Vincoli paesaggistici: si possono rimuovere se il bene non è mai esistito?
Il TAR Emilia-Romagna chiarisce i limiti alla rimozione della dichiarazione di notevole interesse pubblico
Quali sono i presupposti per rimuovere un vincolo paesaggistico? È sufficiente la perdita del bene o serve dimostrare che non è mai esistito? E come si differenzia questa ipotesi da quella – costituzionalmente dubbia – della semplice revoca per sopravvenienze?
Rimozione vincoli paesaggistici: la sentenza del TAR Emilia Romagna
Domande complesse, che intrecciano la normativa statale di tutela dei beni culturali e paesaggistici con le previsioni regionali, e che trovano una risposta importante nella sentenza n. 446/2025 del TAR Emilia-Romagna. Una pronuncia che affronta in modo puntuale il tema della inesistenza originaria del bene tutelato, offrendo spunti utili a tecnici, amministratori e operatori della pianificazione.
Nel caso oggetto della controversia, il ricorso è stato presentato per contestare la delibera della Giunta Regionale Emilia-Romagna n. 1091 del 12 luglio 2021, con la quale è stata disposta la rimozione della dichiarazione di notevole interesse pubblico contenuta in un DM del 23 marzo 1965.
Il vincolo riguardava un’area descritta come “singolarità geologica”, in particolare una “parete rocciosa” sulla sponda del fiume Reno. Tuttavia, a seguito di una lunga istruttoria tecnico-scientifica, la Regione ha accertato che:
- già al momento dell’imposizione del vincolo non vi erano evidenze concrete dell’esistenza di tale conformazione geologica;
- le foto storiche e i sopralluoghi recenti dimostrano la presenza di edifici e parcheggi sull’area, tali da rendere irriconoscibile qualsiasi elemento naturale descritto nel decreto del 1965;
- la documentazione d’archivio della Soprintendenza non consente di individuare con certezza il bene tutelato.
La decisione del TAR: rimozione legittima se il bene è inesistente fin dall’origine
Il TAR ha rigettato il ricorso, giudicando infondate tutte le censure sollevate, sia sul piano costituzionale che su quello istruttorio.
Il punto centrale della sentenza sta nella distinzione tra due fattispecie:
- la rimozione del vincolo per mutamento delle condizioni o cessazione delle esigenze di tutela, che non è prevista dal Codice dei beni culturali e risulterebbe illegittima e potenzialmente incostituzionale;
- la rimozione per inesistenza originaria del bene o per assoluta incertezza sulla sua esistenza, che invece è ammessa e correttamente disciplinata dall’art. 71, comma 1, lett. b) della L.R. n. 24/2017.
Nel caso specifico:
- è stato accertato che il bene non era mai esistito o non era chiaramente identificabile già all’epoca del vincolo;
- l’istruttoria svolta dal Comitato tecnico scientifico e dalla Commissione regionale per il paesaggio è stata ampia, documentata e coerente;
- l’Atlante regionale dei beni vincolati ha solo valore ricognitivo e non prova l’effettiva esistenza del bene.
Conclusioni
La sentenza fornisce un chiarimento importante: i vincoli paesaggistici non sono intangibili, ma non possono essere revocati per motivi legati al degrado o alla trasformazione urbanistica. Possono invece essere rimossi solo nei casi eccezionali in cui si dimostri che:
- il bene non è mai esistito;
- l’oggetto della tutela è talmente indeterminato o irrintracciabile da rendere il vincolo giuridicamente nullo o inefficace.
Di fronte a vincoli vetusti o dubbi, non basta dimostrare che l’area è stata edificata o compromessa: serve un’istruttoria rigorosa che accerti l’inesistenza originaria del bene paesaggistico.
Documenti Allegati
Sentenza TAR Emilia Romagna 29 aprile 2025, n. 446