VEPA ed edilizia libera: perché il Salva Casa non è sempre applicabile

Consiglio di Stato: le sopravvenienze normative non possono essere prese in considerazione se il provvedimento impugnato è precedente

di Redazione tecnica - 03/06/2025

Le vetrate panoramiche, c.d. "VEPA", negli ultimi anni sono state oggetto di importanti interventi normativi che ne hanno reso più semplice l’installazione in regime di edilizia libera, al ricorrere delle condizioni previste dall’art. 6 comma 1, lett. b-bis e lett. b-ter, introdotte, rispettivamente dalla legge n. 142/2022 e dal D.L. n. 69/2024, convertito in legge n. 105/2024 (c.d. Decreto Salva Casa).

La disciplina sopravvenuta è quindi invocabile per ottenere l’annullamento di un ordine di demolizione?

Installazione VEPA: il Consiglio di Stato sul regime di edilizia libera

A dire di no, invocando il principio “tempus regit actum” è il Consiglio di Stato con la sentenza del 7 aprile 2025, n. 2975, confermando la legittimità di un ordine di demolizione emesso per la chiusura di un balcone con vetrate, in assenza di titolo edilizio. Il provvedimento sanzionatorio impugnato si riferiva alla realizzazione, su un balcone, di una struttura in vetro composta da due pannelli scorrevoli, che delimitava e racchiudeva integralmente lo spazio, trasformandolo in una sorta di veranda.

L’appellante sosteneva che l’intervento consistesse in una “struttura non permanente” assimilabile a una tenda o a un arredo esterno, non soggetta ad alcun titolo edilizio, in quanto rientrante nella manutenzione ordinaria ai sensi dell’art. 6, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001.

Una ricostruzione che i giudici hanno ritenuto del tutto infondata, rilevando che la struttura:

  • non si presentava affatto come accessoria, né formalmente, né funzionalmente, rispetto alla tenda;
  • era del tutto autonoma;
  • delimitava uno spazio chiuso e utilizzabile;
  • comportava la creazione di volume e superficie utile, con effetti rilevanti sull’assetto urbanistico-edilizio.

Con un principio ormai consolidato, il Consiglio di Stato ha ribadito che, per valutare la necessità del titolo edilizio, non conta il materiale utilizzato, né la dichiarata provvisorietà della struttura, ma l’effetto urbanistico che l’opera produce, “Dovendosi badare, nella ricostruzione giuridica del bene realizzato, non ai materiali utilizzati ma all’effetto finale e alla vocazione di utilizzo dell’area trasformata”.

Anche se le vetrate risultano “richiudibili a pacchetto” e siano lasciate fessure d’aria, ciò non esclude la creazione di un nuovo volume abitabile, la cui installazione richiede un titolo edilizio, nella forma del permesso di costruire o, eventualmente, della SCIA alternativa.

 

Niente VEPA se lo spazio diventa un vano chiuso

Non ha convinto neppure il richiamo difensivo al nuovo art. 6, comma 1, lett. b-bis) del d.P.R. n. 380/2001 (introdotto dal d.l. n. 69/2024), che classifica come edilizia libera l’installazione di vetrate panoramiche amovibili (VEPA), purché:

  • siano totalmente trasparenti e amovibili;
  • non creino nuovi volumi o superfici utili;
  • non comportino modifiche alla destinazione d’uso o alla sagoma dell’edificio;
  • assicurino la microaerazione e non alterino le linee architettoniche.

Nel caso esaminato, invece, la struttura era chiusa, stabile e strutturalmente autonoma, configurando una veranda a tutti gli effetti e quindi un vero e proprio organismo edilizio, incompatibile con la nozione di edilizia libera, anche ai sensi della disciplina sopravvenuta.

 

Il principio “tempus regit actum”: no all'applicazione dello ius superveniens

Infine, il Collegio ha ricordato che la legittimità di un provvedimento amministrativo deve essere valutata alla luce della normativa vigente al momento della sua adozione, non potendo essere sanato ex post da modifiche normative intervenute successivamente.

“Non può farsi questione dell’applicabilità di sopravvenienze normative rispetto alla data di adozione del provvedimento impugnato, in ossequio al principio del tempus regit actum”.

In conclusione, l'appello è stato respinto: né la disciplina delle VEPA, né la qualificazione soggettiva dell’intervento come semplice arredo o protezione temporanea possono eludere l’obbligo di titolo edilizio in presenza di un’opera che chiude, trasforma e rende abitabile uno spazio esterno.

 

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