CILA e apertura porta sul pianerottolo: il Comune può intervenire?
Il Consiglio di Stato: la legittimazione del condòmino ad aprire un varco sul pianerottolo comune è questione civilistica, estranea alla vigilanza dell'amministrazione
I controlli a carico di un’amministrazione comunale sulle opere edilizie soggette a CILA restano confinati al solo profilo urbanistico e non possono riguardare interventi su opere comuni che, in caso di contenzioso, vanno risolti davanti al giudice ordinario.
Lavori su parti comuni condominiali e CILA: il Comune non può intervenire
Sulla base di questi presupposti, il Consiglio di Stato, con la sentenza del 21 maggio 2025, n. 4349, ha confermato la legittimità di una nota di un Comune che aveva respinto l’istanza presentata da tutti i condòmini di un fabbricato che chiedevano l’inibizione dei i lavori avviati da un altro condomino tramite CILA. Le opere avevano comportato anche l’apertura di un secondo ingresso dall’appartamento al pianerottolo condominiale, ritenuto parte comune ai sensi dell’art. 1117 c.c.
Secondo i ricorrenti, la mancanza del consenso assembleare rendeva l'opera illegittima e invocavano l’intervento inibitorio del Comune in applicazione dell’art. 11 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), per difetto di legittimazione soggettiva alla presentazione della CILA.
Il Comune si era espresso negativamente, affermando che la questione, attinente alla legittimazione tra privati su parti comuni, esulava dalle proprie competenze istituzionali e rientrava nel solo ambito civilistico. Da qui l’impugnazione dinanzi al TAR e poi al Consiglio di Stato.
CILA: natura della comunicazione e verifiche possibili
Il Consiglio di Stato ha ribadito che nessun obbligo grava sull’amministrazione comunale di verificare la legittimazione soggettiva del condomino nel presentare una CILA che riguardi anche opere su beni comuni condominiali.
La pronuncia si fonda su un principio fondamentale: la CILA non è un’autorizzazione amministrativa, ma una comunicazione di attività edilizia liberalizzata.
A differenza del permesso di costruire (che presuppone, ex art. 11 d.P.R. n. 380/2001, che il richiedente sia proprietario o abbia titolo legittimante), la CILA non richiede alcun accertamento di titolarità o diritto sull’immobile, poiché non comporta alcun esercizio di potere autorizzativo da parte della PA.
Si tratta infatti di un titolo abilitativo general-residuale degli interventi edilizi non riconducibili né entro i più rigidi regimi della SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) o del permesso di costruire, né entro l'attività edilizia libera (cfr. art. 6-bis Testo Unico Edilizia), che appartiene, come la SCIA, al genus della liberalizzazione delle attività private.
Ne consegue che l'intervento edilizio non è sottoposto a un preventivo assenso amministrativo, bensì è autorizzato direttamente dalla legge in presenza dei presupposti normativamente stabiliti, salvo il dovere del privato di comunicare l'inizio dei lavori, con l'indicazione delle caratteristiche dell'intervento, a pena dell'irrogazione di una sanzione pecuniaria (art. 6-bis, co. 5, d.p.r. 380/2001).
La CILA, a differenza della SCIA, non innesta un procedimento di controllo specifico da parte dell'amministrazione, che può intervenire solo ex post, se accerta che l’intervento difetta dei presupposti normativi e contrasta con la disciplina urbanistica o edilizia locale.
Diversamente dal permesso di costruire, che, essendo un provvedimento autorizzativo, può essere rilasciato, ex art. 11 d.P.R. 380/2001, solo «al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo», e, dunque, presuppone che il Comune verifichi la legittimazione del richiedente al conseguimento dell'abilitazione, per la CILA questa tipologia di controllo non solo non è contemplata dalla legge, ma è anche incoerente con la natura dell'istituto, che non è un provvedimento amministrativo tacito di autorizzazione, bensì una comunicazione privata di un'attività liberalizzata.
La sentenza del Consiglio di Stato
L'eventuale difetto di legittimazione alla realizzazione dell'opera si risolve, pertanto, in una mera questione civilistica e colui che si ritenga leso dall'indebita intrusione materiale sul proprio immobile potrà tutelarsi, con gli strumenti previsti dalla legge, dinanzi al giudice ordinario.
L’appello è stato quindi respinto, confermando la piena legittimità della nota del Comune in quanto:
- il Comune può agire in caso di violazione delle regole edilizie, ma non può pronunciarsi sulla titolarità soggettiva del diritto ad eseguire l’intervento;
- il Comune può intervenire solo se l’opera è urbanisticamente illecita o soggetta a titolo edilizio diverso dalla CILA;
- la verifica della legittimazione del singolo condomino ad aprire, senza autorizzazione degli altri comproprietari, una porta sul muro condominiale aggettante sul pianerottolo comune fuoriesce dal potere di vigilanza dell'amministrazione comunale, ma compete solo il giudice ordinario.
Documenti Allegati
Sentenza