Silenzio sull’istanza di sanatoria edilizia ex art. 36 TUE: è davvero un rigetto definitivo?
Come si interpreta il silenzio dell’amministrazione sulla richiesta di permesso di costruire in sanatoria? Le risposte della giurisprudenza e i riflessi pratici per tecnici e proprietari.
Cosa accade quando si presenta un’istanza di sanatoria edilizia e il Comune non risponde entro 60 giorni? Il silenzio della pubblica amministrazione equivale sempre a un diniego definitivo? È ancora possibile ottenere il permesso in sanatoria dopo il termine previsto?
Le procedure di sanatoria edilizia
Sono domande molto interessanti a cui occorre rispondere facendo preliminarmente un distinguo tra le due procedure di sanatoria edilizia previste dal d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) dopo l’upgrade arrivato dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa).
L’attuale versione del Testo Unico Edilizia (TUE) prevede diverse procedure a seconda che si tratti:
- di abusi totali, ovvero interventi realizzati in assenza o difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa;
- oppure abusi parziali e variazioni essenziali.
Nel primo caso (abusi totali) è possibile presentare istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del TUE e ottenere il permesso di costruire in sanatoria a condizione che l’intervento possieda la “doppia conformità”: l’intervento, cioè, deve essere conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (c.d. doppia conformità simmetrica o pesante).
Tra gli aspetti più significativi di questa procedura è possibile rilevare:
- l’impossibilità di condizionare il rilascio del permesso di costruire in sanatoria alla realizzazione di uno o più interventi che rendano l’intervento conforme alla normativa attuale (no sanatoria condizionata);
- il silenzio-rigetto decorsi 60 giorni dalla presentazione dell’istanza.
Nel secondo caso (abusi parziali e variazioni essenziali) è possibile presentare istanza di sanatoria semplificata ai sensi dell’art. 36-bis del TUE (inserito dal Salva Casa). Questa procedura rappresenta una vera e propria novità che, diversamente dal quella prevista all’art. 36, ha le seguenti peculiarità:
- prevede la doppia conformità “asimmetrica” o
“alleggerita”: l’intervento, cioè, deve risultare
conforme:
- alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda;
- ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento stesso.
- consente il rilascio della sanatoria condizionata alla realizzazione di interventi (anche strutturali) necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate;
- consente la sanatoria anche nelle zone sismiche o in caso di interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
- prevede il “silenzio-assenso” dopo 45 giorni dalla presentazione dell’istanza.
Il silenzio-rigetto sull’accertamento di conformità ex art. 36, TUE
Il silenzio sulle procedure di sanatoria, dunque, ha un valore significativo sia nel caso di sanatoria classica (art. 36) che semplificata (art. 36-bis).
Mentre sul “silenzio-assenso” di cui all’art. 36-bis siamo in attesa di comprendere il punto di vista dei giudici – soprattutto in riferimento al quarto periodo del comma 6 che dispone “Decorsi i termini di cui al primo, secondo e terzo periodo, eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci” – il tema del silenzio sull’istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 è tutt’altro che secondario perché tocca aspetti fondamentali dell’esercizio del potere amministrativo, del rapporto tra amministrazione e cittadino, e soprattutto influenza direttamente la possibilità di regolarizzare un’opera edilizia.
Per essendo ormai pacifico che il silenzio sull’istanza di cui all’art. 36 significa “sanatoria rifiutata”, resta da chiarire se, nel caso di inerzia della P.A. (per tanti motivi tra i quali l’assenza di personale), dopo i 60 giorni sia comunque possibile ottenere la sanatoria senza la necessità di passare attraverso i giudici.
Il silenzio diniego opposto da un'Amministrazione contro un'istanza di accertamento di conformità può, infatti, essere impugnato (pur restando legittimo). Ma, quali sono i poteri della P.A. dopo questi 60 giorni? Può sempre mantenere la possibilità di rilasciare il permesso di costruire in sanatoria?
Silenzio-rigetto: significativo ma non irrevocabile
La giurisprudenza più aggiornata (e consolidata) ha chiarito che il silenzio previsto dall’art. 36 TUE è un silenzio significativo, ma non irrevocabile.
Sull’argomento è recentemente intervenuto il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio che, con la sentenza n. 11192 del 9 giugno 2025, ha confermato che:
- il silenzio ha valore di rigetto provvedimentale, impugnabile entro i termini di legge;
- non preclude all’Amministrazione la possibilità di pronunciarsi anche dopo la scadenza dei 60 giorni, in modo espresso e motivato;
- il provvedimento espresso successivo sostituisce quello tacito con effetto ex nunc, ridefinendo l’assetto degli interessi e rendendosi autonomamente impugnabile.
Dunque, non si verifica una decadenza del potere amministrativo, ma solo l’esaurimento dell’obbligo di provvedere nei tempi.
Il caso
Nel caso concreto deciso dal TAR Lazio, il Comune aveva lasciato decorrere il termine di 60 giorni senza pronunciarsi. Successivamente ha rigettato espressamente la domanda, ritenendo non dimostrata la doppia conformità. Il ricorso proposto avverso il rigetto espresso è stato rigettato dal TAR, che ha ritenuto legittima la successiva valutazione dell’istanza da parte dell’Amministrazione, pur se fuori termine.
I giudici di primo grado hanno chiarito che:
- la motivazione richiesta non è quella dell’autotutela (non si applica l’art. 21-novies L. 241/1990);
- il provvedimento espresso non è una mera conferma del silenzio-diniego, ma un atto autonomo e sostitutivo, impugnabile ex art. 29 c.p.a..
Altro principio ribadito dalla sentenza è che “È onere del richiedente fornire la prova rigorosa della doppia conformità urbanistica ed edilizia”. In mancanza di documentazione tecnica adeguata, la P.A. può legittimamente rigettare la domanda.
Conclusioni
Alla luce del quadro normativo vigente e delle più recenti pronunce giurisprudenziali, è possibile affermare con chiarezza che:
- il silenzio sull’istanza di sanatoria ex art. 36 TUE costituisce un rigetto provvedimentale impugnabile, ma non esaurisce il potere della pubblica amministrazione di decidere sull’istanza stessa;
- la valutazione espressa successiva da parte dell’Amministrazione, anche oltre i 60 giorni, è pienamente legittima, purché motivata e adottata secondo i criteri ordinari di correttezza procedimentale;
- tale provvedimento non è una mera conferma del silenzio, ma ridefinisce l’assetto degli interessi tra privato e P.A. e deve essere trattato come autonomo ai fini dell’eventuale impugnazione.
Per i tecnici e i professionisti del settore, ciò comporta due conseguenze operative fondamentali:
- Non va mai sottovalutata l’importanza di documentare in modo puntuale la sussistenza della doppia conformità, predisponendo un corredo istruttorio solido e coerente sin dalla fase iniziale;
- In presenza di silenzio oltre i termini, è strategico valutare l’opportunità di sollecitare un provvedimento espresso, che può, in alcuni casi, riaprire la possibilità di sanatoria evitando un contenzioso.
In definitiva, il silenzio-rigetto non rappresenta la fine del procedimento, ma una fase intermedia che può essere superata attraverso un’adeguata strategia tecnica e amministrativa. È proprio in questa zona grigia, tra norma e prassi, che il ruolo del tecnico si conferma decisivo.
Documenti Allegati
Sentenza TAR Lazio 9 giugno 2025, n. 11192