Demolizione e Salva Casa: quando il giudice può sospendere l’ordine?
La Cassazione torna sul potere del giudice dell’esecuzione in materia di abusi edilizi e chiarisce i limiti operativi dell’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia: non tutti gli interventi sono sanabili.
Quali sono i presupposti per la sospensione o la revoca dell’ordinanza di demolizione in sede esecutiva? Il nuovo art. 36-bis del Testo Unico Edilizia può bloccare l’ordine del giudice penale? Cosa accade se l’intervento edilizio è stato realizzato in totale assenza di titolo?
Sospensione/revoca demolizione e Salva Casa: la sentenza della Cassazione
L’ordinamento edilizio italiano, com’è noto, conosce una dicotomia netta tra le violazioni formali e quelle sostanziali, spesso con effetti molto diversi anche in sede esecutiva. La questione della revoca o sospensione di un ordine di demolizione già impartito in via definitiva ha storicamente trovato spazio dinanzi al giudice dell’esecuzione, chiamato a valutare la sopravvenienza di provvedimenti incompatibili con l’adempimento dell’ordine stesso.
L’argomento ha trovato nuovi spunti di riflessione dopo l’upgrade che il legislatore ha fatto al d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) con la Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa) e, soprattutto, con l’avvento dell’art. 36-bis e della nuova sanatoria semplificata.
Alle domande iniziali ha risposto la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 16689 del 6 maggio 2025, offre l’occasione per riflettere sugli effetti del nuovo art. 36-bis del Testo Unico Edilizia oltre che sulle possibilità di ottenere la sospensione o la revoca di un ordine di demolizione.
I fatti
Il caso nasce da un’istanza presentata da un soggetto condannato in via definitiva nel 2009 per un abuso edilizio consistente in un edificio completamente privo di titolo abilitativo. Dopo l’ingiunzione a demolire emessa nel 2024 dal PM, l’interessato ha chiesto la sospensione dell’ordine, sostenendo che l’intervento potesse rientrare nella nuova sanatoria semplificata introdotta dal Decreto Salva Casa.
Il giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza, evidenziando:
- l’assenza di atti amministrativi sopravvenuti incompatibili con la demolizione;
- la mancanza di una vera e propria procedura amministrativa pendente al momento della decisione (la richiesta di sanatoria è arrivata solo successivamente e risultava generica);
- la non configurabilità, nemmeno in via potenziale, dei presupposti applicativi dell’art. 36-bis del TUE.
La Corte di Cassazione ha confermato, quindi, l’ordinanza, dichiarando il ricorso inammissibile per la sua genericità.
Sospensione o revoca dell’ordine di demolizione: condizioni e limiti
La giurisprudenza della Cassazione è consolidata nel ritenere che il giudice dell’esecuzione può sospendere o revocare l’ordine di demolizione solo in presenza di:
- provvedimenti amministrativi già adottati incompatibili con l’esecuzione;
- procedimenti amministrativi in corso da cui sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi specifici e concreti, l’emissione di atti di sanatoria.
Non è sufficiente, quindi, invocare genericamente l’esistenza di una norma più favorevole o presentare un’istanza meramente formale. Serve una prospettiva concreta, documentata, e idonea a incidere sull’effettiva eseguibilità dell’ordine demolitorio.
Sull’argomento esiste, ormai, una copiosa giurisprudenza della Cassazione tra cui:
- sentenza del 29 maggio 2023, n. 23311: l'ottenimento del permesso di costruire in sanatoria non determina automaticamente l'estinzione del reato edilizio. È, infatti, compito del Giudice dell'esecuzione verificare la legittimità del permesso di costruire in sanatoria emesso. Verifica che non si deve limitare a riscontrarne il rilascio.
- sentenza
del 30 maggio 2023, n. 23531: per revocare l'ordine di
demolizione di un immobile oggetto di condono edilizio, il giudice
dell'esecuzione deve verificare la legittimità del sopravvenuto
atto concessorio, sotto il profilo della sussistenza dei
presupposti per la sua emanazione, con riguardo a:
- disciplina applicabile;
- legittimazione di colui che abbia ottenuto il titolo in sanatoria;
- tempestività della domanda;
- rispetto dei requisiti strutturali e temporali per la sanabilità dell'opera;
- tipo di vincolo esistente;
- sussistenza dei requisiti volumetrici o di destinazione assentibili.
