Danni derivanti da cattiva esecuzione dei lavori: la Cassazione sulla responsabilità solidale

Solo dimostrando di aver segnalato gli errori e di aver agito contro la propria volontà tecnica e a rischio del committente, l'appaltatore può essere qualificato come mero “nudus minister"

di Redazione tecnica - 04/06/2025

In che misura è responsabile il subappaltatore per l’errata esecuzione dei lavori, in assenza di un adeguato progetto? Può essere considerato un semplice “nudus minister” oppure va quantificato il danno anche a suo carico?

Sono questi i nodi che la Corte di Cassazione ha cercato di sciogliere con l’ordinanza del 18 aprile 2025, n. 10231, cassando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello in una complessa vicenda di responsabilità solidale nell’ambito di un intervento edilizio.

Danni da esecuzione errata dei lavori: la Corte di Cassazione sulla responsabilità dell'impresa

Il caso riguarda un contenzioso portato avanti dai proprietari di un edificio confinante con un fabbricato residenziale, la cui costruzione aveva provocato dei danni ingenti a quello vicino. La causa era stata intentata contro il titolare dell’impresa (e proprietario dell’area) e il direttore dei lavori, chiedendo il risarcimento dei danni derivanti da fessurazioni e crepe causate, secondo una CTU, dal cedimento temporaneo del terreno in seguito a scavi realizzati senza adeguata palificazione.

Il CTU aveva così ripartito la responsabilità:

  • 50% al titolare dell’impresa (anche committente ed esecutore),
  • 20% al direttore dei lavori e progettista,
  • 30% all’esecutore dei lavori di palificazione.

Malgrado questa ripartizione, la Corte d’Appello aveva rigettato la domanda di manleva proposta dall’impresa e dal DL nei confronti del subappaltatore che aveva realizzato i pali di fondazione, ritenendo non provata la sussistenza del contratto di subappalto.

Esecuzione lavori: quando l'appaltatore è esonerato dalle responsabilità

Secondo la Corte di Cassazione, la motivazione della sentenza di secondo grado sarebbe stata viziata da una “contraddizione insuperabile”. Infatti, da un lato la Corte di merito aveva riconosciuto il nesso causale tra le opere eseguite – scavo e palificazione – e i danni subiti dagli immobili vicini, confermando le percentuali individuate dal CTU, ma dall’altro lato aveva escluso ogni responsabilità del subappaltatore, autore materiale della palificazione, senza spiegare logicamente come fosse stato assorbito il 30% di responsabilità inizialmente a lui attribuita.

Il giudice d’appello avrebbe giustificato l’esclusione di responsabilità adducendo la mancanza di progettazione geotecnica e di collaudo strutturale, scaricando di fatto ogni responsabilità sull’omissione del committente ma – osserva la Cassazione – ciò non equivale a escludere un concorso causale del subappaltatore.

Sul punto, la Suprema Corte ha richiamato il consolidato orientamento secondo cui l’appaltatore è tenuto a realizzare l’opera a regola d’arte, anche se si attiene a progetti o indicazioni altrui. Solo se dimostra di aver segnalato gli errori e di aver agito su esplicita insistenza del committente, contro la propria volontà tecnica e “a rischio del committente”, può essere qualificato come mero “nudus minister” e andare esente da responsabilità.

La decisione della Cassazione

Nel caso in esame, la Corte d’Appello non ha valutato – e la parte non ha provato – che il subappaltatore abbia sollevato obiezioni tecniche o che sia stato forzato ad eseguire opere palesemente inadeguate.

Ne è derivato l’accoglimento del ricorso, con cassazione della sentenza e rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione, che dovrà:

  • riesaminare il nesso causale anche alla luce della CTU;
  • accertare l’effettiva responsabilità tecnica e contrattuale del subappaltatore.
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