Demolizione e ricostruzione su area di sedime diversa: svolta del CGARS sulla ristrutturazione edilizia

Il CGARS amplia la portata degli interventi di ristrutturazione edilizia in caso di demolizione e ricostruzione. Ricostruire su area distinta non è più vietato. Ecco cosa cambia

di Gianluca Oreto - 13/06/2025

Quando un intervento di demolizione e ricostruzione può essere qualificato come “ristrutturazione edilizia”? Qual è il significato da attribuire oggi al concetto di “diverso sedime”? Fino a che punto è possibile traslare volumetrie, anche su un lotto distinto? E quali implicazioni comporta tutto ciò per la rigenerazione urbana e per il governo del consumo di suolo?

Demolizione e ricostruzione su area diversa: la svolta del CGARS

Domande tutt’altro che banali, che continuano ad animare sia il lavoro quotidiano dei tecnici che la giurisprudenza amministrativa, spesso chiamata a sciogliere i dubbi interpretativi derivanti da una normativa che, seppur datata e più volte modificata per provare a rincorrere una realtà in costante evoluzione, finisce per alimentare ulteriore incertezza interpretativa.

È quello che accade quotidianamente a chi si confronta con il d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). Una norma che ha ampiamente superato il ventennio di applicazione ma che, proprio a causa di continui interventi legislativi, alimenta non pochi dubbi interpretativi — dubbi che neppure la giurisprudenza riesce sempre a dirimere in modo definitivo.

Qualche giorno fa, ad esempio, vi ho parlato delle problematiche inerenti alla ricostruzione dello stato legittimo di un immobile che – benché sulla carta semplificata dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa) – presenta ancora più di una complicazione operativa. E se una certa dose di complessità può essere fisiologica, la complicazione (quella che sfocia in contenziosi infiniti) rischia invece di essere patologica.

Altro tipico esempio di questa complicazione è offerto dall’intervento di “demolizione e ricostruzione” sul quale il legislatore è più volte intervenuto nel corso degli anni, provando ad incentivare questo intervento modificando e ampliando la definizione di “ristrutturazione edilizia” contenuta all’art. 3, comma 1, lettera d), del Testo Unico Edilizia. Argomento sul quale si è sviluppata una copiosa giurisprudenza, spesso non unanime.

Un contributo assai significativo giunge dalla sentenza n. 422 del 3 giugno 2025 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, che, in netta riforma della pronuncia del TAR, amplia in modo inequivoco il concetto di demolizione e ricostruzione. Una nuova posizione che potrebbe di fatto ampliare il concetto di ristrutturazione edilizia.

Il caso: ricostruzione su area fisicamente e catastalmente distinta

La vicenda trae origine dal diniego opposto da un Comune ad un intervento di demolizione di un edificio esistente e sua ricostruzione su altra area catastalmente e fisicamente distinta, previa traslazione della volumetria originaria.

Secondo il TAR, la nuova definizione di ristrutturazione edilizia - modificata nel 2020 dal D.L. n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni) - avrebbe sì ampliato l’ambito della demolizione e ricostruzione (diversa sagoma, prospetti, sedime, planivolumetria), ma sempre entro il perimetro di un suolo già “consumato”, così da non compromettere il principio del contenimento del consumo di nuovo suolo.

Il CGARS, con un articolato ragionamento, ha ribaltato questo approccio.

La nuova definizione di ristrutturazione edilizia

Come ricorda il Consiglio, la precedente giurisprudenza amministrativa subordinava la qualificazione di un intervento come ristrutturazione edilizia ad una rigida continuità con l’edificio demolito: stessa volumetria, stessa altezza, stessa sagoma e soprattutto stesso sedime.

Tale impostazione era coerente con la vecchia formulazione dell’art. 3, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 380/2001. Con la novella del 2020, però, il legislatore ha inteso liberare la ristrutturazione da tali vincoli, ammettendo ora espressamente interventi di demolizione e ricostruzione “con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche”.

Come previsto dalla stessa lettera d): “Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico”.

Secondo il CGARS, ciò implica che il nuovo edificio non deve più necessariamente collocarsi nello stesso lotto o nello stesso terreno del manufatto demolito: “Poiché il legislatore si è limitato soltanto ad ammettere la ristrutturazione anche in caso di ricostruzione su un diverso sedime, ossia su un’area diversa da quella originariamente occupata, deve ritenersi possibile tale attività anche mediante l’utilizzo di un’area distinta, anche se appartenente ad un altro lotto”.

In altri termini, il “sedime diverso” non può essere limitato all’ambito del lotto originario, salvo che il legislatore avesse voluto specificarlo (cosa che non ha fatto).

Nessuna assimilazione alla “nuova costruzione”

Una delle questioni cruciali è evitare che questa ampia lettura della ristrutturazione edilizia annulli la distinzione rispetto alla “nuova costruzione” (art. 3, comma 1, lett. e), d.P.R. n. 380/2001).

Il CGARS ha chiarito che tale rischio non sussiste, in quanto la ristrutturazione edilizia presuppone comunque la demolizione di un edificio preesistente. Il bilanciamento tra demolizione e ricostruzione evita dunque di configurare un intervento che consumi nuovo suolo in senso assoluto.

Inoltre, la ricostruzione su area diversa resta subordinata al rispetto:

  • delle capacità edificatorie del nuovo lotto:
  • dell’eventuale regolamento comunale sulla cessione di cubatura.

Nel caso di specie, il CGARS ha verificato che il regolamento del Comune consentiva la cessione tra aree omogenee distanti fino a 1500 metri (e nel caso concreto la distanza tra area di origine e area di destinazione era ben inferiore).

Considerazioni tecniche

Dal punto di vista tecnico, la sentenza offre una lettura avanzata e coerente con le esigenze di rigenerazione urbana.

Nel contesto attuale, caratterizzato da:

  • stock edilizio obsoleto;
  • necessità di efficientamento energetico;
  • tutela sismica;
  • valorizzazione del territorio esistente;

è fondamentale che la ristrutturazione edilizia non resti imbrigliata in un formalismo legato a vecchi parametri morfologici o planimetrici.

Seguendo l’interessante approccio del CGARS, adesso “dovrebbe” (il condizionale, purtroppo, è sempre d’obbligo) essere possibile (salvo successive e non improbabili oscillazioni interpretative):

  • una maggiore flessibilità progettuale;
  • un uso più razionale del territorio;
  • la possibilità di superare limiti morfologici di lotti non più idonei alla moderna edilizia;
  • una gestione urbanistica più sostenibile.

Ovviamente, il tutto va sempre ancorato a un attento controllo di bilancio urbanistico: la demolizione deve essere effettiva, la volumetria trasferita deve rispettare i parametri della zona di approdo, e i regolamenti comunali devono garantire la coerenza dell’operazione.

Conclusioni

La sentenza del CGARS si pone come precedente giurisprudenziale molto rilevante per la prassi edilizia:

  • chiarisce che il concetto di “diverso sedime” può includere anche lotti distinti;
  • rafforza il carattere innovativo della ristrutturazione edilizia post-2020;
  • evidenzia il ruolo dei regolamenti locali nella regolazione della cessione di cubatura;
  • offre agli operatori uno strumento utile per contribuire a politiche di rigenerazione urbana effettive, evitando un approccio meramente formalistico.

Sarà ora interessante verificare se la giurisprudenza amministrativa e i regolamenti comunali assorbiranno stabilmente questa interpretazione evolutiva, che — come ingegneri e progettisti — non possiamo che apprezzare per la sua coerenza con i reali bisogni della trasformazione urbana contemporanea.

© Riproduzione riservata