Cambio di destinazione d’uso, abuso edilizio e Superbonus: interviene il TAR
Il TAR Lazio conferma che in assenza di stato legittimo dell’immobile SCIA e CILAS perdono efficacia e i lavori diventano abusivi, con perdita del Superbonus 110%
SCIA inefficace e CILAS per il Superbonus: cosa succede all’immobile privo di stato legittimo? È possibile avviare i lavori agevolati anche in assenza di stato legittimo, considerato che la CILAS non impone di dichiararlo espressamente? E quali sono le conseguenze urbanistiche e fiscali di un intervento fondato su un titolo edilizio privo di validità?
Domande a cui nel corso degli ultimi anni ha risposto la giustizia amministrativa a cui si aggiunge un nuovo intervento del TAR Lazio che, con la sentenza n. 8969 dell’8 maggio 2025, ha confermato un orientamento ormai pacifico circa l’inefficacia della comunicazione di inizio lavori asseverata per il Superbonus (anche conosciuta come CILAS) nel caso in cui sia presentata per intervenire su un immobile privo dello stato legittimo.
Stato legittimo e CILAS: il pasticcio normativo
La problematica generale che riguarda anche il caso oggetto della nuova pronuncia del TAR Lazio, trae le sue origini dalla formulazione stessa dell’art. 119, comma 13-ter, del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio), che, per gli interventi di superbonus che non prevedono l’integrale demolizione e ricostruzione dell’edificio, ha previsto la presentazione della CILAS.
Una CILAS molto particolare e sostanzialmente differente dalla CILA ordinaria perché:
- non richiede espressamente l'attestazione dello stato legittimo di cui all'art. 9-bis, comma 1-bis, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia);
- deroga alle cause di decadenza dalle detrazioni previste all’art. 49 del Testo Unico Edilizia;
- prevede 4 cause di decadenza:
- mancata presentazione della CILA;
- interventi realizzati in difformità dalla CILA;
- assenza degli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell'immobile oggetto d'intervento o del provvedimento che ne ha consentito la legittimazione ovvero dell’attestazione che la costruzione è stata completata in data antecedente al 1° settembre 1967;
- non corrispondenza al vero delle attestazioni relative al rispetto dei requisiti minimi per l’accesso all’agevolazione fiscale.
Una simile formulazione ha alimentato l’erronea convinzione che fosse possibile presentare una CILAS anche per immobili privi dello stato legittimo. Una tesi in aperto contrasto con la normativa edilizia e con numerosi pronunciamenti della Corte di Cassazione (ad es. sentenza n. 18268/2023 e sentenza n. 47697/2023) secondo la quale qualsiasi intervento realizzato su immobili abusivi (ovvero privi dello stato legittimo) integrano una prosecuzione dell’illecito.
Sul tema, su queste pagine, abbiamo registrato parecchi interventi tra i quali:
- TAR Veneto 13 marzo 2023, n. 128 secondo cui la regolarità urbanistica è un presupposto imprescindibile per qualsiasi intervento edilizio;
- TAR Lazio 7 dicembre 2023, n. 18386 che ha confermato l’irricevibilità di una CILAS su un immobile ancora in fase di sanatoria;
- TAR Toscana 16 gennaio 2024, n. 72 secondo cui, in presenza di sanatoria in corso, la CILAS risulta legittima se i lavori non sono stati avviati.
Il caso oggetto della pronuncia
Nel nuovo caso oggetto della sentenza n. 8969/2025 del TAR Lazio, la proprietaria di un immobile, oggetto di un contratto di rent to buy, ha impugnato il provvedimento con cui il Comune ha ordinato la demolizione di un ampliamento volumetrico non assentito, realizzato al piano interrato dell’edificio. La trasformazione, rilevata in sede di sopralluogo, consisteva nella creazione di una cucina e un soggiorno al posto dei preesistenti locali cantina e box, per una volumetria complessiva di circa 476 mc.
La difesa ha contestato il provvedimento deducendo:
- la presenza di un errore materiale nella mappa catastale, che qualificherebbe erroneamente come “interrato” un piano che sarebbe sempre stato fuori terra;
- l’assenza di aumenti di superficie o volumetria;
- la mancata considerazione di perizie tecniche che documenterebbero la conformità edilizia pregressa.
Tuttavia, come rilevato dal TAR, i dati catastali erano stati espressamente confermati dalla stessa ricorrente in sede di atto notarile, ai sensi dell’art. 29 della Legge n. 52/1985.
