizia vigente.
In giurisprudenza è noto che la realizzazione di un soppalco può rientrare tra gli interventi minori (edilizia libera) se non comporta un aumento della superficie utile né un aggravio del carico urbanistico. Per valutarne l’effettiva incidenza, è però necessaria un’istruttoria puntuale, assente nel caso in esame.
- Il Comune ha ignorato gli elementi probatori forniti dai ricorrenti: i proprietari avevano assolto all’onere della prova della preesistenza delle opere, allegando la planimetria catastale del 1946, la corrispondente planimetria richiamata nell’atto di compravendita, una perizia tecnica di parte e documentazione fotografica a supporto.
Il TAR ha ritenuto illogico e ingiustificato il silenzio dell’Amministrazione su tali elementi, che avrebbero dovuto essere quantomeno considerati e valutati nell’ambito dell’istruttoria, soprattutto trattandosi di potenziale esclusione dell’abusività delle opere per realizzazione in data anteriore al 1° settembre 1967.
Il ricorso è stato quindi accolto, annullando l’ordine di demolizione, non fondato su accertamenti specifici e privo di riferimenti agli elementi probatori rilevanti forniti dai proprietari.
Conclusioni
Si riaffermano così due principi fondamentali in materia di repressione degli abusi edilizi:
- motivazione del provvedimento amministrativo: sebbene l’ordine di demolizione abbia natura vincolata, deve essere motivato in relazione ai presupposti di fatto (esistenza e consistenza delle opere) e non può limitarsi a formule generiche. È necessario un concreto accertamento, soprattutto in caso di interventi di modesta entità o potenzialmente risalenti;
- onere della prova: la prova della data di realizzazione dell’opera spetta al privato, ma quando essa venga documentalmente offerta, non può essere ignorata. L’Amministrazione ha il dovere di valutare con attenzione la documentazione fornita prima di assumere un provvedimento sanzionatorio.
Documenti Allegati
Sentenza