Oneri di urbanizzazione per cambio di destinazione d’uso: quando sono sempre dovuti

Anche senza aumento del carico urbanistico, il passaggio tra categorie funzionali autonome può generare obblighi contributivi. Lo chiarisce il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5326/2025.

di Redazione tecnica - 20/06/2025

Il cambio di destinazione d’uso tra categorie funzionali autonome comporta sempre il pagamento degli oneri di urbanizzazione? Anche quando non aumenta il carico urbanistico? E quale ruolo ha la normativa regionale?”

Oneri di urbanizzazione per cambio di destinazione d’uso: interviene il Consiglio di Stato

Nel panorama dell’edilizia privata, pochi temi generano contenziosi quanto il cambio di destinazione d’uso e la relativa imposizione di oneri di urbanizzazione. Il motivo è chiaro: spesso si confonde l’effettiva incidenza dell’intervento con la categoria urbanistica cui esso afferisce.

È su questa distinzione che si innesta la sentenza del Consiglio di Stato n. 5326 del 18 giugno 2025, che chiarisce come la classificazione funzionale urbanistica dell’immobile possa di per sé generare obblighi contributivi, anche in assenza di un effettivo incremento del carico urbanistico.

Il caso concreto: da commerciale a direzionale, via SCIA

La vicenda nasce da un intervento di ristrutturazione edilizia con cambio di destinazione d’uso, realizzato tramite SCIA, da commerciale a direzionale. Il Comune ha richiesto il pagamento di oneri di urbanizzazione in forza di quanto stabilito dalla normativa regionale. Il privato ha, quindi, impugnato il provvedimento, sostenendo che in assenza di aumento del carico urbanistico non vi fosse alcuna obbligazione contributiva. Il TAR ha respinto il ricorso e si è arrivati al Consiglio di Stato.

I principi del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha stabilito tre principi fondamentali:

  1. gli oneri sono dovuti anche senza aumento del carico urbanistico se vi è:
    • una ristrutturazione edilizia;
    • un cambio di destinazione d’uso con passaggio a categoria funzionale diversa (es. da commerciale a direzionale).
  2. il passaggio a una diversa categoria urbanistica autonoma giustifica ex se l’imposizione degli oneri, poiché genera un diverso assetto del territorio, indipendentemente dalla quantificazione del carico generato;
  3. la norma regionale e la delibera comunale costituiscono atti vincolanti, che non lasciano margini di discrezionalità al Comune al momento dell’applicazione.

La decisione del Consiglio di Stato richiama una consolidata giurisprudenza secondo cui il mutamento tra categorie funzionalmente autonome (residenziale, commerciale, direzionale, produttiva, turistico-ricettiva, rurale) è sempre rilevante ai fini urbanistici.

Non è quindi necessario che vi siano opere edilizie o aumento di superficie: basta il mutamento della funzione urbanistica dell’immobile.

L’onerosità non deriva solo dall’impatto effettivo

Altro aspetto sottolineato dai giudici di Palazzo Spada riguarda la ratio dell’onere urbanistico che non è solo compensativa (rispetto a servizi usurati o da realizzare), ma anche funzionale, cioè collegata alla trasformazione del territorio permessa al privato. Ne deriva che il criterio del “carico urbanistico effettivo” può essere secondario rispetto alla presenza di un mutamento soggettivamente rilevante, come definito dalla normativa regionale.

Nel caso di specie, la normativa regionale (siamo in Emilia Romagna e occorre considerare l’art. 30 della L.R. n. 15/2013), prevede che:

  • gli oneri siano dovuti per le ristrutturazioni edilizie;
  • anche per i mutamenti di destinazione d’uso nei casi di cui all’art. 28, commi 3 e 4, della citata L.R. n. 15/2013.

I commi 3 e 4, art. 28, della L.R. n. 15/2013 dispongono:

“3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 4, il mutamento di destinazione d'uso comporta una modifica del carico urbanistico qualora preveda l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:
a) residenziale;
b) turistico ricettiva;
c) produttiva;
d) direzionale;
e) commerciale;
f) rurale.

4. La legge regionale e i relativi provvedimenti attuativi possono individuare specifiche destinazioni d'uso che presentano un diverso carico urbanistico pur facendo parte della medesima categoria funzionale e che richiedono per questa ragione differenti criteri localizzativi e diverse dotazioni territoriali e pertinenziali. Continuano a trovare applicazione le disposizioni attualmente vigenti contenenti le previsioni di cui al presente comma.”

Nel caso di specie, il Comune ha correttamente applicato la tabella approvata con la Delibera del Consiglio Regionale n. 849/1998 e la delibera comunale n. 298/1999, dove si prevede il pagamento anche senza aumento del carico, se si modifica la categoria funzionale.

Conclusioni

La nuova sentenza del Consiglio di Stato chiarisce alcuni aspetti fondamentali per tutti i professionisti coinvolti nei procedimenti edilizi:

  • il cambio di destinazione d’uso tra categorie funzionalmente autonome è sempre rilevante urbanisticamente, anche senza opere;
  • la sola ristrutturazione edilizia, se rientrante nella casistica regionale, può legittimare il pagamento degli oneri, indipendentemente dall’incremento del carico urbanistico;
  • è fondamentale conoscere in dettaglio la normativa regionale e i regolamenti comunali per non incorrere in errori nella fase progettuale o nella predisposizione della SCIA.

In definitiva, il progettista non deve valutare solo se l’intervento è “pesante” o “leggero”, ma deve interrogarsi sulla categoria urbanistica di partenza e di arrivo e conoscere tutti i riferimenti locali. È questa la vera chiave di lettura operativa: non conta solo quanto si costruisce, ma come cambia la funzione urbanistica di ciò che si è costruito.

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