Vendita immobile entro 5 anni dall'acquisto: quando è dovuta la tassazione sulla plusvalenza?

La Cassazione ricorda a quali condizioni la plusvalenza derivante dalla cessione infraquinquennale di un immobile è soggetta a tassazione

di Redazione tecnica - 09/06/2025

Quando la vendita di un immobile genera una plusvalenza imponibile? Quale valore assume la residenza anagrafica ai fini fiscali? E come può essere provata la destinazione dell’immobile a “dimora abituale”? La Corte di Cassazione, con l'ordinanza del 5 maggio 2025, n. 11786 chiarisce i criteri interpretativi dell’art. 67, comma 1, lett. b), del TUIR.

Plusvalenza e cessione infraquinquennale: la Cassazione sull’esenzione per l’abitazione principale

La controversia trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione una plusvalenza derivante dalla cessione infraquinquennale di un immobile, acquistato nel 2008 e ceduto l’anno successivo. Secondo l’Ufficio, non ricorrendo la condizione dell’“abitazione principale” prevista dall’art. 67, comma 1, lett. b), del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR), la plusvalenza era pienamente imponibile.

Il contribuente si era invece opposto, sostenendo di aver effettivamente abitato l’immobile, allegando residenza anagrafica e dichiarazioni di terzi. Dopo il primo grado favorevole (CTP), la CTR aveva accolto l’appello del Fisco, valorizzando una serie di presunzioni contrarie (brevità del possesso, prezzo, modalità della compravendita). Da qui il ricorso in Cassazione.

Nel valutare la legittimità della decisione della CTR, gli ermellini hanno ricordato il principio cardine secondo cui ai fini dell’esenzione IRPEF prevista dall’art. 67, la nozione di “abitazione principale” implica un uso effettivo e continuativo dell’immobile come dimora abituale. La sola residenza anagrafica non è sufficiente.

In altre parole, ciò che rileva è la situazione di fatto, non la semplice iscrizione anagrafica. L’Amministrazione Finanziaria può legittimamente disattendere la residenza anagrafica e basare l’accertamento su presunzioni gravi, precise e concordanti, atte a dimostrare che l’immobile non è stato effettivamente abitato.

Tra gli indici valorizzati dalla CTR:

  • l’immediata rivendita;
  • il prezzo di acquisto particolarmente favorevole;
  • la coincidenza temporale tra acquisto e preliminare di vendita;
  • l’assenza di utenze domestiche significative.

Le disposizioni del TUIR e il requisito di dimora abituale

L’art. 67, comma 1, lett. b), del TUIR assoggetta a IRPEF le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, salvo:

  • le unità acquisite per successione;
  • le unità adibite per la maggior parte del periodo intercorso tra acquisto e vendita ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.

Come chiarito dalla Cassazione, il requisito della “dimora abituale” ha natura sostanziale e oggettiva. È irrilevante la finalità soggettiva (speculativa o meno) e non ha rilievo la volontà del contribuente: la speculatività è presunta “ex lege” in caso di rivendita infraquinquennale, salvo prova contraria fondata sull’uso effettivo.

Prova dell’abitazione principale: sì alle dichiarazioni di terzi come indizi

Il punto in cui la Corte censura la sentenza d’appello riguarda la valutazione delle prove a discarico. La CTR aveva ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà rese da terzi, sul presupposto dell’inammissibilità della prova testimoniale nel processo tributario.

Ma la Cassazione precisa che “Le dichiarazioni rese da terzi, anche in forma extraprocessuale, possono essere valutate come indizi, in ossequio al principio del giusto processo e al diritto di difesa (art. 6 CEDU)”.

Pertanto, le Commissioni Tributarie non possono escludere a priori la valenza indiziaria di tali documenti, che vanno invece considerati nel contesto probatorio complessivo.

Per questo motivo la sentenza è stata cassata, con rinvio alla CTR in nuova composizione che dovrà analizzare la documentazione probatoria prodotta e che potrebbe portare a un esito diverso della controversia.

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