- sentenza del 22 giugno 2023, n. 46883: per la revoca dell'ordine di demolizione occorre che sussista un'incompatibilità insanabile e non meramente futura o eventuale con i concorrenti provvedimenti della P.A. che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato la abusività, fermo restando il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di verificare la legittimità e l'efficacia del titolo abilitativo, sotto il profilo del rispetto dei presupposti e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio, la corrispondenza di quanto autorizzato alle opere destinate alla demolizione e, qualora trovino applicazione disposizioni introdotte da leggi regionali, la conformità delle stesse ai principi generali fissati dalla legislazione nazionale.
- sentenza del 6 febbraio 2024, n. 5174: l'ordine di demolizione delle opere abusive emesso con sentenza passata in giudicato può essere sospeso solo se sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall'Autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con esso.
Salva Casa e art. 36-bis TUE: campo di applicazione ristretto
Aspetto marginalmente trattato dai giudici della Cassazione riguarda il nuovo art. 36-bis del d.P.R. 380/20011 che consente l’accertamento di conformità per alcune tipologie di abuso:
- parziali difformità dal permesso o dalla SCIA alternativa (art. 34 TUE);
- assenza o difformità da SCIA semplice (art. 37 TUE);
- variazioni essenziali (art. 32 TUE).
Per accedere alla regolarizzazione, l’intervento deve risultare (doppia conformità “alleggerita”):
- conforme alla disciplina edilizia al momento della realizzazione;
- conforme alla disciplina urbanistica al momento della domanda.
Questa nuova procedura:
- può essere condizionata alla realizzazione degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate;
- può essere applicata nelle zone sismiche e in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica (in questo caso anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati);
- prevede il silenzio-assenso dopo 45 giorni dalla richiesta (tempi che aumentano nel caso di interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica).
La norma è chiarissima nel definire a chi non si applica, ovvero agli interventi realizzati in totale assenza di titolo, come nel caso esaminato dalla Cassazione. Non basta, dunque, far riferimento astratto al “Salva Casa”: occorre una rigorosa verifica della natura dell’abuso e dei presupposti di regolarizzazione.
Conclusioni
Chi si trova a fare i conti con un ordine di demolizione già disposto in via definitiva, magari confidando nella nuova sanatoria semplificata del Salva Casa, deve essere consapevole di una cosa: non basta presentare una semplice istanza per bloccare l’esecuzione.
Il giudice dell’esecuzione ha un margine d’azione ben definito e ristretto: può sospendere o revocare l’ordine solo se esistono atti amministrativi già adottati o se è in corso un procedimento concreto e ben documentato che lasci prevedere, in tempi brevi, il rilascio di un titolo incompatibile con la demolizione. Le generiche dichiarazioni d’intento o le richieste prive di fondamento tecnico e giuridico non sono sufficienti.
In questo scenario, l’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia non rappresenta una scorciatoia per tutti. La nuova norma si applica infatti solo a irregolarità formali o limitate, come le parziali difformità da permessi o SCIA o le variazioni essenziali. Restano invece escluse tutte le ipotesi di totale assenza di titolo, come quella affrontata dalla Cassazione nella sentenza in esame.
Il messaggio che ne deriva è chiaro: l’ordine di demolizione non può essere aggirato con strumenti impropri o generici. Il Salva Casa, per quanto estenda alcune possibilità di regolarizzazione, non è una sanatoria “universale” e non neutralizza automaticamente le sanzioni previste per gli abusi edilizi.
Per tentare di bloccare l’esecuzione, è quindi fondamentale:
- analizzare con precisione la natura dell’abuso (è totale, parziale o una variazione essenziale?);
- verificare se rientra effettivamente nei casi previsti dal nuovo art. 36-bis;
- attivarsi tempestivamente con istanze motivate, corredate da una documentazione tecnica chiara e completa.
Solo un approccio tecnico e tempestivo può davvero incidere sul destino dell’opera. In assenza di elementi oggettivi e documentati, l’ordine di demolizione – come ricorda la Cassazione – non può che essere eseguito.
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 6 maggio 2025, n. 16689