Mancata firma digitale: il Consiglio di Stato sulla validità della firma autografa
Nonostante l'importanza della digitalizzazione l’obiettivo primario delle Amministrazioni resta l’individuazione dell’offerta migliore nel rispetto della legalità e dell’efficienza, senza sacrificare inutilmente partecipazione e concorrenza
È legittima l’ammissione di un’offerta economica sottoscritta in forma analogica e non digitale da parte delle mandanti di un RTI? Qual è il valore giuridico delle modalità di firma quando la lex specialis presenta ambiguità? Come si concilia l’obbligo della firma digitale con la necessità di garantire la massima partecipazione alle gare pubbliche?
Firma digitale e firma analogica: il Consiglio di Stato punta al principio del risultato
A ricordare il valore dell'interpretazione sostanzialistica delle offerte, nel rispetto del principio del risultato e della par condicio tra concorrenti è il Consiglio di Stato con la sentenza del 5 giugno 2025, n. 4877 in riefrimento all’appello proposto da un’impresa che aveva impugnato l’aggiudicazione di un appalto in favore di un RTI, sul presunto vizio dell’offerta economica, in quanto sottoscritta digitalmente solo dalla mandataria e non anche dalle mandanti, in contrasto con le previsioni del disciplinare di gara che prescrivevano l’uso esclusivo della firma digitale.
Secondo l’impresa appellante, la stazione appaltante avrebbe dovuto escludere l’RTI aggiudicatario per violazione della lex specialis, che imponeva la firma digitale dell’offerta economica da parte di tutte le imprese del raggruppamento. In particolare, si contestava la mancata sottoscrizione digitale delle due mandanti, che avevano firmato l’offerta solo in modalità analogica, allegando copia del documento d’identità.
La questione affrontata attiene alla corretta interpretazione dell’art. 70, comma 4, del d.lgs. n. 36/2023, secondo cui sono inammissibili le offerte non conformi alla lex specialis, e del principio del favor partecipationis, richiamato in più pronunce dalla giurisprudenza amministrativa.
Rilevante è anche l’art. 65 del d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell'Amministrazione Digitale), che legittima l’uso della firma analogica, accompagnata da documento d’identità, come forma alternativa alla sottoscrizione digitale, nel quadro delle comunicazioni tra privati e pubblica amministrazione.
Ok alla firma analogica, se esprime identità univoca dell'OE
In primo grado, il TAR aveva rigettato il ricorso, ritenendo sufficiente, ai fini della validità dell’offerta, la sottoscrizione autografa in formato PDF con documento allegato.
Una tesi confermata anche dai giudici d’appello, secondo cui:
- la firma analogica con documento d’identità scansionato, caricata in piattaforma, costituisce modalità ammissibile ed equipollente alla firma digitale, in forza dell’art. 65 del CAD;
- la legge di gara presentava ambiguità, poiché l’allegato 3 prevedeva espressamente la possibilità di sottoscrizione autografa, non coerente con quanto richiesto dal disciplinare (firma digitale);
- in presenza di clausole ambigue, deve prevalere l’interpretazione che favorisca la massima partecipazione, anche per evitare esclusioni irragionevoli fondate su formalismi non sostanziali.
Inoltre, è stato riconosciuto che il contenuto dell’offerta era chiaramente imputabile al costituendo RTI, e non vi era incertezza sulla riconducibilità delle dichiarazioni alla volontà dei componenti.
Il principio del risultato come guida dell'operato delle SA
Il Collegio ha poi richiamato i principi di proporzionalità, risultato e strumentalità delle forme, osservando che il processo di digitalizzazione non può trasformarsi in un ostacolo alla partecipazione alle gare pubbliche, specie in assenza di pregiudizio per la trasparenza e la par condicio.
L’esclusione non può fondarsi su una interpretazione formalistica, ove non vi sia dubbio sull’identificabilità dell’autore dell’offerta e sulla sua riconducibilità al soggetto partecipante.
A rilevare sono i principi del favor partecipationis e del risultato, già ampiamente valorizzati dal nuovo Codice dei contratti pubblici, che impone alle stazioni appaltanti di evitare esclusioni specie quando l’offerta è comunque chiaramente riconducibile al concorrente.
In particolare, in un contesto normativo che valorizza la digitalizzazione, ma non in modo esclusivo o rigido, l’obiettivo primario resta l’individuazione dell’offerta migliore nel rispetto della legalità e dell’efficienza, senza sacrificare inutilmente la partecipazione e la concorrenza.