Prima casa e decadenza dai benefici: interviene la Cassazione
La responsabilità per la perdita dell’agevolazione grava su chi ha effettivamente beneficiato del regime di favore e su soggetti terzi formalmente estranei al contratto, se hanno partecipato concretamente all’atto di acquisto
La forma non salva dalla sostanza. È questo, in estrema sintesi, il principio riaffermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 6 maggio 2025, n. 11842, pronunciandosi sulla legittimità della richiesta di imposta aggiuntiva avanzata dall’Amministrazione finanziaria nei confronti di due contribuenti, a seguito della decadenza dalle agevolazioni “prima casa”.
Una vicenda che ruota attorno alla figura del contratto a favore di terzo e alla sua effettiva portata nei rapporti con il fisco.
Agevolazioni prima casa: benefici e responsabilità dei terzi
Il contenzioso trae origine da un’operazione di permuta, con cui una contribuente aveva ceduto un terreno edificabile a una società immobiliare, ottenendo in cambio due appartamenti da costruire, da intestare direttamente ai figli. I due fratelli erano intervenuti nell’atto notarile, avevano accettato il trasferimento in proprio favore e, soprattutto, avevano richiesto l’applicazione delle agevolazioni “prima casa”.
I due avevano quindi alienato gli immobili senza rispettare il vincolo quinquennale previsto dalla normativa agevolativa e, senza acquistare un’altra abitazione principale entro l’anno successivo, condizione imprescindibile per evitare la decadenza dalle agevolazioni.
Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate del meccanismo sanzionatorio previsto dalla Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte I, del d.P.R. 131/1986, con la perdita del beneficio e l’applicazione dell’imposta in misura ordinaria, sanzioni e interessi.
Nota II-bis: struttura e presupposti della decadenza
La Nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 131/1986 è il cuore della disciplina in materia di imposta di registro agevolata per l’acquisto della “prima casa”. Essa stabilisce che l’aliquota ridotta si applica a condizione che:
- l’immobile acquistato sia destinato ad abitazione principale entro 18 mesi;
- non si possiedano altri immobili acquistati con agevolazione “prima casa”;
- in caso di vendita entro cinque anni dall’acquisto, l’acquirente proceda, entro un anno, a un nuovo acquisto di un immobile da adibire ad abitazione principale.
La mancata osservanza di quest’ultima condizione determina la decadenza dall’agevolazione, con obbligo di restituzione delle imposte risparmiate, oltre sanzioni e interessi.
Ed è proprio su questo punto che si innesta la pronuncia della Suprema Corte.
La Cassazione: chi accetta il beneficio ne assume anche l’onere
Secondo i contribuenti gli avvisi di liquidazione sarebbero stati illegittimi, in quanto sarebbero stati meri “terzi” beneficiari dell’effetto traslativo, ai sensi dell’art. 1411 c.c. Secondo la loro tesi, essendo la società l’effettiva parte venditrice del contratto, solo quest’ultima avrebbe dovuto rispondere del recupero dell’imposta.
Una ricostruzione che non ha convinto i giudici di merito, né quelli di legittimità: tanto la CTP quanto la CTR avevano già respinto l’eccezione, valorizzando un elemento dirimente: i due fratelli avevano partecipato attivamente al contratto, accettando l’intestazione degli immobili e sottoscrivendo le relative dichiarazioni per usufruire del regime agevolato. La loro presenza nell’atto esclude la configurabilità di una posizione di terzietà.
In particolare, “La figura del contratto a favore di terzo […] postula che il terzo sia rimasto estraneo al contratto stipulato da altri. […] Non è configurabile un contratto a favore di terzi […] nel caso in cui l'avente diritto alla prestazione non sia rimasto estraneo al contratto da altri stipulato in suo favore, bensì sia stato parte stipulante sostanziale del contratto fonte del suo diritto nei confronti dell'obbligato promittente”.
Sul punto la Corte di Cassazione ha quindi osservato che:
- i giudici di merito avevano correttamente interpretato le clausole contrattuali;
- i ricorrenti non erano affatto estranei, ma parte sostanziale dell’accordo.
A nulla vale, quindi, il richiamo alla figura del contratto a favore di terzo. Chi interviene in atto, accetta il trasferimento diretto del bene, presenta le dichiarazioni sostitutive e richiede personalmente le agevolazioni fiscali, non può sottrarsi agli obblighi connessi alla loro eventuale decadenza.
Il ricorso è stato quindi respinto confermando che la responsabilità per la perdita dell’agevolazione grava su chi ha effettivamente beneficiato del regime di favore e su soggetti terzi formalmente estranei al contratto, se questi ultimi hanno invece partecipato concretamente all’atto di acquisto.
Documenti Allegati
Ordinanza