Sanatoria edilizia e vincoli paesaggistici: il Consiglio di Stato conferma i limiti

Il Consiglio di Stato chiarisce i casi in cui il ripristino dei luoghi è obbligatorio e quando la compatibilità paesaggistica impedisce il rilascio della sanatoria edilizia

di Redazione tecnica - 16/06/2025

Quando un intervento si può considerare compatibile con il paesaggio? E in quali casi la tutela del paesaggio prevale anche su eventuali esigenze di regolarizzazione edilizia?

Sanatoria edilizia e vincoli paesaggistici: la sentenza del Consiglio di Stato

Sono domande più che mai attuali sulle quali oggi occorre considerare le recenti modifiche apportate al d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa), che ha introdotto nel nostro ordinamento la nuova sanatoria semplificata utilizzabile anche in caso di interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica.

In alcuni casi, però, la risposta a queste domande non cambia e valgono gli stessi principi ormai consolidati e applicabili sia ante che post Salva Casa. Per comprenderlo ci viene in aiuto il Consiglio di Stato che, con la sentenza 5 giugno 2025, n. 4892, ha ribadito con estrema chiarezza alcuni orientamenti sul rapporto tra autorizzazione paesaggistica e sanatoria edilizia.

Oggetto del contenzioso era un complesso di opere abusive realizzate in area sottoposta a vincolo ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. g), del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e dichiarata di notevole interesse pubblico da apposito decreto ministeriale. Le opere comprendevano manufatti edilizi, una strada interpoderale pavimentata con cordoli, muri di sostegno, impianto di illuminazione, terrazzamenti e sistemazioni morfologiche.

Dopo un diniego motivato di compatibilità paesaggistica e di permesso di costruire in sanatoria da parte dell’amministrazione comunale e della Soprintendenza, il caso è approdato davanti ai giudici amministrativi.

Le contestazioni

La proprietaria aveva sostenuto che le opere in questione, in particolare la strada interpoderale, costituissero interventi di manutenzione straordinaria, e che dunque sarebbero state sanabili mediante autorizzazione paesaggistica postuma ex art. 167, comma 4, del d.lgs. 42/2004.

Secondo la ricorrente, l’impatto paesaggistico sarebbe stato contenuto e comunque compatibile con i vincoli presenti, e il diniego opposto sarebbe risultato sproporzionato.

Di contro, l’amministrazione comunale e la Soprintendenza hanno ribadito che gli interventi, per entità e caratteristiche, avevano comportato modifiche irreversibili della morfologia del territorio, compromettendo la percezione visiva e la naturalità dell’ambiente protetto.

I principi espressi dal Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha confermato integralmente l’impostazione della pubblica amministrazione e del TAR, riaffermando principi di rilievo per la prassi operativa:

  • in presenza di vincolo paesaggistico, la compatibilità paesaggistica costituisce un presupposto imprescindibile per il rilascio di qualunque titolo edilizio, anche in sanatoria. La mera conformità urbanistica non è sufficiente;
  • la valutazione di compatibilità paesaggistica deve tener conto non solo della singola opera, ma dell’effetto complessivo che l’intervento, considerato nel suo insieme, produce sul paesaggio tutelato;
  • l’autorizzazione paesaggistica postuma è possibile solo nei limitati casi previsti dall’art. 167, comma 4, del d.lgs. 42/2004 (opere di manutenzione ordinaria o straordinaria, interventi già previsti negli strumenti di pianificazione paesaggistica ecc.). Nel caso di specie, gli interventi erano qualificabili come nuove costruzioni e trasformazioni morfologiche incompatibili;
  • le previsioni urbanistiche locali (PAT, PI) non possono derogare ai vincoli paesaggistici né consentire interventi che alterino le caratteristiche protette del sito;
  • in caso di interventi incompatibili, l’unica soluzione è il ripristino dello stato dei luoghi, necessario per tutelare i valori paesaggistici compromessi.

Il quadro normativo di riferimento

Per una corretta lettura della decisione dei giudici di Palazzo Spada occorre considerare:

  • il D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio):
    • art. 142, comma 1, lett. g) – tutela delle aree boscate
    • art. 146 – autorizzazione paesaggistica
    • art. 167 – disciplina dell’autorizzazione paesaggistica postuma
  • il DM 18 novembre 1971 – dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area
  • il d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico Edilizia):
    • art. 3 – definizioni degli interventi edilizi
    • art. 31 e ss. – sanatoria edilizia e procedimenti repressivi
  • la Legge urbanistica n. 1150/1942 e successive modifiche

La sentenza non fa riferimento al nuovo art. 36-bis introdotto all’interno del TUE dal Salva Casa, in quanto l’abuso contestato è stato correttamente qualificato come “abuso totale”, sanabile – se del caso – con la sanatoria ordinaria di cui all’art. 36, preclusa però in assenza di accertamento di compatibilità paesaggistica e fuori dai casi previsti dall’art. 167, comma 4, del D.Lgs. n. 42/2004.

Conclusioni

La sentenza del Consiglio di Stato offre indicazioni operative chiare per la gestione di situazioni analoghe:

  • attenzione al vincolo: in zone vincolate occorre sempre valutare con rigore la compatibilità paesaggistica prima di proporre una sanatoria;
  • limiti della sanatoria: l’art. 167, comma 4, d.lgs. 42/2004 consente margini molto ristretti. Non tutte le opere sono sanabili, soprattutto quando comportano trasformazioni morfologiche sostanziali;
  • pianificazione urbanistica subordinata: la normativa paesaggistica prevale sugli strumenti urbanistici locali;
  • ripristino come soluzione: in presenza di alterazioni irreversibili e incompatibili, il ripristino dello stato dei luoghi è la strada obbligata.

Nei territori tutelati non si può ragionare solo in termini edilizi: la compatibilità paesaggistica, verificata ex ante, resta il presupposto imprescindibile per ogni intervento legittimo, salvo i casi particolari previsti dall’art. 167, comma 4, del Codice dei beni culturali e dall’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia.

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