Ordine di demolizione, piani di recupero e condono edilizio: interviene il TAR

Il TAR Lazio ribadisce che i piani di recupero non sanano automaticamente gli abusi edilizi e che dopo la domanda di condono è vietato completare o ampliare l’immobile. Ecco i principi da conoscere per evitare nuove sanzioni.

di Redazione tecnica - 09/06/2025

Qual è la funzione reale dei piani di recupero urbanistico? In che misura una domanda di condono edilizio tutela dalle sanzioni per nuove opere abusive? E quando l’amministrazione può legittimamente disporre la demolizione anche di interventi parziali?

Ordine di demolizione e piani di recupero: i limiti alla sanatoria degli abusi edilizi

Sono domande tutt’altro che teoriche, che tecnici e operatori del settore edilizio si trovano ad affrontare spesso, specie in contesti segnati da edilizia “spontanea” e piani di recupero urbanistico non ancora pienamente attuati. In questi casi, l’ordine di demolizione rappresenta uno strumento vincolato per il ripristino della legalità edilizia e il principio di unitarietà dell’intervento edilizio impedisce che il privato possa invocare sanatorie parziali o prospettare artificiose distinzioni tra opere lecite e illecite.

A fornire importanti chiarimenti è la sentenza del TAR Lazio n. 7286 del 14 aprile 2025, che affronta un caso emblematico e ci permette di richiamare principi consolidati della giurisprudenza amministrativa sui rapporti tra condono edilizio, completamento di opere abusive, funzione dei piani di recupero e poteri sanzionatori dell’amministrazione.

Il contenzioso nasce dall’impugnazione di un’ordinanza di demolizione emessa dal Comune a carico di un immobile oggetto di domanda di condono edilizio (ai sensi della Legge n. 47/1985), sul quale però, dopo la presentazione dell’istanza, erano stati eseguiti ulteriori interventi di completamento e ampliamento.

In particolare, il ricorrente sosteneva che la futura adozione di un piano di recupero urbanistico e la pendenza della domanda di condono dovessero precludere o quantomeno limitare il potere del Comune di ordinare la demolizione delle opere successive.

I principi affermati dal TAR

La sentenza affronta con rigore tecnico cinque questioni centrali, ribadendo orientamenti ormai consolidati.

1. I piani di recupero non sanano automaticamente gli abusi pregressi

I piani di recupero urbanistico hanno la funzione di consentire, in un’ottica di riqualificazione complessiva, il riequilibrio di aree degradate o interessate da edilizia spontanea. Tuttavia – precisa il TAR – la futura adozione di un piano di recupero non legittima ex se le opere abusive già realizzate: l’effetto sanante può derivare solo dall’approvazione definitiva del piano con specifiche previsioni di compatibilità urbanistica e previa conclusione del relativo procedimento. E anche in tal caso, gli effetti riguarderebbero il futuro, non potrebbero incidere retroattivamente sulla legittimità di abusi già accertati.

2. Dopo la domanda di condono, vige il divieto di eseguire nuove opere

Un principio di fondamentale importanza per i tecnici: dopo la presentazione di una domanda di condono, è vietato realizzare nuovi lavori di completamento, ampliamento o variante dell’immobile abusivo. Qualunque intervento successivo ripete l’illiceità dell’opera principale e può legittimamente essere colpito da provvedimenti sanzionatori. La pendenza della domanda non "congela" l’immobile, né sospende l’applicazione delle regole generali.

3. L’amministrazione può disporre la demolizione anche in pendenza della domanda di condono

La pendenza del procedimento di condono non impedisce al Comune di intervenire con un’ordinanza di demolizione per contrastare nuovi abusi. Anzi, quando le opere successive compromettono l’identità della res oggetto di condono (rendendo impossibile distinguere il lecito dall’illecito), l’amministrazione può procedere alla demolizione integrale. In tal senso, il TAR richiama il principio dell’unitarietà dell’organismo edilizio: un concetto chiave già scolpito all’art. 31 del Testo Unico Edilizia, che vieta di frammentare artificiosamente l’accertamento.

4. Non è ammessa la sanatoria parziale

Il concetto di “costruzione” deve essere considerato unitariamente: non è consentito ottenere una sanatoria parziale di singole porzioni di un manufatto, isolando le parti legittime da quelle abusive. L’assenza di conformità dell’intero organismo edilizio impedisce l’accoglimento parziale della domanda. Quando le nuove opere modificano l’identità complessiva dell’immobile, la demolizione può riguardare l’intero manufatto, non solo i nuovi elementi.

5. Il principio di proporzionalità non limita il potere vincolato di demolizione

Infine, il TAR ha ribadito che l’ordine di demolizione è un atto vincolato: una volta accertati i presupposti di legge, il Comune è obbligato a disporlo. Non trova applicazione il principio di proporzionalità, né può configurarsi alcun legittimo affidamento del privato. Eventuali questioni di stabilità delle parti residue dovranno essere valutate nella fase esecutiva. Il potere sanzionatorio in materia edilizia mira a tutelare l’assetto legale del territorio, non può essere condizionato da valutazioni discrezionali sull’opportunità o meno della demolizione.

Quadro normativo

La sentenza conferma l’applicazione coerente di principi consolidati che si ritrovano in numerosi precedenti del Consiglio di Stato e dei TAR:

  • artt. 27 e 31 del d.P.R. n. 380/2001: disciplina degli interventi abusivi e delle relative sanzioni;
  • art. 38 del d.P.R. n. 380/2001: effetti della fiscalizzazione per interventi su titolo annullato;
  • norme sul condono edilizio straordinario (leggi n. 47/1985, n. 724/1994, n. 326/2003);
  • consolidato principio giurisprudenziale sull’unitarietà della costruzione e sul divieto di sanatoria parziale.

Conclusioni

Questa sentenza conferma, una volta di più, che i margini di azione del tecnico e del privato in presenza di abusi edilizi sono limitati e regolati da principi rigorosi:

  • non è possibile affidarsi alla futura adozione di piani di recupero per sanare automaticamente abusi pregressi;
  • non è consentito eseguire lavori dopo la presentazione della domanda di condono: ogni intervento successivo rischia di compromettere l’esito del procedimento e legittimare nuove sanzioni;
  • il principio di proporzionalità non può essere invocato per “salvare” opere abusive in presenza di un ordine di demolizione vincolato.

Un quadro che richiama, ancora una volta, la necessità per i professionisti tecnici di operare con estrema attenzione e di informare correttamente i propri clienti sui limiti oggettivi della sanatoria edilizia.

Come sempre, la sentenza ribadisce che serve un approccio chiaro e realistico: la legislazione edilizia non consente scorciatoie né affidamenti su future, ipotetiche possibilità di recupero. E proprio per questo sarebbe quanto mai utile – anche alla luce delle recenti modifiche introdotte dal DL Salva Casa – lavorare a una riforma organica e coerente del Testo Unico Edilizia, che restituisca certezze operative ai tecnici e alla stessa Pubblica Amministrazione. Un lavoro di sistema, che eviti di scaricare sul contenzioso amministrativo la gestione di situazioni non chiaramente disciplinate.

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