Demolizione opere abusive: chi paga quando intervengono sia il Comune che il giudice penale?

Responsabilità, competenze e rimborso spese nella sentenza n. 4471/2025 del Consiglio di Stato

di Redazione tecnica - 23/06/2025

In caso di demolizione disposta dal giudice penale e dal Comune, chi paga davvero? Il Comune può rivalersi sul responsabile anche se ha già agito autonomamente? E qual è il confine tra le due competenze?

Demolizione opere abusive: quando la giustizia amministrativa incontra quella penale

Il sistema repressivo in materia edilizia è notoriamente articolato su due fronti:

  • da un lato il procedimento amministrativo avviato dal Comune per ripristinare la legalità violata;
  • dall’altro quello penale, che interviene nei casi più gravi, specie quando l’abuso incide su interessi pubblici di rilievo o si verifica in aree vincolate.

La coesistenza di questi due percorsi può generare complessità operative, soprattutto quando si arriva alla fase esecutiva. La questione è stata affrontata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4471 del 22 maggio 2025, ha affrontato il tema dell’autonomia (e della convergenza) dei due procedimenti, chiarendo i profili di responsabilità economica per la demolizione, anche in presenza di un patteggiamento penale e di atti comunali successivi.

La vicenda trae origine da una diffida con cui il Comune chiedeva il rimborso delle spese sostenute per la demolizione di un abuso edilizio a soggetti che avevano patteggiato una condanna penale per gli stessi fatti. La difesa contestava l’addebito, sostenendo che:

  • il patteggiamento non equivale a condanna;
  • il Comune aveva agito autonomamente con propria ordinanza;
  • il soggetto in questione non era più parte attiva né proprietario al momento dell’esecuzione.

Il Consiglio di Stato ha immediatamente confermato che:

  • la sentenza penale, anche di patteggiamento, accerta la responsabilità e legittima l’addebito delle spese;
  • l’attivazione autonoma da parte del Comune non fa venir meno gli effetti della precedente condanna penale;
  • il procedimento comunale e quello penale sono autonomi ma convergenti verso lo stesso fine: il ripristino della legalità.

Responsabili e destinatari dell’ordine di demolizione

Preliminarmente il Consiglio di Stato ha ribadito che il sistema sanzionatorio previsto dal d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) si articola su due livelli:

  1. sanzioni principali (penali o amministrative);
  2. sanzioni ripristinatorie, obbligatorie nei casi più gravi (assenza o grave difformità dal permesso di costruire).

Nel caso oggetto della sentenza, l’abuso è multiplo e rilevante, con costruzioni radicalmente difformi dal Piano Integrato degli Interventi, realizzate in parte previa demolizione di preesistenze e in zona vincolata.

Relativamente alle responsabilità dell’abuso, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del Testo Unico Edilizia (TUE): “Il titolare del permesso di costruire, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel presente capo, della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano nonché, unitamente al direttore dei lavori, a quelle del permesso e alle modalità esecutive stabilite dal medesimo. Essi sono, altresì, tenuti al pagamento delle sanzioni pecuniarie e solidalmente alle spese per l'esecuzione in danno, in caso di demolizione delle opere abusivamente realizzate, salvo che dimostrino di non essere responsabili dell'abuso”.

Sono responsabili dell’abuso edilizio, ai sensi dell’art. 29 del TUE, il titolare del permesso di costruire, il committente, il costruttore e il direttore dei lavori, salvo prova contraria. Su di loro gravano anche le spese per la demolizione in danno.

Per quanto concerne, invece, i destinatari dell’ordine di demolizione, ai sensi dell’art. 31, comma 2, del TUE: “Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3”.

Il destinatario dell’ordine di demolizione può, dunque, essere:

  • il responsabile dell’abuso;
  • il proprietario, non perché responsabile dell’illecito, ma in quanto legato materialmente all’immobile.

Il Consiglio di Stato chiarisce che si tratta di una responsabilità di natura sussidiaria: il proprietario non può opporsi alla demolizione e ha obblighi di collaborazione (rimozione, diffide a terzi, ecc.), anche quando non ha concorso all’abuso. Se non ottempera all’ingiunzione, subisce la sanzione più grave: l’acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale.

Nonostante la possibile estraneità del proprietario, le spese della demolizione restano a carico del responsabile dell’abuso (art. 31, comma 5, d.P.R. n. 380/2001), cioè del soggetto individuato ai sensi dell’art. 29 del TUE — con il proprietario potenzialmente escluso da questa definizione.

Analisi tecnica

Il punto centrale della pronuncia è l’interpretazione sistematica dell’art. 31, commi 3 e 5 del d.P.R. n. 380/2001. Secondo il Consiglio di Stato:

  • il responsabile dell’abuso (individuato anche in sede penale) resta tale anche se il Comune adotta autonomamente un’ordinanza di demolizione;
  • le spese per la demolizione gravano esclusivamente sul responsabile, a prescindere da chi abbia materialmente eseguito l’intervento (Comune o Pubblico Ministero);
  • il patteggiamento equivale, ai soli fini edilizi, a una condanna e comporta l’automatica applicazione dell’ordine di demolizione ex art. 31, comma 9 del TUE.

Il Consiglio di Stato ha anche ribadito che:

  • il giudice dell’esecuzione penale è competente a verificare eventuali deliberazioni comunali che incidano sull’obbligo demolitorio, come la scelta di mantenere parte dei manufatti per interesse pubblico;
  • le due procedure sono autonome ma inevitabilmente si intersecano nella fase esecutiva, dove la demolizione può essere effettuata da una delle due autorità ma con responsabilità economiche ben definite.

Conclusioni

La sentenza conferma un principio fondamentale: la responsabilità per l’abuso edilizio resta in capo al soggetto individuato dalla sentenza penale, anche se nel frattempo l’amministrazione ha adottato atti autonomi. Dal punto di vista operativo:

  • i Comuni possono rivalersi sui soggetti condannati, anche se hanno agito autonomamente per eseguire la demolizione;
  • il patteggiamento penale è sufficiente per consolidare la responsabilità, senza necessità di ulteriore accertamento amministrativo;
  • il responsabile non può sottrarsi all’addebito delle spese invocando vizi procedurali o nuovi atti dell’Amministrazione.

In pratica:

  • l’ordinanza di demolizione va inviata sempre anche al proprietario, anche se non responsabile;
  • il responsabile resta obbligato al rimborso delle spese;
  • la scelta autonoma del Comune non spezza la responsabilità accertata dal giudice penale;
  • il patteggiamento vale come condanna: nessuna possibilità di sottrarsi.

Per i tecnici e i funzionari comunali, la sentenza rappresenta un riferimento essenziale nella gestione dei casi di demolizione con profili penali pregressi, in cui è necessario bilanciare tutela del territorio, certezza del diritto e corretto addebito dei costi.

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