Il cambio di destinazione d’uso e la ristrutturazione edilizia “pesante”
Il TAR ha chiarito che il mutamento da cantina/garage a civile abitazione, oltre a costituire un passaggio tra categorie urbanistiche diverse, rappresenta un intervento di ristrutturazione edilizia rilevante, soggetto a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 380/2001. Tale variazione, incidendo sugli standard urbanistici e comportando un incremento del carico urbanistico (uso di parcheggi, fognature, servizi), non può considerarsi un intervento minore.
Il giudice ha inoltre ribadito che il cambio d’uso è qualificabile come “variazione essenziale” ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. 380/2001 e può giustificare l’adozione di misure ripristinatorie (oggi gestibili utilizzando l’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia).
La sentenza si sofferma anche sul principio per cui le misure di demolizione non richiedono l’individuazione del responsabile dell’abuso, ma possono essere imposte al soggetto che abbia un rapporto materiale con l’immobile (attuale proprietario o detentore). Si tratta, infatti, di misure reali, finalizzate a ripristinare l’assetto urbanistico violato.
L’inefficacia di SCIA e CILAS e la perdita del Superbonus 110%
Particolare attenzione è riservata alla condotta del tecnico, che aveva asseverato la conformità dell’immobile agli strumenti urbanistici in vigore e ai titoli pregressi. Tale dichiarazione, contraddetta dai fatti accertati, ha perso ogni valore, rivelando una violazione sostanziale dei presupposti richiesti per il titolo edilizio dichiarativo.
In sede di accertamento è emerso che le opere realizzate erano in difformità rispetto allo stato legittimo dell’immobile, e che sia la SCIA che la CILAS presentata per usufruire del Superbonus 110% erano fondate su una ricostruzione dell’ante operam non corrispondente allo stato legittimo dell’immobile.
L’amministrazione comunale ha quindi emesso un provvedimento formale di contrasto, dichiarando priva di efficacia la SCIA e ordinando l’archiviazione della pratica edilizia, con l’effetto giuridico che i lavori devono considerarsi eseguiti in assenza di titolo abilitativo. Nonostante ciò, il tecnico incaricato ha proseguito con l’esecuzione degli interventi e ha persino trasmesso l’attestazione del 30% dell’avanzamento lavori per evitare la perdita del beneficio fiscale.
Il TAR ha confermato la posizione dell’amministrazione, sottolineando che l’assenza di un valido titolo abilitativo comporta non solo l’illegittimità urbanistica dell’intervento, ma anche la decadenza dai benefici fiscali, inclusa la perdita del Superbonus 110%. Si ribadisce, dunque, il principio secondo cui la conformità edilizia rappresenta un requisito imprescindibile per l’accesso agli incentivi, anche nel caso di superbonus e della CILAS che non richiede l’attestazione dello stato legittimo (ma non ne ha mai derogato la sua necessità).
Conclusioni
La sentenza del TAR Lazio n. 8969/2025 rappresenta un chiarimento rilevante in merito:
- al mutamento d’uso da cantina a residenza come intervento urbanisticamente rilevante;
- all’inidoneità della sola documentazione catastale a fondare lo stato legittimo in presenza di difformità edilizie;
- al valore probatorio delle dichiarazioni asseverate nelle SCIA alternative;
- alla legittimità dell’ordine di demolizione anche in assenza di dolo o colpa diretta da parte dell’attuale proprietario;
- all’inefficacia degli atti edilizi privi di presupposti e alla conseguente perdita di agevolazioni fiscali, come il Superbonus.
Per i tecnici, è un ulteriore richiamo alla necessità di una verifica puntuale dello stato legittimo e di una maggiore responsabilità nelle asseverazioni. Per i committenti, un invito a diffidare da scorciatoie procedurali: la regolarità urbanistica non si improvvisa, si dimostra.
Ma c’è di più. Questo caso dimostra ancora una volta quanto sia fragile l’equilibrio tra diritto edilizio e fiscalità. La CILAS, nata per semplificare, si è trasformata in un terreno insidioso, soprattutto quando si continua a ignorare un principio fondamentale: senza stato legittimo non esiste alcuna possibilità di intervento regolare, né edilizio né agevolato.
Il legislatore, nella rincorsa alle semplificazioni, ha generato ambiguità normative che alimentano false aspettative e aumentano il contenzioso. È urgente tornare a un quadro normativo coerente, che premi la correttezza e la trasparenza e non lasci spazio a interpretazioni creative. Perché l’edilizia non può essere una materia fluida: richiede certezze, non ambiguità. Il punto non è solo comprendere la norma, ma anche avere il coraggio di applicarla correttamente. Perché in edilizia, come in ogni attività tecnica, la qualità normativa va di pari passo con l’etica professionale.
Documenti Allegati
Sentenza TAR Lazio 8 maggio 2025, n. 8969